Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
MEDIO ORIENTE

L'eliminazione dei leader di Hamas: dopo Haniyeh l'annuncio su Deif

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Continua l'indagine su come gli israeliani abbiano ucciso Haniyeh, il capo di Hamas, a Teheran. Ipotesi bomba radiocomandata. Israele intanto annuncia che Deif è stato ucciso nel raid del 13 luglio. Chiesa di S. Porfirio colpita a Gaza.

Esteri 02_08_2024
I funerali di Ismail Haniyeh a Teheran

Sarebbe stata una bomba telecomandata, introdotta da tempo nella struttura di Teheran, dove alloggiava Ismail Haniyeh, ad uccidere il capo politico di Hamas. Secondo l'indagine resa nota ieri e condotta da sette funzionari mediorientali, tra cui due iraniani e uno statunitense, l'ordigno esplosivo è stato portato nell'edificio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica a Teheran circa due mesi fa. Dunque, cade l'ipotesi del missile fatto partire da una base israeliana.

La bara di Ismail Haniyeh ieri mattina è sfilata per le vie di Teheran, prima di essere trasferita in Qatar per la sepoltura. A guidare il corteo funebre c'era la Guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei. Migliaia di persone hanno seguito il feretro con la bandiera palestinese. 

Ma come è potuto accadere che l'Iran non abbia saputo proteggere un ospite di riguardo come Haniyeh giunto nella capitale per assistere alla cerimonia d'insediamento del nuovo presidente Massoud Pezeshkian? È evidente che l’infiltrazione di Israele all'interno dell'Iran, tramite agenti del Mossad, sia più massiccia e capillare di quanto possa apparire. Penetrazione che dura da anni e che ora ha dato un risultato importante.

Ali Khamenei, parlando alla grande folla riunita nella piazza dell'università di Teheran, per l'ultimo saluto ad Haniyeh, ha impartito l'ordine di colpire direttamente Israele come rappresaglia per l’uccisione del leader politico di Hamas, avvenuta in territorio iraniano. Una vendetta invocata anche dalle migliaia di persone scese in piazza Falestin, vicino all’ambasciata palestinese, per onorare l’ex capo dell’ufficio politico di Hamas, e contestando quelli che considerano “i doppi standard del silenzio dell’Occidente”. Non è chiaro con quanta potenza di fuoco l'Iran risponderà all'attacco israeliano, certamente la risposta sarà condivisa con lo Yemen, la Siria, il Libano e naturalmente Hamas. I co-attori saranno gli Houthi, Hezbollah e i miliziani di Hamas. Potrebbe trattarsi di un attacco su vari fronti. Contemporaneamente, Khamenei, che è anche il comandante in capo delle forze armate, ha incaricato i capi militari dei Guardiani della rivoluzione e dell'esercito di preparare dei piani, sia per un attacco che per una difesa, qualora la guerra dovesse allargarsi, e Israele o gli Stati Uniti decidessero di colpire l'Iran.

Uno scenario drammatico, che da trecento giorni non dà speranza alle popolazioni del Medio Oriente. E in questo caos totale non va sottovalutato il programma nucleare iraniano che potrebbe essere utilizzato come minaccia e intimidazione, mortificando l'Iran più dialogante e propenso a rispettare i patti imposti dalla comunità internazionale.

Le uccisioni mirate da parte d'Israele contro i nemici non sono una novità. «Abbiamo inferto colpi devastanti a tutti i nostri nemici. Israele sta combattendo una guerra esistenziale contro l’asse del male iraniano. Davanti a noi ci saranno giorni impegnativi, Israele esigerà un prezzo pesante per qualsiasi aggressione. È una guerra di sopravvivenza», parole dure quelle pronunciate dal primo ministro, Benjamin Netanyahu, al termine della riunione del Consiglio di Sicurezza. Immediata ed indiretta la risposta del leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah. Intervenendo al funerale di Fuad Shukr, comandante militare di Hezbollah assassinato dagli israeliani, il segretario generale del gruppo terroristico ha affermato che sebbene «gli israeliani ora siano felici», hanno «oltrepassato una linea rossa» e ora devono aspettarsi «rabbia e vendetta su tutti i fronti a sostegno di Gaza», riferendosi ai gruppi sostenuti dall'Iran in Medio Oriente.

Gli Usa affermano di non essere stati avvisati delle intenzioni di Israele. «Se l'Amministrazione statunitense avesse voluto che queste ostilità finissero, la guerra sarebbe finita - afferma Gideon Levy, analista politico -. Continuare a fornire armi a Israele e a supplicarlo di fermare la guerra è una farsa. Queste non sono relazioni internazionali, questo è un gioco da bambini». Ed aggiunge: «I bambini morti, sia israeliani che palestinesi, sono sempre dei bambini. Non si può piangere per i piccoli israeliani e ignorare i piccoli palestinesi».

Ieri mattina, l’esercito israeliano ha annunciato ufficialmente la morte del comandante di Hamas Mohammed Deif, avvenuta nel corso dell’attacco aereo dello scorso 13 luglio, a Khan Younis. La notizia è stata confermata dal ministro della Difesa Yoav Gallant attraverso Twitter: «L’uccisione dell’omicida di massa, Mohammed Deif, il Bin Laden di Gaza, il 13 luglio 2024 è un passo cruciale verso lo sradicamento di Hamas come organizzazione militare e politica e verso il raggiungimento degli obiettivi di guerra che ci siamo prefissati - ha commentato Gallant -. Hamas è un’organizzazione che si sta disintegrando e i terroristi devono scegliere tra resa e morte». Netanyahu, Gallant e tutti i componenti del Governo israeliano ora potranno aggiungere la scritta "eliminato", sulla foto di Mohammed Deif. Uccisioni eccellenti da utilizzare come trofei di importanti successi.

La risposta del gruppo che controlla Gaza non si è fatta attendere, poco dopo, su Telegram, Izzat al-Rashq, membro di Hamas, ha scritto che non vi è alcuna conferma delle affermazioni israeliane, secondo cui Deif sarebbe stato ucciso il mese scorso. «Confermare o negare il martirio di un qualsiasi dei leader Qassam è una questione che riguarda la leadership delle Brigate Qassam e del movimento», si legge nel post.

Nel frattempo, a Gaza ci sono ancora morti e distruzione. La chiesa ortodossa di San Porfirio, nella città di Gaza, è stata presa nuovamente di mira dai proiettili dell'artiglieria e dai missili dell'aviazione. Tre le persone rimaste ferite. «C’è tanta paura tra i trecento sfollati attualmente ospitati nella parrocchia» che si trova nella città vecchia di Gaza City, non lontana dalla parrocchia cattolica della Sacra Famiglia. «Ringraziamo il Signore e l’intercessione di San Porfirio; fortunatamente stanno tutti bene», si legge in un post diffuso dalla parrocchia. Foad Ayyad, un cristiano sfollato nella chiesa, ha dichiarato che due missili hanno colpito l'edificio all'alba. «Ero dentro la chiesa con mio figlio, quando abbiamo sentito una forte esplosione e abbiamo visto del fumo salire», ha raccontato.  È la seconda volta che la chiesa viene presa di mira dagli israeliani. La prima volta, l'attacco provocò la morte di 17 persone.