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BIOETICA

Legge 40, difesa e attacco

Assuntina Morresi replica alle critiche de La Nuova BQ sulla sua difesa della legge sulla fecondazione artificiale: "La politica non è dottrina". La nostra risposta: "Non si può mai rinunciare a migliorare o abrogare una legge ingiusta".

Vita e bioetica 21_02_2014
Legge 40, fecondazione artificiale

La Bussola Quotidiana ha dedicato un lungo articolo per contestare il mio editoriale di domenica scorsa su Avvenire, nel quale ho difeso il compromesso raggiunto a suo tempo sulla legge 40, che ora barcolla sotto continui attacchi laicisti. Un articolo estremamente contraddittorio, quello della Bussola, a cui rispondo adesso nel merito e nel metodo.

Ma prima, alcune domande: perché attaccate i cattolici che si impegnano, con i tempi che corrono? Perché volete rompere il fronte dei pochissimi cattolici che fanno battaglia, in un momento in cui il fuoco nemico è pazzesco, con tutto quello che leggiamo ogni giorno, quando siamo investiti dall’onda anomala, e dovremmo piuttosto unire le poche forze militanti?  
Vorrei non dare più risposte come queste. So bene che ci sono sensibilità diverse fra noi, ma vorrei che la differenza fra i cattolici sia, eventualmente, fra chi fa le battaglie e chi non le fa.
Sperando che sia l’ultima volta che mi trovi in situazioni come questa, vengo al dunque.

1. Articolo contraddittorio, perché: l’autrice scrive che “una legge malvagia può essere solo osteggiata e attaccata, mai difesa”, e che “difendere la legge 40 è collaborare alla morte di migliaia di bambini…..l’unica soluzione moralmente praticabile è perciò solo quella di andare avanti nell’azione di intralcio per tentare perlomeno di renderla meno peggiore”.
Ma se la legge è “intrinsecamente malvagia”, come si può al tempo stesso chiedere di renderla meno peggiore?  Se quella legge è una condanna a morte per migliaia di bambini, che si fa, se ne condannano un po’ di meno, e la morale è a posto? 
Insomma: per essere coerente con il giudizio dato sulla legge 40, l’autrice dovrebbe chiederne la cancellazione. Altrimenti vuole solo un male minore pure lei, esattamente come me.

2.1 Nel merito. Prendo comunque per buono il suggerimento: rendiamola meno peggiore. Teniamo presente che dopo la sentenza della Consulta nessun parlamento potrà più mettere un limite al numero di embrioni trasferibili, né chiedere un unico e contemporaneo impianto degli embrioni prodotti.  Vorrei quindi sapere: a) quale sarebbe il testo di legge proposto per migliorare il testo attuale b) eventualmente, con quali maggioranze parlamentari lavorare per ottenere questo risultato. Adesso, con questo parlamento. Oppure con possibili maggioranze future. Insomma, non chiedo il libro dei sogni, ma indicazioni di politiche concrete e fattibili su come rendere praticabile questo percorso in politica. Se ce ne sono, prendo l’impegno pubblicamente: sarò la prima a sostenerle. 

2.2  ancora nel merito: sia chiaro che chi non vuole difendere questa legge, si deve assumere la responsabilità delle conseguenze, e cioè della sua distruzione. Una legge che finora – e qui sono i fatti e i numeri a parlare, non le opinioni  di chi quei fatti non conosce – ha resistito a tutti gli attacchi, e non solo formalmente, altrimenti non saremmo qui di nuovo di fronte alla Consulta con gli stessi quesiti del referendum di nove anni fa. Difendere una legge è innanzitutto difenderne i risultati. Chi non lo fa, se ne deve assume tutte le responsabilità, e poi però non si lamenti delle conseguenze, e cioè che poi passa tutto quello che ogni giorno vediamo accadere negli altri paesi: dall’eterologa alla selezione genetica, dai plurigenitori all’utero in affitto. Tutto questo, è ovvio, va di pari passo con il matrimonio gay.

3. Nel metodo: parliamoci chiaro.  La politica non è la dottrina. Sono diverse, si fanno in luoghi diversi. Il primo a capirlo è stato Joseph Ratzinger che, nel concreto proprio della legge sulla procreazione assistita, nella sua “Lettera a Marcello Pera”, tratta dal libro “Senza radici”, titolata “Religione civile cristiana, relativismo e questioni bioetiche” (che invito tutti a rileggere per chiarirsi le idee) spiegava:

 “Vorrei però almeno accennare al fatto che la “Donum vitae”, pur rifiutando, sulla base di un’etica che argomenta antropologicamente la fecondazione omologa come anche quella eterologa, non esige dal legislatore il divieto della fecondazione omologa extra corporea, ma vorrebbe comunque vedere esclusa la fecondazione eterologa anche per legge, in quanto altrimenti si rinuncerebbe al valore, ancora protetto per legge, del matrimonio; sarebbe cioè un no a un’istituzione fondamentale delle società basate sulla cultura cristiana”. 

Cioè Ratzinger rivendica che la sua “Donum vitae” – un documento del magistero della Chiesa - pur giudicando illegittima l’omologa come l’eterologa, quando si rivolge ai politici fa una differenza fra le due, e chiede di proibire solo la seconda.
Se si vuole fare politica, allora si deve avere il coraggio di entrare nelle sue regole – per le quali per esempio le leggi sono fatte dalle maggioranze, e non dalle minoranze – e, di volta in volta, giudicare e scegliere, a seconda dei casi, del contesto e delle possibilità. E’ un lavoro faticoso, perché bisogna capire, argomentare, e reggere il confronto con chi la pensa diversamente da te, e cercare di ottenere (non di sognare) il risultato migliore e il compromesso più alto, di volta in volta. 
E comunque si può testimoniare la verità e al tempo stesso cercare di rendere una legge il meno dannosa possibile: lo vediamo, e lo abbiamo visto anche per la 194, per esempio, e cito il Prof. Bompiani – chi non sa chi sia stato, si informi. Lui che ha combattuto contro la 194 in parlamento, ha comunque introdotto un articolo che vieta gli aborti tardivi. E ne era orgoglioso, lo rivendicava sempre, e lo difendeva.

Si vuole testimoniare solo la verità, senza mettere le mani in pasta? Ma non c’è niente di più facile. Fare il più puro dei puri è facilissimo. E’ sufficiente continuare a dire – in politica -  che per noi non ci deve essere fecondazione assistita e basta, senza compromessi. I nostri avversari avranno la vita molto più facile. Riconosceranno la nostra coerenza cristallina. Nella nostra totale irrilevanza politica.

P.S.: per curiosità, in occasione del referendum sulla legge 40, quelli che adesso collaborano e lavorano alla Bussola, cosa hanno fatto? Si sono astenuti, hanno fatto campagna per astensione, voto, o hanno protestato contro la CEI dicendo che era ingiusta e non valeva la pena difenderla?

Assuntina Morresi

 

Cara Assuntina,

leggendo lo sconcertante paginone che ieri Avvenire ha dedicato ai dieci anni della Legge 40 mi sono reso conto che effettivamente nell’articolo da noi pubblicato a firma Giovanna Arcuri c’era un errore: quello di avere eccessivamente personalizzato la critica, perché in realtà tu non hai fatto altro che esprimere la posizione di cui è responsabile il quotidiano dei vescovi.

Quanto al contenuto però confermo tutto. Venendo alle tue obiezioni:

1. Certo che una legge malvagia si può migliorare. Lo spiega molto bene il famoso no. 73 della Evangelium Vitae, a proposito delle leggi sull’aborto:

"Un particolare problema di coscienza potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa ad una legge più permissiva già in vigore o messa al voto. Simili casi non sono rari. Si registra infatti il dato che mentre in alcune parti del mondo continuano le campagne per l'introduzione di leggi a favore dell'aborto, sostenute non poche volte da potenti organismi internazionali, in altre Nazioni invece — in particolare in quelle che hanno già fatto l'amara esperienza di simili legislazioni permissive — si vanno manifestando segni di ripensamento. Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all'aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui".

Dunque, non c’è nessuna contraddizione: si può votare una modifica della legge che limiti i danni, mai dimenticando però il giudizio sulla legge, che resta cattiva, e sempre muovendosi in una prospettiva che sia quella della cancellazione;

2. Trovo il tuo richiamo al realismo politico da una parte molto astratto, dall’altro profondamente errato. Partiamo da un dato di fatto: è da nove anni (dal referendum) che la battaglia sulla Legge 40 non si fa in una sede politica, bensì nelle aule di tribunale. Quindi la tua difesa della Legge 40 in realtà ha solo una valenza culturale visto che non sei né avvocato né giudice. Sei rimasta ferma alle motivazioni di dieci anni fa, ma quello che è successo nel frattempo lo ignori.

Continui a parlare di impianto della legge rimasto intatto, ma intanto alcuni paletti fondamentali sono già saltati – lo abbiamo scritto nell’articolo incriminato – e altri sono in procinto di farlo. E questo accade sia per l’intrinseca contraddizione che si trova nella legge sia perché non dobbiamo mai dimenticare che all’origine di tutte le violazioni della dignità del concepito - dall'aborto alla fecondazione artificiale – c’è la sentenza della Corte Costituzionale 27/75 che stabilì come principio cardine la prevalenza della salute della donna sulla vita del concepito. Quella sentenza non venne da Marte, ma fu il prodotto di un imbarbarimento morale ormai radicato e diffuso nella società manifestatosi nelle approvazioni referendarie di divorzio e aborto.

Inoltre tu continui a porre l’alternativa “o questa legge o il peggio” e dunque chi non appoggia questa legge si prenda la responsabilità delle conseguenze. Come era detto nell’articolo “non impedire un evento che si ha la possibilità di impedire equivale a cagionarlo, ma a patto che l’azione di impedimento sia lecita”. Vale a dire che appoggiare una legge iniqua perché in tal modo scongiuriamo possibili effetti negativi futuri non è lecito dal punto di vista morale. Il nostro agire deve essere sempre in sé buono, se ciò non è possibile è meglio astenersi, questo vale per tutti, anche per il legislatore al quale non è consentito di compiere ogni cosa per raggiungere un bene. Contravvenire a  questo principio, al di là delle intenzioni soggettive, significa porsi in contrasto con quanto lo stesso Magistero insegna (cfr. Veritatis splendor n. 76). Inoltre affermare che “la politica non è la dottrina” è una frase che sa molto di cattolico democratico., i princìpi da una parte ma le necessità politiche dall'altra, come se la vita si potesse sdoppiare. Nessuno vuole una teocrazia ma qui anzitutto stiamo parlando di legge naturale – cioè conoscibile e riconoscibile da ogni uomo, credente o meno - non di dogmi di fede.

Nell'istruzione Donum Vitae da te ricordata si legge: "I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica [...] Fra tali diritti fondamentali bisogna a questo proposito ricordare il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal momento del concepimento alla morte [...] Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. L'autorità politica di conseguenza non può approvare che gli esseri umani siano chiamati all'esistenza mediante procedure tali da esporli ai gravissimi rischi sopra ricordati".

Proprio sulla pagina di Avvenire citata in apertura era riportata una significativa tabellina che mostrava come la differenza tra embrioni prodotti e bambini nati fosse stata di 74.649 nel 2008, 88.439 nel 2009, 100.513 nel 2010 e 106.116 nel 2011. Queste centinaia di migliaia di embrioni deceduti non sono stati forse chiamati all'esistenza esponendoli ad un gravissimo rischio per la loro vita?

E c’è bisogno della dottrina per riconoscerlo?

3. La citazione di Ratzinger che, interpretando l’istruzione Donum Vitae, ai politici chiederebbe di vietare soltanto la fecondazione eterologa mi sembra francamente forzata. Infatti la Donum Vitae, nella parte III, afferma: “essa [la legge civile] deve talvolta tollerare in vista dell'ordine pubblico ciò che non può proibire senza che ne derivi un danno più grave”. Ma la tolleranza non vale per i beni indisponibili, i diritti fondamentali perché in quel caso non punire significherà sempre provocare più danni che punire. Infatti la Donum Vitae così continua subito dopo il passo sopra citato: “Tuttavia i diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica”. Tra i diritti inalienabili si cita: “il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal momento del concepimento alla morte”. Da qui la logica conclusione: “Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno assicurati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti”. Quindi secondo Donum Vitae l’omologa (ed ovviamente anche l’eterologa) dato che attenta alla vita del nascituro deve essere sanzionata.

Questo è il Magistero. Le lettere personali, anche quando scritte dai Papi, Magistero non sono (e comunque dovrebbero essere colte nel contesto e interpretate alla luce del Magistero). E’ ovvio che c’è una differenza di gravità tra la fecondazione omologa e quella eterologa, ma questo non fa della omologa una cosa accettabile né difendibile.

4. Questo mi permette di introdurre una questione che risponde anche alla tua ultima domanda, che vorrebbe essere una provocazione (per quanto sciocca): cosa abbiamo fatto noi ai tempi del referendum. Per quanto mi riguarda sai bene che ho fatto campagna per l’astensione, strategia peraltro che la Cei scelse dopo che era già stata lanciata da numerosi siti cattolici che si sono mobilitati ben prima dei vescovi. Ma in quella occasione c’era da scegliere tra la Legge 40 e un suo peggioramento, non c’era una possibilità migliorativa, quindi era giusto sostenere l'astensione. Ma doveva essere chiaro che l’astensione nel referendum non significava approvazione della legge. Così però non è stato.

Bisogna allora riconoscere – come ho già scritto in passato - che se quella fu una grande vittoria politica, dal punto di vista culturale è stata devastante per la Chiesa. Proprio perché, rinunciando a un giudizio chiaro sull’iniquità di quella legge, è passata l’idea che la Legge 40 sia in sintonia con la morale cattolica. E non è che tale idea ce l’hanno solo i lettori di Repubblica e Corriere: sarà capitato anche a te di sentire cattolici impegnati e anche preti dire che la fecondazione omologa è accettabile. Ed è ovvio che sia così se Avvenire fa pagine come quella di ieri, in cui la Legge 40 assume lo stesso valore delle tavole di Mosè, e tu scrivi editoriali in cui si ha l’idea che l’aumento delle coppie che ricorrono alla Fivet sia un indice positivo. Peraltro anche questo dato dovrebbe far riflettere: si pensava che la Legge 40 sarebbe servita a ridurre il ricorso alla fecondazione artificiale, ma il risultato – come tu stessa scrivi – è esattamente l’opposto. 

In ogni caso il referendum sulla Legge 40 e gli anni successivi sono stati una grande occasione persa per spiegare e testimoniare il Vangelo della Vita, per annunciare la bellezza del rispetto integrale della vita umana; solo per appiattirsi su una formula politica che ha creato confusione. E qui dovremmo rovesciare la tua affermazione per sostenere che “la dottrina non è politica”: la politica lasciamola fare ai politici. Perché i vescovi, i giornalisti, i bioeticisti vogliono fare anche loro i politici? Ai vescovi sta il compito di testimoniare la dottrina, la verità. Se si appiattiscono su delle formule politiche fanno perdere la bussola a tutti i credenti. Ed è quello che è successo sulla Legge 40.

5. Cosa fare allora per migliorare la legge, stante l’attuale maggioranza parlamentare? Intanto cominciamo a dire con molta chiarezza che il fatto di non poterla superare oggi non fa diventare buona la Legge 40. Così come la mancanza di una maggioranza parlamentare che cancelli la 194 sull’aborto non mi farà mai dire che la 194 è una buona legge. E lo stesso dicasi per la legge sul divorzio.

Quindi cosa fare? Intanto prendiamo sul serio ciò che dice ancora la Donum Vitae: “Gli uomini politici dovranno impegnarsi, attraverso il loro intervento sull'opinione pubblica, a ottenere su tali punti essenziali il consenso più vasto possibile nella società, e a consolidarlo laddove esso rischiasse di essere indebolito e di venir meno”. E ancora: “Tutti gli uomini di buona volontà devono impegnarsi, in particolare nell'ambito della loro professione e nell'esercizio dei loro diritti civili, perché siano riformate le leggi civili moralmente inaccettabili e corrette le pratiche illecite”.

Come si può fare?

Intanto – così come fa Amnesty International per la pena di morte – potremmo farci tutti insieme promotori di una campagna prima culturale che politica (pur interessando i politici) contro la fecondazione artificiale. Potremmo cominciare con l’organizzare un convegno scientifico in ambito parlamentare in cui si mostrasse ai politici il lato oscuro della fecondazione artificiale così come emerge dai tanti studi che ormai affollano la letteratura scientifica. Si possono creare degli strumenti informativi per far capire ai politici l'effetto sul corpo e sulla psiche delle migliaia di donne inutilmente sottoposte alle procedure di stimolazione ormonale. O anche le conseguenze sociali della diffusione della fecondazione artificiale. In questo modo cambierebbe radicalmente l’approccio: passeremmo dalla difesa di una legge ingiusta a un attacco a una legge ingiusta. I nemici della vita hanno fatto sempre così, mirato in alto conquistando terreno palmo a palmo. E’ una cosa che dovremmo imparare a fare anche noi, tutti insieme.

Permettimi un’ultima nota a proposito della tua premessa piccata: a parte il fatto che l’unità si fa sulla verità, trovo abbastanza curioso che ci sia chi scrive ciò che vuole ma pretende che altri non scrivano nulla di diverso. Almeno, come vedi, sulla Bussola c’è possibilità di confrontarsi...

Riccardo Cascioli