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L'INTERVENTO DI BAGNASCO

Le nuove persecuzioni e il fallimento dell'Occidente

Le forme di persecuzione sono molte oggi, da «quelle classiche che conosciamo da una storia che si credeva lontana», fino a quelle «raffinate, ma non meno crudeli, legalizzate, ma non meno ingiuste» del nostro Occidente Lo ha ricordato il cardinale Angelo Bagnasco nella festa di San Lorenzo.

Ecclesia 12_08_2016
Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei

San Lorenzo, accompagnato dalla graticola, non evoca una morte facile. Un martire, un uomo che offre la propria vita per gli altri (e non per toglierla ad altri), è consapevole che esiste veramente la verità e che questa Verità è salvifica. La  festa di San Lorenzo ha ricordato a tutti che «se il chicco di grano muore, produce molto frutto», e i frutti veri, come ha detto il cardinale Angelo Bagnasco nella sua Genova, «sono vita non morte».

Ma noi il 10 agosto di ogni anno siamo al massimo tentati di alzare lo sguardo al cielo per vedere se cadono le stelle, e della storia del diacono Lorenzo non sappiamo nulla e non vogliamo saperne nulla. Eppure, ha ricordato Bagnasco nella cattedrale genovese dedicata al santo, la storia di questo diacono gode di una certa attualità: i martiri sono intorno a noi. Il pensiero va al macello subito dal povero P. Hamel in quel di Rouen, ma la lista è lunga. Le forme di persecuzione sono molte oggi, da «quelle classiche che conosciamo da una storia che si credeva lontana», fino a quelle «raffinate, ma non meno crudeli, legalizzate, ma non meno ingiuste». E il nostro Occidente, dice Bagnasco,«ne è esperto, malato com'è delle proprie fallimentari ideologie». 

Noi, in effetti, viviamo con l'unico idolo della libertà assoluta, dimentichi di una ragione che possa orientarci verso la verità. Soprattutto nel mondo del religioso che abbiamo ridotto a una marmellata qualunque, incapaci di giudicare delle religioni, relegandole nel sottoscala della sub-cultura. Per questo il presidente dei Vescovi italiani dice che «oggi – in nome di valori come l’uguaglianza, la tolleranza, i diritti …- si pretende di emarginare il cristianesimo, e si vuole creare un ordine mondiale senza Dio, dove le diversità da una parte vengono esaltate e dall’altra vengono schiacciate. Ciò vale per i cittadini del continente europeo e vale per i popoli e le Nazioni». Abolita la verità non resta che il "diritto soggettivo" come pretesa del tutto personale, senza alcun riferimento. D'altro canto, sul fronte del rapporto con le diverse culture e religioni, l'unico strumento di “dialogo" che riusciamo a mettere in campo è, spesso, un troppo vago riferimento alla pace.

Intanto, noi continuiamo ad alzare gli occhi al cielo per veder le stelle cadere, allegramente distratti, come ricorda il cardinale, dalla «propaganda delle menzogne, con promesse truccate, democrazie apparenti». Rinunciare alla Verità e al Bene, alla stessa possibilità che esistano, comporta una liquidità culturale e sociale che penetra ovunque lasciando spesso un senso di ingiustizia e infelicità. Il cardinale nella suo omelia ha riconosciuto che «la volontà prepotente di omologare, di voler condizionare le visioni profonde della vita e dei comportamenti, il sistematico azzeramento delle identità culturali, assomigliano non ad un cammino rispettoso verso un’Unione europea armonica e solidale, certamente necessaria, ma piuttosto verso una dannosa rifondazione continentale che i popoli sentono pesante e arrogante, dove il cristianesimo viene considerato divisivo perché non si prostra agli imperatori di turno. La storia attesta che quando i potenti si concentrano sulla propria sopravvivenza per ambizioni personali, e rinunciano alla res publica, è l’ora della decadenza».

La sordità al sacro, l'incapacità di discernimento nella sfera del religioso, non produce una laicità autentica. Semmai oblitera le coscienze, al punto che anche il vivere comune appare problematico, incapace di avere riferimenti assoluti e pre-politici. «La crisi del mondo», ha sottolineato il cardinale nella sua omelia, «è innanzitutto una crisi spirituale: non ammettere questo significa non comprendere la gravità delle cose! Dobbiamo tornare a pensare con la nostra testa! La fede non azzera l’intelligenza, ma la cerca, la stimola, la apre sulla realtà. Le chiede di tradurla nella storia, la incoraggia a risvegliarsi dal sonno e reagire al mondo della falsità e degli slogans». Si potrebbe allora provare di alzare gli occhi al Cielo e non semplicemente al cielo, perché «la coscienza può rimanere stordita anche per molto tempo, ma prima o dopo succede qualcosa che la risveglia e la rigenera, poiché alla sua radice vi è un nucleo indistruttibile: il desiderio della verità e il bisogno del bene».