La Web Tax colpisce gli editori che pagano due volte
La Web tax è la nuova imposta sui servizi digitali che verrà introdotta con la legge di bilancio 2019. Concepita per i colossi del Web che non pagano le tasse in Italia, va a colpire tutte le aziende che operano con loro. Fra cui gli editori, che pagheranno due volte: Web Tax e tasse italiane
La Web tax è la nuova imposta sui servizi digitali che verrà introdotta con la legge di bilancio 2019 e che il governo intende inserire nella manovra attraverso il pacchetto di modifiche in discussione in queste ore.
La tassa prevede un'aliquota al 3% per le imprese del web che realizzano ricavi derivanti da beni e servizi, ma anche dalla vendita di pubblicità e big data. L’obiettivo della nuova digital tax è quello di correggere i saldi della manovra e di regolamentare il mercato dei beni e servizi su internet. L’imposta andrà a interessare ''i soggetti esercenti attività d'impresa che singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare realizzano'' uno dei seguenti risultati: un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750 milioni; un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a 5,5 milioni.
La web tax, come imposta sulle transazioni digitali, colpisce quindi le imprese italiane che operano ad esempio con Google, Facebook, Booking, Apple, Expedia, Airbnb ed altri, ed utilizzano i loro servizi dematerializzati, quali piattaforme ed applicazioni digitali, magazzini virtuali, raccolta dati personali. Oltre a colpire i giganti digitali, la tassa andrebbe ad applicarsi anche alle principali imprese editoriali del nostro paese, con un gettito previsto di oltre 1,3 miliardi nel triennio 2019/2021. Nelle casse dello Stato dovrebbero infatti entrare 150 milioni nel 2019, 600 nel 2020 e 600 nel 2021. Insieme al danno, quindi, la beffa: una norma voluta per colpire gli Ott (Over the top) che non pagano le tasse nel nostro Paese andrebbe a gravare ulteriormente sui gruppi editoriali che già pagano le tasse in Italia. Sarebbe, probabilmente, il colpo di grazia sull’editoria tradizionale, che sta cercando di sopravvivere integrando il cartaceo con il web e sfruttando le sinergie editoriali, mentre con una web tax così concepita si troverebbe a pagare due volte le tasse.
Andrea Monti Riffeser, Presidente della Fieg, ha subito manifestato "sconcerto e stupore" per la nuova tassa messa a punto dal Governo, da lui definita «una imposta che colpisce i ricavi anche delle aziende italiane del settore già soggette al prelievo ordinario, con una nuova tassa che rischia di deprimere ulteriormente i bilanci delle imprese». La web tax dovrebbe essere uno strumento per il riequilibrio della concorrenza dei diversi operatori nel mercato digitale e per far pagare le tasse a chi oggi non le paga in Italia, ma non può costituire, come ha aggiunto Riffeser, «un alibi per una forma generalizzata di nuova tassazione sulle imprese italiane del settore con il rischio di riduzione degli investimenti e della occupazione».
Anche Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale, ha lanciato l’allarme e parlato di “rischio boomerang” per le imprese italiane, aggiungendo: «Non è difficile prevedere l’impatto sui consumatori italiani sotto forma di aumento dei prezzi di beni e servizi, anche quelli tradizionali, ma comprati sulle piattaforme digitali, così come sullo sviluppo tecnologico, sulla possibilità per nuove società innovative di emergere e, in generale, sull'export. Non c'è che una sola via quindi: accelerare al massimo il lavoro già in corso in sede Ue, la cui definizione è attesa per i prossimi mesi».
Dal punto di vista dei partiti di governo, i pareri sulla web tax non sono allineati: la Lega è sempre stata favorevole, mentre lo stesso vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio si è detto contrario poiché "rischia di distorcere il mercato". Di Maio si è altresì impegnato in prima linea perché siano tassati solo i giganti del web e in ogni caso senza danneggiare il mercato italiano in espansione. Il Ministero dello sviluppo economico (Mise) sarà l'argine contro derive anti-web, così ha assicurato il leader pentastellato.
Nel frattempo, però, dopo la Francia anche l’Italia opta per una soluzione nazionale del problema della tassazione dei colossi del web, di fatto rinunciando ad una concertazione con i partner europei, che invece sarebbe opportuna per una uniformità di trattamento degli Over the top sull’intero territorio del Vecchio Continente. Il rischio di una tassazione Stato per Stato è che i giganti della Rete decidano di privilegiare il business negli Stati dove ricevono un trattamento più favorevole. E ciò determinerebbe squilibri nell’economia digitale. Auspicabile un ripensamento.