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EQUIVOCI

L’adesione universale al Papa legittimo non è un’opinione

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Nuovi sofismi sulla pretesa invalidità dell’elezione del Pontefice fanno leva sulle legittime resistenze ad alcuni suoi atti. Ma si basano su grossi fraintendimenti circa l’accettazione da parte della Chiesa e i gradi del magistero.

Ecclesia 29_08_2024 English Español
La Presse  (Riccardo Antimiani/Pool)

In un recente articolo pubblicato su LifeSiteNews (qui la traduzione in italiano) che porta la firma di Matthew McCusker si sostiene la tesi che l'adesione pacifica universale della Chiesa al Papa non proverebbe che Francesco sia il Papa legittimo. Secondo l'autore, questa tesi teologica, che egli ammette essere sostenuta da un «numero impressionante di teologi cattolici», porterebbe ad una contraddizione: «da un lato, l’accettazione pacifica e universale [universal peaceful adherence, n.d.a.] dà la certezza infallibile che un uomo è veramente il Papa. Dall’altro lato, un uomo che possiede l’accettazione pacifica e universale potrebbe, secondo Billot e altri, cessare di essere il Papa».

Correttamente l'autore mostra che gli stessi teologi – il riferimento è in particolare a Louis Billot – che sostengono l'adesione pacifica universale come criterio decisivo per capire chi è il Papa, ammettono però che il Papa possa decadere per eresia notoria. Ci si troverebbe dunque nella seguente apparente contraddizione (vedremo il perché dell'aggettivo): quel Papa che è “consacrato” tale dalla accettazione universale, non sarebbe in realtà Papa in quanto eretico; Tizio sarebbe dunque Papa secondo il primo criterio e non Papa considerando il secondo.

Per uscire dalla contraddizione, l'autore ritiene che occorra verificare più da vicino il senso dell'accettazione pacifica universale, che si basa sul fatto di considerare il Papa quale «regola vivente della fede». Ora, McCusker afferma che in realtà non vi è alcuna adesione universale a Francesco quale «regola vivente della fede», il che dimostrerebbe che non ci sia dunque nemmeno un'adesione pacifica universale. A sostegno di ciò, l'autore riporta le numerose occasioni in cui parte dell'episcopato si è opposto agli insegnamenti di Francesco, concludendo che si può vedere «con grande chiarezza» che «Francesco si allontana pubblicamente dalla regola di fede proposta dal magistero della Chiesa cattolica» e che «parti significative dell’episcopato rifiutano di seguirlo come “regola vivente della fede”». Non seguendo i vescovi Papa Francesco come regola vivente della fede, dunque mancherebbe l'accettazione pacifica universale.

Purtroppo però, le considerazioni dell'autore sono piene di inesattezze e di non sequitur, che lo portano a vedere una contraddizione laddove essa non esiste affatto ed approntare una via d'uscita che travisa completamente il senso dell'adesione pacifica universale.

Punto primo: l'adesione pacifica universale non è una tesi sostenuta da molti teologi, ma un fatto dogmatico, come espressamente ricordato dalla Nota dottrinale del 1998. Rimando agli articoli dedicati all'argomento per comprendere bene ciò di cui stiamo parlando (qui, qui, qui e qui). Qui basti richiamare il fatto che dall'adesione pacifica universale si passa al Papa come regola vivente della fede e non il contrario: se l'elezione di Tizio come Papa è universalmente accettata, dunque Tizio va seguito come regola vivente della fede (tra poco si spiegherà cosa significa), ma non vale il contrario. Ossia, se vi sono dei vescovi che in seguito si rifiutano di seguire il Papa come regola vivente della fede ciò non significa che non vi sia l'accettazione pacifica universale, in quanto quest'ultima si riferisce all'elezione, non a vicende successive. Altrimenti accadrebbe che qualsiasi contestazione all'insegnamento del Papa metterebbe in dubbio la legittimità della sua elezione.

Punto secondo: la contraddizione evocata dall'autore semplicemente non esiste. L'adesione universale afferma, infatti, che un Papa, la cui elezione non viene contestata dai vescovi, è il Papa legittimo. E tale accettazione pacifica universale scioglie ogni eventuale dubbio su presunte irregolarità del conclave o qualsivoglia dubbio in merito alla sua persona. Ma non afferma affatto che egli non possa in seguito cadere nell'eresia. Un Papa può essere universalmente riconosciuto nel primo senso, e poi cadere in eresia e cessare di essere Papa. Dove starebbe la contraddizione? Nel libro Gamma della Metafisica, Aristotele enunciava così il principio di non contraddizione: «È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo». In questo caso il medesimo attributo (essere Papa), viene attribuito al medesimo soggetto, ma in tempi diversi.
Riguardo poi alla questione del Papa eretico, rimando alle importanti precisazioni fatte qui, con le quali in sostanza si mostra come anche per San Roberto Bellarmino il Papa decadrebbe per eresia solo quando interviene un giudizio (dichiarativo, non coercitivo) della Chiesa e non quando semplicemente pronuncia un'eresia ed ancor meno se si tratta di un errore dottrinale.

Terzo punto: l'autore equivoca sul Papa come regola vivente della fede. Eppure egli stesso cita un testo del rev. Sylvester Berry che avrebbe impedito, se ben compreso, di cadere nel fraintendimento. Berry spiega perché è così importante il fatto dogmatico dell'adesione pacifica universale: se la Chiesa potesse aderire universalmente ad uno che Papa in realtà non è, allora sarebbe sempre possibile mettere in discussione la legittimità di questo o quel Papa e dunque anche degli insegnamenti infallibili o definitivi da lui pronunciati. Ecco infatti gli esempi portati da Berry: «il Concilio Vaticano [Primo, n.d.a.] era veramente ecumenico? Pio IX era un Papa legittimo? L’elezione di Pio IX era valida? Tali questioni devono essere decise con certezza prima che i decreti emanati da qualsiasi concilio o Papa possano essere accettati come infallibilmente veri o vincolanti per la Chiesa» (corsivo nostro). Detto in altro modo: io potrei mettere in dubbio gli insegnamenti infallibili del Vaticano I o dell'Immacolata Concezione, mettendo in dubbio la legittimità dell'elezione del cardinale Mastai Ferretti.

Ma è evidente che Berry sta parlando di insegnamenti infallibili (o almeno definitivi), non di qualsiasi insegnamento del pontefice. Seguire il Papa come “regola vivente della fede” dev'essere inteso secondo il più ampio insegnamento dei gradi di pronunciamento del Magistero, cosa che McCusker dimentica di fare. Le opposizioni di alcuni vescovi da lui richiamate non si sono rivolte infatti a insegnamenti del Papa infallibili o definitivi (non ve ne sono, per ora, in questo pontificato), ma a insegnamenti che rientrano nel magistero autentico o altre esternazioni nemmeno magisteriali. Quando si resiste dunque al Papa che sbaglia non si smette affatto di aderire a lui come “regola vivente della fede”, ma si esercita un diritto/dovere previsto dalla legge stessa della Chiesa, proprio perché il Papa non sta impegnando un grado di magistero che richiede un'adesione di fede teologale, né l'assenso fermo e definitivo da dare ai pronunciamenti definitivi.

L'autore incalza: «La Chiesa cattolica ha infatti rifiutato di aderire alla falsa regola della fede, come si vede dal numero di cattolici a tutti i livelli della Chiesa – laici, vescovi e cardinali – che hanno pubblicamente respinto le eresie insegnate da Francesco, sia nel Catechismo emendato, Amoris lætitia, sia in altri documenti pubblicati con uno status apparentemente ufficiale». Ma il punto non è lo «status ufficiale» (ma che vuol dire?) di un documento, ma il grado magisteriale delle sue asserzioni.

La conclusione dell'autore pertanto è del tutto errata e fuorviante. Vediamola (i numeri non sono presenti nel testo originale, ma sono stati introdotti per rendere più facilmente comprensibile la contro-argomentazione): «In sintesi, 1. se la Chiesa aderisce pacificamente e universalmente a un uomo come Papa, aderisce a lui come sua regola vivente di fede. 2. Ma la Chiesa non aderisce pacificamente e universalmente a Francesco come sua regola vivente di fede. La Chiesa non aderisce universalmente e pacificamente a Francesco come Papa. 3. Pertanto, l’argomento dell’adesione universale e pacifica non può essere utilizzato per giungere alla conclusione che Francesco sia il Papa».

Quanto al punto 1, si è visto come questo aderire al Papa come regola vivente della fede dev'essere compreso alla luce dell'integrale insegnamento della Chiesa sui gradi di pronunciamento del magistero, aspetto che l'autore purtroppo manca di considerare. Punto 2: non vi è un solo vescovo legittimo che abbia contestato la legittimità dell'elezione di Francesco, né vi è alcun vescovo (Viganò è attualmente scomunicato) che ritenga che egli non sia Papa; vi sono semmai vescovi che contestano asserzioni non infallibili e non definitive, dunque pronunciate dal Papa non in quanto regola vivente della fede. Punto 3: l'argomento dell'adesione pacifica universale mantiene pienamente la sua pertinenza e cogenza. E nemmeno si può dedurre che Francesco non sia Papa per eresia, dal momento che la Chiesa non ha (per ora) rivolto contro di lui alcun giudizio dichiarativo (che secondo alcuni autori non sarebbe nemmeno possibile o auspicabile).
 



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