Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Caterina d’Alessandria a cura di Ermes Dovico
NUOVA TENDENZA

L'animalismo del Cav, trionfo del trasversalismo

C’erano una volta destra e sinistra, suddivise in posizioni granitiche e contrapposte che – come cantava Giorgio Gaber – erano arrivate a inquadrare tutto dentro un’irremovibile categoria ideologica. Poche idee tante certezze. Oggi i confini sono più confusi. Come dimostrano i casi sul referendum lombardo e la svolta animalista di Berlusconi. 

Politica 24_05_2017

C’erano una volta destra e sinistra, suddivise in posizioni granitiche e contrapposte che – come cantava Giorgio Gaber – erano arrivate a inquadrare tutto (perfino le abitudini alimentari) dentro un’irremovibile categoria ideologica. Poche idee tante certezze, insomma.

Oggi, invece, nel panorama politico italiano i confini risultano sempre più sottili e confusi. Destra e sinistra non solo non sono più inconciliabili, ma addirittura si fanno concorrenza a vicenda rubandosi vicendevolmente le loro battaglie più rappresentative. Il trasversalismo trionfa e la difesa degli interessi territoriali, delle categorie, delle lobby risulta di gran lunga prevalente sulle tradizionali appartenenze ideologiche e culturali. E addirittura, sulla legge elettorale, sulla Rai e su altri temi sembra saldarsi un fronte traversale destra-sinistra per impedire l’ascesa al governo del Movimento Cinque Stelle.

La tendenza è in atto da tempo. Pensiamo al referendum sulle trivelle dello scorso anno, il primo nella storia d’Italia ad essere stato ottenuto dalle Regioni. Dieci consigli regionali avevano infatti depositato le firme necessarie per indire il voto popolare. Un referendum richiesto da governatori in buona parte iscritti al Partito Democratico, ma che si opponevano alla politica energetica del loro segretario e premier, Matteo Renzi. Il referendum poi fallito (non è stato raggiunto il quorum necessario) è comunque servito da “incubatore” per alimentare il seme del dissenso che poi è germogliato nel movimento degli “scissionisti”, che ha tuttora nel governatore della Puglia Michele Emiliano uno dei suoi massimi rappresentanti.

Sempre un referendum – stavolta quello Costituzionale dello scorso dicembre – è stato il casus belli che ha fatto saltare i già fragili equilibri in seno al Partito Democratico e che ha provocato le dimissioni di Matteo Renzi da Presidente del Consiglio. "Se non passa il referendum vado a casa e lascio la politica", aveva annunciato l’ex sindaco di Firenze a mezzo stampa. E così quella che doveva essere una semplice modifica della Costituzione si è trasformata in una personalissima battaglia politica. Per Matteo Renzi, però, il protagonismo inopportuno ed esasperato si è rivelato un boomerang: gli italiani lo hanno sepolto sotto una valanga di “no”, non tanto per opporsi alla riforma, quanto per punire Matteo. Colpevole, a loro dire, di aver tradito i valori della sinistra in favore di una nuova forma di destra. Paradossalmente, infatti, durante la campagna referendaria era quasi più facile trovare un sostenitore della Riforma fra gli elettori di Forza Italia che fra quelli di centrosinistra. Lo stesso Silvio Berlusconi – il quale aveva ufficialmente dichiarato di essere contrario alla riforma – aveva poi rivelato come parte della sua azienda fosse invece schierata per il sì. Una dichiarazione che a molti era suonata come la conferma della sua volontà di tenere il piede in due scarpe.

E poi c’è un altro referendum che rischia di far saltare ancora una volta i fragili confini che dividono destra e sinistra: quello sull’autonomia lombarda, in programma per il prossimo ottobre a poco più di due anni dal via libera del Consiglio Regionale. Nonostante la stragrande maggioranza del Partito Democratico abbia già dichiarato la sua netta contrarietà al referendum voluto da Roberto Maroni, qualche spiraglio – quantomeno sui temi -  è inaspettatamente arrivato proprio da autorevoli rappresentanti del centrosinistra e sindaci lombardi. "Io consiglierò di votare positivamente – ha dichiarato il sindaco di Milano Giuseppe Sala - Questo non è un tema che appartiene alla Lega ma un po’ a tutti, e su cui il governo ha dato chiare aperture: a mio parere è un tema giusto. Ma il referendum è assolutamente inutile". Una posizione simile a quella di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo: "E’ come chiedere un mandato per suonare il citofono, quando la porta è già aperta. Noi condividiamo l’obiettivo dell’autonomia. Il Governo ha dato segnali di disponibilità e apertura, quindi non c’è bisogno di fare un referendum per trattare con Roma". Quando la difesa del territorio, insomma, diventa più forte dell’appartenenza a un partito o ad uno schieramento.

E che dire della svolta animalista di Silvio Berlusconi, guardata con un misto di sorpresa e preoccupazione da entrambi gli schieramenti? Dopo la campagna mediatica dello scorso aprile nella quale si lanciava nella difesa degli agnelli, il leader di Forza Italia ha appena annunciato la nascita del Movimento Animalista, tenuto a battesimo dal deputato azzurro, Michela Brambilla.

Senza chiedere il permesso a nessuno – com’è ovvio che sia in politica – il Cavaliere ha infatti “scippato” alla sinistra ambientalista uno dei suoi temi più importanti: la difesa degli animali. Arrivando a presentare come obiettivo la modifica dell’articolo 9 della Costituzione che vorrebbe introdurre per gli animali lo status di “esseri senzienti”, in modo da infliggere pene più dure verso chi li maltratta. Strizzando l’occhio ai sempre più numerosi proprietari di cani che trattano i loro cuccioli meglio dei bambini, da bravo uomo-marketing Silvio ha evidentemente pensato di andare ad attingere a un bacino elettorale che si sente abbandonato da una sinistra sempre meno “sensibile”.

Ennesima dimostrazione di quanto il trasversalismo, in politica, sia di gran moda. Perché le ideologie passano, ma gli interessi restano. E spesso fanno a pugni con la coerenza.