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SENTENZA

Le condanne per l'omicidio Paty rivelano una Francia filo-islamista

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Non solo la comunità islamica è insorta per la condanna dei due complici del terrorista che ha decapitato il professor Paty, anche diversi intellettuali laici sono arrivati a giustificare l'atto accusando il professore di islamofobia.

Esteri 27_12_2024

Il 20 dicembre, i due amici, e complici, del terrorista che ha decapitato il professor Samuel Paty il 16 ottobre 2020,  sono stati condannati a 16 anni. Mentre veniva pronunciata la sentenza, la comunità islamica, che accompagnava gli imputati, ha messo in scena una rumorosa e violenta rimostranza fino a circondare ed aggredire verbalmente la sorella di Paty - presente in aula -, al grido, «è colpa sua, parla sempre in tv di questa storia». L’hanno dovuta allontanare dal tribunale e scortare fino a casa. 
Tutti i condannati presenteranno ricorso. Due gli argomenti già enunciati: è islamofobia di Stato ed un processo politico.

«Senza l’islamofobia, questa tragedia non sarebbe mai accaduta», è epigrafico il commento di Pierre Jacquel, ricercatore della Sorbona, che, in occasione delle ultime sentenze del processo ha voluto dire la sua. «Paty era un islamofobo laico. Il padre di famiglia musulmano (Brahim Chnina, il padre dell’alunna di Paty che s’è lamentato della lezione e ha denunciato il professore alla comunità islamica ndr) è il colpevole ideale e questo processo alimenterà ulteriormente l’islamofobia».   

Al fatto che Samuel Paty si fosse guadagnato la decapitazione è stata presentata una denuncia a nome della sorella di Paty e dell’associazione ‘Difesa dei servitori della Repubblica’ creata per salvaguardare la libertà di espressione dei funzionari pubblici, e presieduta da Didier Lemaire, professore di filosofia, anch’egli finito sotto scorta perché, dopo anni a denunciare l’islamizzazione imperante in Francia, aveva pubblicato una lettera aperta in omaggio a Samuel Paty.

«Se questo individuo non arriva a glorificare esplicitamente l’atto terroristico, tende a giustificarlo adducendo come unica fonte la presunta islamofobia di Paty, degli insegnanti ‘laici’ e più in generale della nostra società», ha scritto nel comunicato stampa Mickaëlle Paty, sorella del professore decapitato. Le ha fatto eco il giornalista Hugo Clément: «Sputare sul cadavere di una vittima del terrorismo islamico, accusandola di essere ‘islamofobo’, è spregevole». 
Costui osa così affermare che è «l’islamofobia della società e di molti insegnanti laici la radice del terrorismo», ha continuato Carine Chaix, professoressa di diritto pubblico e presidente di La France en Partage.

Il processo per il caso Samuel Paty costituisce un punto di svolta nella storia contemporanea oltralpe. La tragedia di Conflans-Sainte-Honorine in Francia è letta come l’occasione per valutare appieno la potenza dell’arma separatista nell’armamentario islamista.

Da giorni, in Francia si parla molto delle deposizioni dei colleghi del professore Paty - c’è anche chi ha lasciato l’insegnamento. Ed in particolare della mail inviata a tutto il corpo docente dal preside che chiedeva solidarietà al professore che aveva già ricevuto minacce di morte e invitava i docenti a restare uniti e fermi sulle posizioni: due insegnanti risposero pubblicamente che non avrebbero sostenuto Paty
L’ex ministro dell’istruzione, Jean-Michel Blanquer, ha commentato tutto ciò come il fallimento dello Stato e del mondo della scuola. E vale doppio se consideriamo che c’è chi pubblicamente, da una cattedra, accusa ancora Paty di islamofobia. 

Nelle stesse ore in cui la piazza intitolata a Samuel Paty, nel 4º arrondissemente veniva vandalizzata, di nuovo, la France Insoumise (LFI) di Melenchon presentava un disegno di legge per l’abrogazione del reato di “apologia di terrorismo”. Sebbene con ogni probabilità resterà lettera morta, l’obiettivo è già stato raggiunto: attirare l’attenzione e presentare LFI come un grande difensore dei diritti umani. 

Ad un dibattito televisivo organizzato da Le Figaro, prima di Natale, il filosofo Pierre Manent ha sviluppato il suo ragionamento asserendo che «il numero di musulmani in Europa non può crescere indefinitamente. Se crescesse, come sta avvenendo, ci troveremo presto di fronte a tragedie che nessuna versione di laicità sarà in grado di controllare. La laicità può più facilmente spostare una statua di san Michele che trasformare l’islam». Affermazione giudicata talmente grave dal popolo di internet da aver inseguito il filosofo per giorni con esclamazioni del tipo, «che orrore costui»; «questo è un incitamento a commettere crimini contro l’umanità»; «è aberrante la facilità con cui vengono condivisi questi commenti razzisti e anti-musulmani».

Il deputato della France Insoumise, Antoine Léaument, ha direttamente denunciato Manent al pubblico ministero per incitamento all’odio, ai sensi dell’articolo 24 paragrafo 8 della legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa, “discriminazione, odio o violenza contro una persona o un gruppo di persone a causa […] della loro appartenenza ad una religione specifica”. 



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