Legge antifascista, superflua e ridondante
A che serve una nuova legge contro l'apologia del fascismo, come quella che è passata alla Camera due giorni fa? A nulla. Perché la legge c'è già e parla chiaro, dal 1952. Quindi è solo una mossa mediatica. Sarebbe importante rendersi conto che, inquinando e complicando oltre ogni limite la legislazione, questo fenomeno contribuisce a togliere spazio alla libertà e a rendere più arbitrario il potere.
Per una legge superflua che esce di scena eccone subito un’altra in arrivo. Proprio nei giorni in cui il governo decideva il rinvio sine die della cosiddetta legge dello ius soli la Camera ha discusso e poi votato un progetto di legge “contro l’apologia del fascismo”. Approvato l’altro ieri dalla Camera con 261 voti a favore, 122 contrari e 15 astenuti ( hanno votato contro i 5 Stelle, Forza Italia e Lega Nord), il progetto, che ora passa al Senato, prevede l’introduzione nel codice penale di un nuovo articolo, il 293-bis, che punisce «chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco». Le pene per chi commette queste reati vanno dai sei mesi ai due anni di reclusione, e sono aumentate di un terzo se il reato viene commesso su internet.
Che bisogno ce n’era? Già dal 1952 vige una legge che, oltre a vietare la ricostituzione del partito fascista, punisce anche «chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Si tratta di una legge che venne varata per mettere in atto la XII disposizione transitoria della Costituzione: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». Non si comprende dunque perché ci voglia una legge nuova. Basterebbe applicare quella che già c’è.
Per quanto riguarda d’altra parte la cittadinanza degli stranieri minori, già con le leggi vigenti essi diventano cittadini italiani per trasmissione se tali diventano i loro padri e madri: non c’era bisogno di una nuova legge per questo, come già avemmo modo di osservare. Perché allora si dedicano tanto tempo e tante energie per proporre e possibilmente varare leggi del genere? Per motivi che hanno poco o nulla a che vedere con la loro necessità. Più della legge interessa evidentemente l’eco mediatico che si può ricavare dal loro dibattito e poi eventualmente dall’annuncio della loro entrata in vigore. L’effettiva utilità e l’effettiva efficacia delle nuove norme non interessa poi molto a Parlamenti che si occupano pochissimo di ciò per cui le assemblee di rappresentanza dei cittadini originariamente nacquero, ossia appunto il controllo della pubblica amministrazione e il contenimento della spesa pubblica.
Nel caso particolare della nuova eventuale legge “contro l’apologia del fascismo” si può poi intravvedere un tentativo di riattivare, in forma aggiornata ai tempi, la “macchina” ideologica che negli anni della Guerra fredda consentì in Italia di dare comunque uno stabile ruolo indiretto di governo al Partito Comunista. Il motore di tale macchina era il presunto pericolo di una rinascita del fascismo. L’affermato incombere di questa eventualità, in effetti del tutto impossibile, giustificava il comune impegno antifascista, e quindi anche una certa alleanza, tra tutte le forze del cosiddetto “arco costituzionale”, ossia tra tutti i partiti (dalla Dc fino al Pci) che avevano avuto rappresentanza nell’Assemblea Costituente. Oggi solo il Pd e altri partiti alla sua sinistra possono richiamarsi a tale tradizione. Forza Italia contiene molto dell’antico Partito socialista di Bettino Craxi e anche un po’ di Democrazia Cristiana ma fa finta di no, mentre la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle non hanno legame alcuno con quell’epoca. Riagitare il pericolo di una rinascita del fascismo gioca perciò a favore del Pd, cui non a caso si deve la mobilitazione in Parlamento a sostegno del progetto di legge di cui si diceva.
Non è comunque questo il solo caso di leggi volute per motivi che hanno poco a che vedere con la loro urgenza effettiva. Di pari passo con il mancato affronto dei grandi problemi reali del Paese si moltiplicano in questi anni le nuove norme superflue, quando non dannose, con cui si vanno a sanzionare in modo specifico reati già presi in considerazione da norme vigenti, come è il caso ad esempio dell’ “omicidio stradale”. O peggio ancora le si introducono di fatto semplicemente per pressione mediatica come è il caso del “femminicidio”. Sarebbe importante rendersi conto che, inquinando e complicando oltre ogni limite la legislazione, questo fenomeno contribuisce a togliere spazio alla libertà e a rendere più arbitrario il potere. Di un eventuale programma di riforma generale dello Stato un grande lavoro di riduzione e di semplificazione delle leggi sarebbe perciò non meno urgente di una riforma complessiva dell’amministrazione statale.