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Venerdì della Bussola

Le Scritture, la chiave per leggerle è Cristo

Il principio protestante della Sola Scriptura si fonda su un falso presupposto che nelle Scritture stesse non c’è. Bibbia-Tradizione: un legame inscindibile. La Chiesa: una mediazione necessaria, voluta da Dio. Disposizione e lectio divina. Dall'intervista di Stefano Chiappalone a Luisella Scrosati.

Ecclesia 12_04_2025

Per comprendere le Sacre Scritture sono imprescindibili l’ottica della fede, la retta disposizione di chi si accosta a leggerle e la mediazione della Chiesa. È lungo questo filo rosso che si è svolto il Venerdì della Bussola di ieri, dal titolo Il Codice di Dio, a significare l’unicità della Bibbia, che richiede una certa dedizione all’uomo che vuole “decodificarla” nel suo senso autentico. Un tema, questo, che riprende il primo piano della Bussola Mensile di aprile 2025. A condurre la diretta Stefano Chiappalone, che ha intervistato Luisella Scrosati.

Un primo elemento che mina la comprensione della Bibbia è il principio protestante della Sola Scriptura, che si fonda sul falso presupposto di un’autoevidenza della Scrittura. Non a caso, le varie confessioni protestanti sono divise tra loro stesse rispetto alla comprensione di temi cruciali, quali ad esempio la realtà dell’Eucaristia e del Battesimo.

La retta interpretazione delle Sacre Scritture è possibile solo in rapporto alla Tradizione e al Magistero della Chiesa. «Il mondo monastico e il mondo medievale insegnano che bisogna partire da un fatto: le Sacre Scritture esistono, sono volute da Dio, sono un testo ispirato e sono un dono che Dio ha dato alla Chiesa e ai cristiani», afferma la Scrosati, ricordando che la Chiesa stessa è stata fondata da Dio, con una sua gerarchia. Sia nell’Antica che nella Nuova Alleanza, «Dio ha previsto dei maestri. Cioè, né nell’ottica ebraica né in quella cristiana esiste il fai da te». Piuttosto, come nella tradizione veterotestamentaria c’erano le scuole rabbiniche, nelle quali si inserì Gesù stesso (più volte chiamato rabbi, rabbunì, maestro), così nel Nuovo Testamento abbiamo la mediazione della Chiesa e dei maestri da essa riconosciuti nei secoli, «alla scuola dei quali dobbiamo imparare a metterci» per saper leggere la Bibbia senza stravolgerne il senso.

Perciò, non c’è un contrasto tra Scritture e Tradizione, bensì un legame profondo, un rapporto di complementarità. In questo senso, argomenta la Scrosati, «ciascuna delle fonti della Rivelazione ha un pro e un contro: il pro delle Scritture è quello di essere un testo fissato e dunque più facilmente trasmissibile»; mentre «la Tradizione ha il grande vantaggio di essere qualcosa di profondamente vivo, dinamico, capace di dare risposte ai dubbi, ai problemi, alle tematiche che emergono nel corso dei secoli». Bibbia e Tradizione, nel disegno della divina sapienza, si tengono quindi insieme, sono inseparabili. «Di fatto – aggiunge la collaboratrice della Bussola – noi non potremmo credere alle Scritture se non fosse stata la Tradizione stessa a consegnarcele. Come possiamo dire che l’Apocalisse è un testo ispirato? Non è la Bibbia ad autodefinirlo, è la Tradizione, è la Chiesa che lo attesta; e così possiamo dire di ciascun libro del Nuovo e dell’Antico Testamento».

Altro aspetto fondamentale, collegato a quanto detto, è la disposizione di chi si accosta a leggere la Parola di Dio. A tal proposito la Scrosati cita un prezioso testo, tratto dal Didascalicon del teologo Ugo di San Vittore (1096 ca – 1141), il quale spiega innanzitutto che lo studente virtuoso che si accosta al testo sacro «deve assolutamente essere alieno dalle occupazioni mondane e dagli allettamenti della passione». Ad esempio, chi non tiene a bada la lussuria rischia più facilmente di finire per ritenere che certi passi biblici non siano autentici oppure li travisa, nel tentativo di giustificare il proprio peccato. Altri elementi fondamentali che emergono dall’insegnamento di Ugo di San Vittore sono l’umiltà, l’evitare «gli scritti che contengono dottrine false», l’accoglimento delle Scritture così come sono, senza cioè avere la pretesa di comprendere tutto subito e di eliminare i passi di più difficile comprensione. Quest’ultima, osserva la Scrosati, è una «tentazione micidiale», che bisogna contrastare in ogni dimensione della fede, inclusa la liturgia, particolarmente soggetta a stravolgimenti in nome della “comprensione” e che però determinano un livellamento verso il basso, «dove anziché elevare l’uomo alla realtà di Dio, abbassiamo Dio alla miserevole realtà dell’uomo».

Altra pericolosa tendenza è quella di pretendere di decodificare le Scritture con l’ausilio delle varie discipline moderne, a volte anche utili, ma senza la luce della fede. Questo atteggiamento è foriero di veri disastri perché è evidente che «la chiave per leggere le Scritture – Antico e Nuovo Testamento – è Cristo. Tutto nell’AT parla di Cristo, si riferisce a Cristo o è Cristo che parla», afferma la Scrosati. L’approccio razionalistico alle Scritture ha in certi casi contribuito a scoprire cose interessanti, ma ha portato a scollegare completamente i testi biblici l’uno dall’altro, facendo perdere la visione d’insieme dei due Testamenti e il senso della progressiva manifestazione di Dio nella persona di Gesù Cristo. Dunque, anche qui è necessario un riequilibrio, nel senso di unire fede e risorse attuali per arricchire la conoscenza che abbiamo di Cristo.

La collaboratrice della Bussola sottolinea il fatto che «la conoscenza di Dio richiede la dedizione di tutta la persona, quindi di tutte le sue facoltà volitive, intellettive, affettive». Anche questo è un aspetto del grande comandamento trasmesso da Gesù: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente» (Mt 22,37).

Ora, poiché il nostro fine ultimo è Dio, mentre tutto il resto è destinato a passare, è necessario che ciascuno di noi si dia da fare per acquisire una cultura biblica. In questo solco è importante la pratica della lectio divina, che unisce lo studio, quindi la lettura della Bibbia, alla preghiera e alla meditazione del testo sacro, sull’esempio dei monaci. «L’anima della lectio divina – spiega la Scrosati – è proprio l’apertura a Dio che parla, il permettere a Dio di agire, di trasformare la nostra vita attraverso le Scritture che vengono lette». Più faremo nostro questo atteggiamento, più potremo cogliere la bellezza e la profondità delle Scritture stesse, con i ricchissimi richiami tra i due Testamenti. Molto belli gli esempi fatti dalla Scrosati, riguardanti alcuni celebri episodi narrati nei Vangeli, dalle parole dette ad alta voce da Gesù alla festa delle Capanne («Chi ha sete venga a me e beva»; Gv 7,37) al passo in cui il Signore manda due suoi discepoli a Betfage per slegare l’asina sulla quale avrebbe poi fatto il suo ingresso messianico a Gerusalemme.

Ma per cogliere questa ricchezza di rimandi è anche fondamentale recuperare l’esercizio di una facoltà tenuta in gran conto dagli antichi e che la nostra epoca sta sempre più svalutando: la memoria.



Ora di dottrina / 151 – Il supplemento

Il rapporto tra Scrittura e Tradizione

16_02_2025 Luisella Scrosati

Oltre al Magistero della Chiesa, Lutero ha sminuito anche la Tradizione, non comprendendone il rapporto organico con la Bibbia. Infatti, la Tradizione precede cronologicamente le Scritture e queste ultime provengono dalla Tradizione stessa e da essa sono comprovate. Le Scritture, a loro volta, hanno la peculiarità di una forma fissa e godono dell’inerranza.