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PREVISIONI e responsabilità

L'autunno caldo che verrà, i rischi della destabilizzazione

Non ci siamo ancora resi conto dell'estensione della crisi. Il momento della verità arriverà in autunno, quando molti lavoratori rientreranno dalle vacanze (chi se le è potute permettere) e non ritroveranno il posto di lavoro. Intanto la scienza e la politica si delegittimano con scelte come quella del virologo Lopalco che si candida in Puglia nel Pd

Politica 11_07_2020
Manifestazione dei sindacati di fronte a Montecitorio

Mentre si profila il prolungamento fino al 31 dicembre dello stato d’emergenza a seguito della pandemia, due giorni fa il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese ha lanciato l’allarme sul “rischio concreto” di disordini sociali. Il titolare del Viminale aveva già previsto, in pieno lockdown, in una circolare inviata ai prefetti lo scorso 10 aprile, che si sarebbero potute verificare tensioni con focolai di espressione estremistica. Quei timori, in effetti, hanno trovato riscontro nelle settimane successive, considerate le molteplici manifestazioni di categorie produttive stremate dalle prolungate chiusure e a rischio fallimento.

Evidentemente, l’ampia attività di intelligence e l’analisi dei contesti criminali da parte dei prefetti ha confermato che uno scenario da “autunno caldo” sul piano della tenuta dell’ordine pubblico è tutt’altro che remoto. Il fuoco cova sotto la cenere e, man mano che il rischio sanitario si ridimensiona e la gente torna alla vita pre-Covid-19, cresce il malcontento per il malessere socio-economico.

«A settembre e ottobre purtroppo vedremo gli esiti di questo periodo di grave crisi economica che ha colpito le aziende – ha spiegato la Lamorgese – ci sono cittadini che non hanno la disponibilità neanche di provvedere ai propri bisogni quotidiani». Qualcuno ha voluto leggere tra le righe un velato attacco al premier, che non avrebbe messo in campo tutte le soluzioni più incisive per scongiurare questa situazione. Può darsi. D’altronde, non è un mistero che il Governo sia lacerato da profonde divisioni e navighi a vista, con la possibilità concreta che su temi divisivi come il Mes o Autostrade si ritrovi in minoranza al Senato e dunque bisognoso di soccorsi da pezzi di opposizione.

Il crollo del Pil, stando alle rilevazioni che sono state diffuse nei giorni scorsi, dovrebbe superare gli undici punti percentuali, con un parziale recupero solo a partire dai primi mesi del 2021. Gli aiuti europei potrebbero arrivare anch’essi soltanto dopo Natale e allora, nel frattempo, la situazione potrebbe sfuggire di mano. In questo senso il prolungato allarme sanitario è l’alleato più affidabile del premier, perché se la gente non può scatenare la propria protesta in libertà, dovendo rispettare le misure di distanziamento e contenimento, ben difficilmente può occupare le piazze, bloccare i servizi pubblici, paralizzare la vita pubblica.

La domanda che però chi guida il Paese dovrebbe farsi è se esista un modo per raddrizzare la rotta nelle prossime settimane, al fine di scongiurare uno scenario fosco come quello disegnato dal Ministro dell’Interno. Probabilmente le tensioni sociali, al momento latenti, ma sempre più palpabili, sono anche dovute alle inerzie delle politiche governative e allo stallo che ancora si percepisce nell’azione dell’esecutivo. Il Rapporto della Task Force presieduta da Vittorio Colao, che pure conteneva alcune indicazioni originali e in grado di sbloccare il Paese, è stato chiuso in un cassetto. Dagli Stati Generali sono emersi tanti auspici ma nessuna realizzazione pratica. La negoziazione con l’Unione europea procede tra stop and go, con vertici bilaterali nei quali si strappano concessioni parziali ma nulla più. Le dinamiche sono più complesse del previsto e nel frattempo molti italiani non possono andare in vacanza e anche quelli che ci andranno non sanno se, tornando in sede, avranno ancora un lavoro.

E’ una precarietà generalizzata che destabilizza il Paese e che è amplificata dalla progressiva perdita di credibilità di parte del mondo sanitario. La decisione di Pier Luigi Lopalco, epidemiologo, di candidarsi alle elezioni regionali in Puglia nella lista di sostegno al presidente uscente, Michele Emiliano, del Pd, è un vulnus alla neutralità della scienza. Lopalco non è solo uno dei tanti epidemiologi che hanno raccontato quotidianamente la pandemia in Tv e sugli altri mezzi d’informazione. E’ anche il coordinatore scientifico della Task Force sul Covid-19 che la Regione Puglia ha istituito a marzo. In base a una delibera che tutti possono consultare, percepisce 120mila euro di compenso per quell’incarico. Sono soldi di tutti i cittadini pugliesi, che finiscono nelle tasche di un professionista, peraltro stimato anche fuori dai confini nazionali, e che però ora ha gettato la maschera e ha deciso di correre per una poltrona di consigliere regionale, con la prospettiva di diventare assessore regionale alla Sanità in caso di riconferma dell’attuale maggioranza di centrosinistra. Buon senso vorrebbe che si dimettesse da coordinatore scientifico della task force, visto che è stato chiamato come tecnico e che la comunicazione istituzionale, tanto più in tema di salute collettiva, esige neutralità, imparzialità e asetticità. Il centrodestra si è detto indignato e lo accusa di essersi fatto per mesi campagna elettorale con i soldi di tutti i cittadini pugliesi. Il sospetto è avvalorato dalle sue frequenti esternazioni, dai toni smodatamente allarmistici, peraltro, per fortuna dei pugliesi, rivelatesi infondate.

Le più celebri hanno riguardato la sua profezia, perentoria, su un’esplosione di contagi, già tra la fine maggio e la prima metà di giugno, a seguito del rientro in Puglia dal nord di migliaia e migliaia di studenti pugliesi che frequentano le università di Milano, Torino, Bologna, Firenze e altre città. «Gli effetti di questi massicci spostamenti – profetizzò Lopalco - si vedranno entro la prima metà di giugno, quando si ammaleranno i genitori di questi ragazzi». Basta scorrere i dati del mese di giugno relativi ai contagi e ai ricoveri in Puglia per rendersi conto che si è trattato di un allarme assolutamente infondato, che ha prodotto contraccolpi psichici ed emotivi e tensioni sociali nella popolazione pugliese, compromettendo peraltro il fatturato delle aziende turistiche locali, che, terrorizzate da profezie così tetre, hanno perfino vietato ad alcuni settentrionali di prenotare le vacanze in Puglia.

E allora verrebbe da dire: chi paga per queste parole sconsiderate, che producono danni enormi e incalcolabili alla psiche di migliaia di persone, all’economia di un territorio e alla coesione della società italiana? Sono stati giustamente biasimati i virologi e i politici che, a febbraio e marzo, minimizzavano la portata del Covid-19 definendolo una semplice influenza. Ora bisognerebbe indignarsi allo stesso modo contro chi ha criminalizzato perfino i runner che correvano sotto casa senza entrare in contatto con nessuno o gruppi di amici che, rispettando le norme di distanziamento e contenimento, si sono rivisti dopo mesi per bere una birra in un luogo aperto e spesso sono stati accusati di provocare assembramenti.

C’è da augurarsi che l’esempio di Lopalco rimanga isolato. Se altri virologi dovessero scendere in campo per difendere posizioni politiche di parte, la scienza perderebbe ulteriore credibilità e nella gente si insinuerebbe il dubbio che anche il perseguimento del diritto alla salute può diventare per qualcuno un trampolino di lancio per personali ambizioni di potere.