Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
FRANCIA

Didier Lemaire, un altro prof minacciato dagli islamisti

Da anni denuncia l’islamizzazione imperante in Francia e in particolare a Trappes (vicino Parigi), fucina di jihadisti partiti per combattere in Siria e Iraq. Ma dall’autunno scorso Didier Lemaire, professore di filosofia, vive sotto scorta per aver pubblicato una lettera aperta in omaggio a Samuel Paty, l’insegnante decapitato da un islamista.

Attualità 11_02_2021

Didier Lemaire è un professore di filosofia in Francia, nel dipartimento degli Yvelines, a Trappes. Da qualche giorno a scuola ci va sotto scorta, come i magistrati antimafia, i pentiti, quelli che denunciano la criminalità organizzata. Solo che il professor Lemaire sotto scorta è stato mandato a causa dell’islam dopo aver scritto una lettera aperta in omaggio a Samuel Paty.

Sono anni che quest’insegnante denuncia l’islamizzazione della Francia, ma il suo sostegno al professore decapitato è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Così, dallo scorso autunno, la sua vita è in pericolo, al punto che lo stavano destinando ad un altro liceo, ma si è rifiutato. 

Per Lemaire l’islamizzazione imperante e feroce è iniziata vent’anni fa, a Trappes, quando nell’ottobre del 2000 venne appiccato un incendio in una sinagoga. L’immigrazione islamica importò un nuovo antisemitismo, come quello arrivato in Germania e denunciato dalla stessa Angela Merkel. Da allora gli ebrei sono andati via dalla regione francese, le donne non entrano più nei caffè, il velo è ovunque, e il processo di ‘purificazione’ dell’Occidente è al punto che un professore, dopo denuncia degli alunni, finisce appunto sotto scorta per aver difeso un decapitato. E per aver lanciato un “appello alla resistenza alla minaccia islamista”, pubblicato su L’Obs. “Possiamo noi, insegnanti, supplire alla mancanza di strategia da parte dello Stato per sconfiggere l’islamismo? Amo il mio lavoro, i miei studenti, ma mi hanno fatto capire che non avevo più un futuro nell’educazione...”.

Nel 2018, Lemaire inviò una lettera aperta al presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, firmata con l’ex ispettore generale dell’Istruzione nazionale, Jean-Pierre Obin, nella quale scriveva di un “vivaio jihadista nel cuore della regione parigina”, e con la quale chiedeva a Macron di agire “con urgenza per proteggere i nostri studenti dalla pressione ideologica e sociale esercitata su di loro, che li taglia via, via dalla comunità nazionale”.

Lo scorso novembre, nel già citato appello su L’Obs, scriveva: “Non è stata intrapresa alcuna azione efficace per fermare questo fenomeno. Ci sono, a Trappes, 400 fascicoli S (gli individuati come pericolosi radicalizzati) che se ne vanno in giro liberamente, senza contare i fascicoli per terrorismo. E i nostri studenti vivono in una situazione schizofrenica dove il conflitto di lealtà diventa per loro inestricabile”.

A scuola, dopo la lettera, Lemaire è stato preso di mira dai suoi studenti: “Perché hai scritto un testo contro di noi?”. “No, ho scritto una lettera per voi!”. E dopo pochi giorni la prefettura di Yvelines dichiarava di aver deciso di proteggere “un professore che ha assunto posizioni forti, due settimane dopo l’assassinio di Samuel Paty”. Per un po’ si era resa più blanda la scorta, credendo che questo professore non rischiasse più di tanto. Poi, a gennaio, sulla televisione olandese è andato in onda un servizio su Trappes. Il giornalista che ha curato il servizio ha ricevuto messaggi aggressivi in cui il professore è stato descritto come “razzista e islamofobo”. Il professore è stato anche raggiunto dalla madre di uno studente: “Se continui a parlare di islam sarai il secondo Samuel Paty”.  La prefettura ha cambiato allora il protocollo di scorta del professore (adesso davvero sorvegliato giorno e notte) e ha dichiarato: “Trappes è una città che seguiamo da tempo, da molto vicino”.

Lemaire ha detto anche: “Abbiamo prima avuto aggressioni individuali alla laicità, oggi assistiamo a manifestazioni collettive di separatismo. Le ragazze rifiutano all’unanimità di farsi riprendere senza velo. Gran parte dei francesi preferisce non vedere che il nostro patrimonio è minacciato: occorrerebbe il coraggio di difenderlo”. L’ex ministro Collomb li aveva battezzati i “territori perduti della Repubblica”. Per loro aveva chiesto una “riconquista” a Macron, ricevendo picche. E oggi, per fare un esempio, a Trappes i “parrucchieri misti” - quelli dove possono entrare sia uomini che donne - non esistono.

“Didier Lemaire ha detto una serie di bugie, una serie di falsità”, è stato il commento del sindaco Ali Rabeh, quando la CNews è riuscita finalmente a raggiungerlo. Rabeh ha attaccato il professore sostenendo che, per esempio, qualche “parrucchiere misto c’è” in città, e ha annunciato che lo denuncerà per diffamazione, anche perché Lemaire ha accusato il sindaco di avergli dato, anche lui, “del razzista e dell’islamofobo”.

Certamente, non è semplice difendere una città come Trappes dall’imperante islamizzazione. Parliamo della ‘capitale’ europea dei jihadisti partiti per combattere in Siria e in Iraq: 67 giovani lasciarono nel 2016 la Francia per combattere in nome di Allah, cifra record in Europa in rapporto alla popolazione della città (circa trentamila abitanti). Parliamo della stessa Trappes dove qualche anno fa 250 persone assediarono un distretto di polizia e incendiarono il quartiere circostante, dopo che una donna era stata fermata da un ufficiale perché indossava il velo integrale (illegale in Francia dal 2011).

L’islam in Francia è in ogni istituzione. Nella scuola ha ormai preso il comando e Didier Lemaire è solo l’ultimo della lista a rischiare.