L'Annuncio a Maria e i tre pilastri di Paul Claudel
Scritto nel 1912, L’Annuncio a Maria di Paul Claudel è come un’immensa cattedrale medioevale, una grande sintesi di quell’epoca, ma potremmo anche dire un grande frutto della cristianità. Tre sono i pilastri fondamentali della cattedrale, tutti illuminati dalla luce della fede: Anna Vercors, Pietro di Craon e Violaine.
Scritto nel 1912, L’Annuncio a Maria è come un’immensa cattedrale medioevale, una grande sintesi di quell’epoca, ma potremmo anche dire un grande frutto della cristianità. Non a caso è ambientato nei pressi del monastero di Montevergine. Tre sono i pilastri fondamentali della cattedrale, differenti per forme e colori, ma tutti illuminati dalla luce della fede: Anna Vercors, Pietro di Craon e Violaine.
Anna Vercors si è sposato con Elisabetta ed è divenuto padre di Mara e di Violaine. Ha fatto sacrifici lavorando nei campi per sostentare la famiglia. Nel suo volto e nelle sue azioni si scorge tutta la gratitudine che nutre per il Signore che fa tutte le cose. Mosso da questa coscienza, dopo aver riservato ogni anno le decime al convento vicino, decide di partire per la Terrasanta per pregare sopra il Santo Sepolcro per l’unità del suo popolo e dei cristiani, offrendo così le sue azioni per la totalità, per il bene di tutti. Cosciente della complessità del viaggio, affida la sua vita al Mistero e si congeda dalla moglie con queste parole: «Tale è stato il male del mondo: che ciascuno ha voluto godersi i propri beni, come se per lui solo fossero stati creati, e non come se da Dio li avesse avuti in consegna. Il signore, il suo feudo, il padre, i suoi figlioli, il Re, il suo Regno e l’uomo di lettere, la sua dignità». Così, parte per la Terrasanta affidando Violaine a Giacomo di Hury perché la sposi.
Altro grande personaggio del dramma è Pietro di Craon, colui che ha votato tutto se stesso all’ideale, divenendo costruttore di cattedrali. Eppure, anche la sua persona non è immune dalle debolezze e può cadere in tentazione, come accade quando, colpito dalla bellezza di Violaine, tenta di violentarla senza successo. Pietro vivrà consapevole del grave peccato, staccandosi per sempre dai piaceri della carne, tutto preso dalla dedizione alla sua opera. Nell’arco temporale in cui è ambientata l’opera, ha contratto la lebbra.
Proprio Violaine è il terzo grande pilastro della cattedrale. In lei non trova spazio il rancore, perché vive con entusiasmo e ama la realtà, consapevole che il Mistero ci viene incontro nell’istante e in esso si rivela. Per questo, quando incontra nuovamente colui che ha cercato di violentarla, piena di misericordia, Violaine lo abbraccia e lo bacia castamente pronunciando queste frasi: «Perdonatemi perché son troppo felice! Perché quegli ch’io amo, mi ama, e di lui son certa... E perché Dio mi ha creata per essere felice e non per il male e non per la pena». A causa di quel bacio anche Violaine si ammalerà di lebbra.
E proprio quel bacio dato con innocenza a Pietro per dimostrargli l’amore che il Signore prova sempre e comunque per ciascuno di noi, nonostante le nostre debolezze, sarà l’occasione di cui si avvarrà Mara, sorella di Violaine e segretamente innamorata di Giacomo, per ostacolare il matrimonio. Infatti, dopo aver minacciato il suicidio dinanzi alla madre, Mara racconterà a Giacomo del bacio che Violaine ha dato a Pietro di Craon. Se in principio Giacomo non le crede anche perché la futura sposa gli proclama tutto il suo amore («Ah, come quest’ora è bella; io non ne chiedo altre»), poi darà credito alle parole di Mara, perché Violaine non ha più l’anello di fidanzamento (avendolo regalato per pietà a Pietro di Craon) e ha contratto la lebbra.
Rotto il fidanzamento, Violaine parte per il lebbrosario. Violaine non perde, però, il debito di gratitudine che nutre verso il Signore. Anche in mezzo alle difficoltà confessa alla madre: «Ah, mamma, come è bella la vita e come sono felice!» . Trascorrono alcuni anni. Mara e Giacomo si sono sposati, mentre Violaine è ancora al lebbrosario. Un giorno Mara si reca a trovare la sorella per chiederle di pregare per la resurrezione della figlia appena morta. Violaine è divenuta cieca, ma per questo non ha smesso di rendere lode al Signore. Dopo aver scoperto l’innocenza della sorella, Mara le chiede di portare su di sé anche il proprio dolore per la perdita della figlia. Pregano tutta notte. La piccola riprende vita e i suoi occhi si fanno del tutto uguali a quelli azzurri di Violaine. D’ora innanzi Giacomo rivedrà negli occhi della figlia quelli dell’amata che non ha mai scordato.
Presa dalla gelosia, Mara decide di uccidere la rivale. Violaine viene trovata interrata nella cava di Pietro di Craon. Morente, viene portata a Giacomo. Nell’ultimo colloquio, confessando il proprio amore e la propria fedeltà, Violaine attesta di non aver mai peccato con Pietro, ma di averlo baciato perché lui era tanto triste e lei era tanto felice. Se soltanto Giacomo le avesse creduto anni addietro, forse lei sarebbe guarita. Questo almeno crede Violaine. Anche in punto di morte la ragazza ha parole di benedizione per chi l’ha uccisa e rivela all’uomo il miracolo che Dio ha compiuto su sua figlia. «Com’è bello vivere! [...] e come è immensa la gloria di Dio!». Queste sono le ultime parole che Violaine esclama prima di morire.
Mara non può far altro che confessare l’omicidio. «Io onoro Dio. Ma resti dov’è. È tanto corta la nostra povera vita», esclama poco più tardi, mostrando tutta la distanza tra lei e la sorella. Violaine ha, invece, sempre concepito Dio come volto buono del Mistero che bussa alla nostra porta nelle circostanze e negli incontri della giornata: Dio non è da una parte e la vita dall’altra. Vedremo la prossima volta la conclusione del dramma.