Fare l'elemosina con i soldi degli altri
Il gesto dell'elemosiniere del Papa, il cardinale Krajevski, che ha riallacciato l'energia elettrica in un condominio occupato, fa ovviamente discutere, ma soprattutto solleva una domanda su quali possano essere gli atti illegali ma legittimi.
E dopo aver visto ieri l’«esproprio clericale», qual è il prossimo passo che ci dobbiamo aspettare? La costituzione del Collettivo del Cortile di San Damaso? Le manifestazioni di Avanguardia Vaticana? I blitz a sorpresa degli Indiani metrovaticani? Perché è certo che, nella logica di aprire i processi, qualche altro passaggio seguirà.
Il clamoroso gesto di sabato sera compiuto dall’elemosiniere del Papa, il cardinale polacco Konrad Krajewski, che ha rotto i sigilli ai contatori per ripristinare la corrente in un condominio abusivo occupato da 450 persone, in effetti non sembra avere precedenti. «Il cardinale – così Repubblica riporta la testimonianza degli occupanti dello stabile - è arrivato nel pomeriggio, ha portato regali a tutti i bambini e ha promesso che se entro le 20 non fosse stata ripristinata la corrente nello stabile l'avrebbe riallacciata lui stesso. E così è stato. Padre Konrad si è calato nel pozzo, ha staccato i sigilli e ha riacceso la luce. E si è preso, a nome del Vaticano, la piena responsabilità dell'azione con Prefettura e Acea». Le cronache riferiscono anche che nel condominio la corrente era staccata dal 6 maggio, a causa di un debito pari a 300mila euro, e che il cardinale Krajewski conoscesse bene la situazione per via di una suora laica che opera all’interno dello stabile.
Quindi l’elemosiniere del Papa avrà certamente saputo anche che quel condominio di sette piani, in via di Santa Croce in Gerusalemme, ex sede Inpdap, è occupato abusivamente dal 2013 e gestito da una sorta di Centro sociale, l’associazione Action-Diritti in movimento, protagonista in questi anni di diverse azioni politiche violente (qui un videoservizio de Il Giornale che racconta la vita di questo condominio). Dunque una situazione di grave illegalità, come purtroppo ce ne sono molte altre a Roma, dove cambiano le giunte ma nessuno mette mano all’emergenza abitativa. E quello dell’ex Inpdap è anche un centro di “rieducazione ideologica”, un piccolo Stato autonomo in lotta contro lo Stato italiano. In questo contesto va inserita l’azione del porporato, che ha pensato bene di lanciarsi in una operazione stile collettivi anni ’70.
Verrebbe fin troppo facile dire che, se il Vaticano proprio ci teneva, poteva pagare lui la bolletta di 300mila euro; o che è facile fare l’elemosina con i soldi degli altri; o che il Vaticano avrebbe tutte le possibilità di risolvere i problemi abitativi a Roma potendo contare su un immenso patrimonio immobiliare nella capitale (qui l’articolo nel blog di Marco Tosatti che ne propone un censimento). Krajewski ha invece vestito i panni dell’eroe, dichiarandosi poi pronto a pagare di persona per il suo gesto illegale. In realtà qui c’è ben più che un semplice atto illegale, c’è il ministro di uno Stato estero che commette un reato in territorio italiano. Ci sono tutti gli estremi di un incidente diplomatico tra Santa Sede e Italia: cosa succederebbe se domani un ministro francese arrivasse a Torino e cominciasse a taglieggiare i supermercati per portare aiuti alimentari nei centri per gli immigrati?
Soltanto la buona stampa di cui gode papa Francesco e la connivenza di alcuni partiti e poteri forti con situazioni di illegalità come quella degli edifici occupati e dell’immigrazione clandestina, potrà impedire uno scontro senza precedenti.
Per i cattolici però conta molto di più la valutazione dell’atto compiuto dal cardinale Krajewski, ammesso e non concesso che rientri tra i compiti di un cardinale quello di compiere tali azioni di ribellione civile. Diverse sono le domande che il fatto pone, ma siamo stati colpiti soprattutto dalla giustificazione che abbiamo letto sul sito para-vaticano “Il Sismografo”: «non ogni atto illegale è illegittimo», forse una versione laica del più cristiano «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini», che troviamo negli Atti degli Apostoli e che la liturgia ci ha riproposto qualche giorno fa. Ma quando Pietro e Giovanni rispondono così «ai capi, agli anziani e agli scribi», si riferiscono alla urgenza e necessità di annunciare Gesù risorto: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati». Non sembra proprio questo lo spirito con cui sentiamo tanto parlare di poveri e migranti, figurarsi l’azione di rompere i sigilli posti dall’Acea.
Ritorna quindi la domanda: qual è il confine della legittimità che mi permette di compiere un’azione illegale? Salvare la vita di una persona in pericolo, sicuramente. Ma possiamo considerare l’assenza di energia elettrica, peraltro in un contesto di totale illegalità tollerata da anni, un rischio immediato per la vita delle persone? È un po’ arduo sostenerlo. Perché allora chiunque sia in stato di bisogno a questo punto può reclamare il diritto di prendersi anche con le cattive ciò di cui necessita. Perché un pensionato con la minima non dovrebbe avere un uguale diritto di rubare al supermercato beni di prima necessità? O farsi consegnare gratuitamente dal farmacista le medicine per curarsi? Perché un disoccupato con famiglia a carico non dovrebbe avere diritto di saccheggiare i grandi magazzini? E via di questo passo.
Nella storia della Chiesa sono tanti i santi della carità, che hanno dovuto fare i conti con realtà gravemente ingiuste, soccorrere tante povertà, sollevare persone dalla miseria, eppure mai si è sentito di una Madre Teresa di Calcutta fare degli espropri proletari; di un san Giovanni Bosco rubare nei negozi specializzati per offrire ai suoi ragazzi strumenti di lavoro; o di un san Vincenzo de’ Paoli truffare per poter dare da mangiare ai suoi poveri. E poi sentirsi anche eroi. Nessuno dei santi ha vestito i panni del giustiziere, piuttosto tutti si sono affidati alla Provvidenza. Certo, bisognerebbe crederci.
Una spiegazione alternativa è che invece il cardinale Krajewski sia vittima di tesi teologiche avventurose. Ricordo molti anni fa che sui muri esterni della mensa universitaria di Perugia campeggiava una grossa scritta in vernice rossa, un misto tra cultura religiosa e rivendicazione: «Cristo ha pagato per tutti: mensa gratis». Allora sembrava una battuta, in Vaticano la stanno facendo diventare una scuola di pensiero.