L'elemosiniere sbaglia: così si rischia l'anarchia
Anche dal punto di vista del diritto mancano i requisiti perché il gesto dell’elemosiniere del Papa possa qualificarsi come moralmente lecito: un pericolo che attenti a un bene essenziale e uno stato di miseria o di indigenza che sia incolpevole. È bene aiutare i poveri, ma rispettando le regole, che sono poste a tutela del povero che non ha nulla, ma anche del proprietario. In caso contrario sfoceremmo nell’anarchia.
Torniamo sul caso del cardinale Konrad Krajevski, elemosiniere del Papa, che ha riallacciato l'energia elettrica in un condominio occupato abusivamente. Il cardinale ha fatto bene o ha fatto male?
Procediamo per gradi, fotografando innanzitutto la situazione. Nel caso di specie abbiamo 450 abusivi che hanno occupato uno stabile. Ovviamente costoro non pagano le bollette della luce perché, non essendo proprietari dell’immobile né affittuari, non sono nemmeno intestatari delle stesse. Dunque i proprietari dei locali ricevono un doppio danno ingiusto: mancanza di un reddito per l’affitto o la vendita a questi abusivi degli appartamenti e l’obbligo di pagare, al posto loro, le bollette (senza poi contare altri danni eventuali). I proprietari, sotto l’angolatura giuridica e morale, hanno tutto il diritto di veder sgomberati gli immobili, corrisposta una somma di denaro per l’occupazione e il ristoro delle spese sostenute e da sostenere (ad esempio per eventuali atti vandalici anche nelle parti comuni). Questo perché è contrario a morale e al diritto occupare un immobile non di proprietà e non pagare le spese connesse all’uso di questo immobile.
La specie morale e giuridica che interessa queste condotte è furto: faccio entrare nel mio possesso un qualcosa, senza pagare il dovuto al legittimo proprietario. Dunque i 450 hanno violato una legge giusta, la legge che vieta il furto. Un nota bene: con questo termine ci riferiamo alla specie morale generale sottesa al diritto positivo e non al diritto reale che, riferendoci al nostro ordinamento giuridico, individua in modo analitico la possibile esistenza di più reati, oltre al furto, quando si occupa abusivamente un immobile: invasione di terreni o edifici (art. 633 cp), danneggiamento (art. 635 cp), violazione di domicilio (art. 614 cp) e allacciamento abusivo di energia elettrica.
Quindi il cardinal Krajevski quando ha ripristinato la luce si è opposto ad una legge ingiusta? No, perché è giusta quella legge che vieta il furto. Ha dunque violato una legge giusta e infatti Mons. Krajevski, dal punto di vista giuridico, dovrà rispondere di allacciamento abusivo (è stato emanato un esposto in tal senso). Sotto la prospettiva morale il cardinale ha collaborato formalmente alla perpetuazione di un furto perché ha considerato moralmente lecito che gli occupanti abusivi continuassero a rubare l’energia elettrica. E non è lecito compiere il male - aiutare qualcuno a continuare a rubare - per un fine buono – toglierlo dalla povertà (cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1753; Giovanni Paolo II Veritatis splendor, n. 80; Reconciliatio et paenitentia, n. 17). Rubare ai ricchi (posto che i proprietari degli immobili lo siano) per dare ai poveri lo faceva Robin Hood, ma non può farlo né una persona ragionevole, né tantomeno un cattolico. L’esproprio proletario rimane un illecito morale e un reato.
A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che in stato di necessità è moralmente lecita la sottrazione di un bene altrui al legittimo proprietario in base al principio della destinazione universale dei beni (in tali casi non si parla più di furto. Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2408; Gaudium et spes, n. 69; Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 66, a. 7, s.c.). Vero, ma non è questo il caso. Infatti mancano alcuni requisiti perché il gesto dell’elemosiniere del Papa possa qualificarsi come moralmente lecito (possiamo trovare un’eco di questi criteri nell’art. 54 cp che disciplina lo stato di necessità, articolo applicato dalla giurisprudenza anche nei casi di occupazione abusiva). Primo, il pericolo deve attentare ad un bene essenziale: vita, alloggio, indumenti, salute (lesione grave), etc. In breve, a rischio ci deve essere la sopravvivenza oppure la possibilità di vivere in modo dignitoso. Il caso dei 450 occupanti rientra in questo primo requisito.
Secondo: lo stato di miseria o di indigenza deve essere incolpevole. Queste persone si sono ritrovate in tale situazione per loro colpa o no? E’ stato verificato prima di riallacciare la corrente elettrica? Ciò non toglie, come appunteremo a breve, che anche il misero e l’indigente colpevole debbano essere aiutati e non lasciati nel loro deplorevole stato, ma nei giusti modi. Terzo: lo stato di necessità. La sottrazione di quel bene a quel proprietario era l’unico modo per evitare il pericolo. Scrive l’Aquinate: “Se la necessità è così urgente ed evidente da esigere il soccorso immediato con le cose che si hanno a portata di mano, come quando una persona versa in tale pericolo, da non poter essere soccorsa diversamente, allora uno può soddisfare il suo bisogno con la manomissione, sia aperta che occulta, della roba altrui. E l'atto per questo non ha natura di furto o di rapina” (Summa Theologiae, II-II, q. 66, a. 7 c.). Sottolineiamo il criterio “da non poter essere soccorsa diversamente”.
Questo è uno dei punti salienti di tutta questa vicenda. Per il principio di sussidiarietà il primo soggetto competente che deve trovare il modo di vivere dignitosamente è il soggetto medesimo. Sono io e non lo Stato che prima di tutto mi devo rimboccare le maniche per trovare un lavoro e così guadagnare: gli occupanti - come prima ci domandavamo – hanno fatto di tutto per scampare a questo stato di indigenza oppure no? Se poi non sono riuscito in tal intento ecco che doverosamente devono subentrare altri soggetti: la famiglia, le associazioni, gli enti caritatevoli privati e in ultimo lo Stato e gli organismi sovranazionali. La sottrazione di un bene altrui deve essere, in ossequio al principio di proporzionalità, l’extrema ratio.
Applichiamo questi concetti nel caso di specie. I 450 occupanti, come il cardinal Krajewski, non possono dal punto di vista morale e giuridico prendere qualcosa che non è loro, compresa l’energia elettrica, perché, prima di tale soluzione, è doveroso intraprendere tutta una serie di iniziative che evitino un danno ingiusto ai legittimi proprietari: rivolgersi ai proprietari, agli enti caritatevoli (compresa la Caritas), bussare alla porta dei servizi sociali del comune, etc. C’era necessità di riattivare l’energia elettrica perché ne andava addirittura dell’incolumità degli abusivi? Che sia l’amministrazione pubblica ad intervenire, non il privato che si sostituisce a questa. Ricorriamo allo Stato, posto che altri soggetti privati siano inerti, ma non agiamo contro lo Stato se le sue norme sono giuste.
Detto in altri termini, bene aiutare i poveri ma rispettando le regole, non per mero amore del formalismo giuridico, ma perché le regole sono poste a tutela del povero che non ha nulla, ma anche del proprietario. In caso contrario sfoceremmo nell’anarchia: se a mio insindacabile giudizio ho più bisogno io di quel bene che il legittimo proprietario, ecco che potrò lecitamente prenderlo anche contro la sua volontà. Sfoceremmo ben presto nella guerra di tutti contro tutti per tutto.