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Le elezioni che cambieranno il volto all'Ue

Comunque vada, le prossime elezioni in Olanda, Francia e Germania, promettono di cambiare il volto dell'Ue. Nei primi due paesi sono infatti in testa dei candidati anti-sistema, quali Geert Wilders e Marine Le Pen. I partiti sistemici potranno arginarli, ma solo a costo di larghe intese. E in Germania la Merkel annaspa.

Esteri 28_02_2017
Poster elettorali in Olanda

I prossimi mesi saranno segnati in Europa da tre importanti appuntamenti elettorali che potranno essere molto significativi a livello europeo ma non solo. Il prossimo 15 marzo, fra meno di due settimane, si voterà per il rinnovo del Parlamento dei Paesi Bassi. Seguiranno in Francia le elezioni presidenziali  (primo turno il prossimo 23 aprile e turno di ballottaggio il 7 maggio) e poi il 24 settembre il rinnovo del Bundestag, la Camera bassa della Repubblica Federale di Germania, da cui consegue in modo quasi automatico la scelta del nuovo Cancelliere. 

Dall’esito di queste tre elezioni potrebbe  derivare un sostanziale mutamento del quadro politico europeo, non senza riflessi anche alla scala intercontinentale. I Paesi Bassi, pur avendo solo 17 milioni di abitanti, in quanto a prodotto interno lordo precedono per esempio la Polonia, che di abitanti ne ha 38,5 milioni, e sono un grosso crocevia industriale e finanziario. A un mese dal voto, al primo posto nelle preferenze degli elettori olandesi continua a essere, secondo tutti i sondaggi, il Partito della Libertà di Geert Wilders che se si votasse oggi conquisterebbe 30 dei 150 seggi della Camera Bassa contro i soli 24 che andrebbero al Partito Popolare del premier in carica Mark Rutte. Wilders, molto critico verso l’Unione Europea, ha un programma con vari punti di contatto con quello che ha portato negli Usa alla vittoria di Donald Trump. In una sua recente intervista ha promesso agli elettori che con lui al governo i Paesi Bassi porrebbero forti limiti all’immigrazione e cesserebbero di dare soldi, “che sono miliardi, all’Africa per lo sviluppo, a Bruxelles, alla Grecia, ai richiedenti asilo”. Con 30 seggi Wilders sarebbe comunque ben lontano dalla maggioranza assoluta, e tutti gli altri partiti escludono qualsiasi alleanza con lui. Pertanto ciò che si prospetta sono dei governi di minoranza che agiscono in base a  “larghe intese”, dunque una situazione assai fluida.   

A una scala ben più vasta, e ovviamente con ben più ampia risonanza internazionale, in Francia la situazione è per certi versi analoga. Marine Le Pen, leader del Front National, è al primo posto con il 27 per cento delle intenzioni di voto. Segue con il 25 per cento Emmanuel Macron, l’ex ministro del governo socialista di Manuel Valls che però si presenta con un programma definito “di centro” e con il sostegno di una neonata forza politica, En Marche!, creata ad hoc in suo appoggio. Terzo con il 20 per cento giunge il candidato del maggiore partito di centro-destra François Fillon che, già in ottima posizione, ha poi perso molti consensi da quando si è saputo che da parlamentare aveva assunto la moglie tra i suoi assistenti, fatto inopportuno anche se in Francia non è vietato dalla legge. Salvo il caso in cui uno dei candidati  abbia la maggioranza assoluta (un’eventualità oggi da escludersi), nelle elezioni presidenziali francesi è previsto un secondo voto di ballottaggio tra i due candidati che hanno raccolto più voti.  Il primo dei due sarà di certo Marine Le Pen; l’unica incognita è sul secondo, se cioè sarà Macron o Fillon. Salvo ripensamenti oggi non prevedibili, la sinistra, divisa tra due candidati, è infatti fuori gioco. Si stima che nel ballottaggio Marine Le Pen verrebbe poi battuta tanto da Macron quanto da Fillon. Continuerebbe però a essere un’antagonista non da poco per un presidente con un seguito popolare in realtà ben inferiore al suo.

In Germania la grande novità della campagna elettorale, però solo all’inizio, è la ripresa dei socialisti dell’Spd cui la candidatura a cancelliere di Martin Schulz, ex-presidente del Parlamento Europeo, ha dato un’inattesa notevole spinta. Anche se la CDU-CSU si conferma al primo posto con distacco, Angela Merkel non è più così certa di una trionfale rielezione come sin qui era. In Germania tuttavia, diversamente che in Francia e nei Paesi Bassi, i partiti tradizionali reggono la sfida dei nuovi partiti di destra. Alternative für Deutschland, AfD, su posizioni simili a quelle che ha nei Paesi Bassi il partito di Geert Wilders, non va oltre il 12%.

Se a tutto questo si aggiunge l’avvio della Brexit diventa chiaro che il panorama politico europeo sta cambiando profondamente: un processo cui il nostro Paese avrebbe sia il dovere che il diritto di partecipare attivamente. Avendo negli occhi questo orizzonte, se poi ci si volge a guardare lo stagno della scena politica del nostro Paese, e il vuoto di visione e di iniziative che lo caratterizza, c’è davvero di che restare sconfortati.