La virtù di religione - Il testo del video
Essa è parte della virtù cardinale della Giustizia, in quanto rende a Dio ciò che gli è dovuto, ovvero il culto. E inoltre ordina a Dio le altre virtù. L’altro aspetto della virtù di religione è il servizio a Dio, come accettazione di una propria sottomissione a Lui, giusta, doverosa e amorosa.
Siamo all'interno del commento al primo articolo del Credo: "Credo in un solo Dio", e del suo corrispondente che è il primo comandamento. Abbiamo anche visto che la rivelazione di Dio come Dio unico richiede da parte dell'uomo un’accoglienza e una risposta ed abbiamo visto come il Catechismo indichi nelle tre virtù teologali - Fede, Speranza e Carità - la risposta più adeguata a Dio.
C'è un altro aspetto importantissimo e totalmente dimenticato nei nostri tempi: a Dio che si rivela l'uomo deve rispondere secondo giustizia, ovvero rendendogli ciò che gli è dovuto.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, negli articoli che vanno dal 2095 al 2109, sviluppa la Virtù di Religione, che è annessa ad una virtù cardinale che è la Giustizia.
Le quattro virtù cardinali sono: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza. La Giustizia si definisce solitamente come quella virtù che ci inclina a rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto.
San Tommaso, nella quaestio 80, spiega:
"Vediamo in primo luogo che quanto l'uomo rende a Dio è cosa dovuta: ma non può essere cosa adeguata, in modo da rendere ciò che si deve; poiché sta scritto: "Che renderò io al Signore per tutti i benefici che mi ha elargito?".
Anche a Dio l'uomo deve rendere quanto dovuto, ma proprio perché è Dio ed è infinito, ciò che gli rende non è mai adeguato.
San Tommaso dedica una parte consistente della Somma Teologica a spiegare questo.
Il fatto che LA VIRTÙ DI RELIGIONE sia sparita dal nostro panorama è un fatto veramente grave, perché ha a che fare con l'uomo “naturale”, precedente la Rivelazione di Dio. E non è un caso che san Tommaso per parlare della virtù di religione citi un pagano, ovvero Cicerone, con la sua opera il De inventione.
In questa opera la religione viene definita "ciò che rende ad una natura di ordine superiore che chiamiamo divina i doveri di culto". Per questo la virtù di religione si colloca all'interno della virtù di Giustizia, ma come una parte speciale di questa virtù, a motivo dell’eccellenza di Dio.
- Ma che cosa mai possiamo rendere a Dio? IL CULTO.
E siccome Dio è l'unico Dio, solo a Dio si rende il culto.
Infatti se si prende la formulazione del primo comandamento del Catechismo della Chiesa Cattolica, oltre a quella che è presente sia nel libro dell'Esodo, sia nel libro del Deuteronomio, troviamo anche Matteo 4,10 ovvero la risposta di Gesù al tentatore, allorché Gesù dice: "Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto".
A questo tema san Tommaso dedica la quaestio 81 e nel primo articolo focalizza l'essenza di questa virtù; citando nuovamente il testo di Cicerone, commenta che "questa virtù di religione dice propriamente ordine a Dio".
"La religione ha due serie di atti. Alcuni propri ed immediati, che vengono emessi direttamente, e che ordinano l'uomo a Dio soltanto: come il sacrificio, l'adorazione e altre cose del genere. Altri invece li produce mediante le virtù cui essa comanda, ordinandoli all'onore di Dio: poiché la virtù che ha per oggetto il fine comanda alle virtù che hanno per oggetto i mezzi ad esso ordinati. Ecco perché "visitare gli orfani e le vedove nelle loro tribolazioni", che è un atto di misericordia, è considerato come un atto di religione; parimente "conservarsi puro da questo mondo" appartiene alla religione come atto imperato, mentre come atto elicito appartiene alla temperanza o ad altre virtù di questo genere".
San Tommaso dà questa risposta perché poneva questa obiezione, molto diffusa anche oggi, allorché si nega che a Dio spetti il culto propriamente detto, ma sia sufficiente l’amore verso il prossimo:
"S. Giacomo ha scritto: "La religione pura e immacolata agli occhi di Dio e del Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro tribolazioni e conservarsi puro da questo mondo". Ma visitare gli orfani e le vedove sono atti che dicono ordine al prossimo; e il "conservarsi puro da questo mondo" si riferisce all'ordine che l'uomo deve avere in sé stesso. Dunque la religione non si limita a ordinare i rapporti con Dio".
Quindi san Tommaso spiega che è vero che la virtù di religione ha a che fare direttamente con Dio attraverso gli atti di culto, e nel contempo ordina altre virtù a Dio.
Nella risposta alla terza obiezione san Tommaso spiega inoltre che la religione include il culto e la latria.
"Ora, è evidente che a Dio il dominio è dovuto sotto un aspetto del tutto singolare; e cioè per il fatto che egli è creatore di tutte le cose, e ha una preminenza assoluta su tutti gli esseri. - Ecco perché a lui si deve una forma speciale di servitù, che i greci chiamano latria. Questa perciò appartiene propriamente alla religione".
San Tommaso insiste sulla unicità della virtù di religione, ovvero che ci ordina a Dio secondo giustizia, nonostante non sia mai adeguato quello che a Dio rendiamo, in ragione della specificità, dell'eccellenza di Dio. E a Dio ci si ordina direttamente attraverso gli atti di culto e tramite la latria, che è un servizio che non è paragonabile al servizio che possiamo prestare alle altre persone. Nel contempo, le altre virtù vengono ordinate in modo architettonico a Dio da questa virtù di religione.
La cosa fondamentale da capire è che la virtù di religione esige, come atto di giustizia, che a Dio si esibisca un culto ed un culto vero e proprio, fatto di sacrificio, adorazione e degli altri atti che tradizionalmente chiamiamo atti cultuali; sono proprio questi che manifestano il riconoscimento che Dio è unico, eccellente, sovra-eminente. Se noi diciamo che tutto è atto di culto a Dio – e dunque non c’è bisogno del culto strettamente parlando - facciamo venir meno l'idea che Dio sia distinto e superiore agli uomini e sia l'origine, la fonte, la causa, ovvero il Creatore di tutto ciò che è. Perciò devono esistere degli atti, gli atti appunto di culto, che vengono rivolti solo ed esclusivamente a Dio.
Articolo 3. San Tommaso insegna che la virtù di religione, pur essendo composta di molti atti esterni ed interni (lo vedremo nelle prossime lezioni), tuttavia è una virtù unica.
- COSA VUOL DIRE UNICA?
Significa che esprime e presta riverenza a Dio "secondo un'unica ragione, cioè in quanto primo principio della creazione e del governo dell'universo".
Questo unico atto si declina in due grandi modalità:
"L'uomo con un medesimo atto serve Dio ed esercita un culto verso di lui: poiché il culto mira all'eccellenza di Dio, cui si deve riverenza; mentre la servitù mira alla sottomissione dell'uomo, il quale, per la sua condizione, è tenuto a prestare riverenza a Dio. Ora, tutti gli atti attribuiti alla religione si riducono a questi due: poiché con essi l'uomo protesta da un lato l'eccellenza divina e dall'altro la propria sottomissione a Dio, o presentandogli qualche cosa, o usando le cose di Dio".
Questi sono dunque i due grandi aspetti della virtù di religione:
- CULTO A DIO, con la quale l'uomo riconosce l'eccellenza divina
- SERVIZIO A DIO, come accettazione di una propria sottomissione a Lui, giusta, doverosa e amorosa
L'articolo 4 è molto importante perché san Tommaso analizza la specificità della virtù di religione e spiega perché sia una virtù distinta dalle altre, inclusa la giustizia.
"Ora, il bene cui è ordinata la religione è quello di rendere a Dio l'onore a lui dovuto. Ma l'onore si deve a una persona a motivo della sua eccellenza. Ebbene, a Dio compete un'eccellenza del tutto singolare".
Facciamo ora attenzione a due obiezioni che san Tommaso presenta e a come le risolve.
1. San Tommaso cita Sant'Agostino il quale scrive: "È un vero sacrificio qualsiasi opera compiuta da noi per unirci a Dio in una santa società". Ma il sacrificio rientra nella religione. Dunque qualsiasi atto di virtù appartiene alla religione. Quindi questa non è una speciale virtù".
A questa obiezione san Tommaso risponde che "qualsiasi atto di virtù può dirsi un sacrificio, in quanto è ordinato all'onore di Dio. Perciò non ne segue che la religione sia una virtù generale, ma che comanda a tutte le altre virtù, come sopra abbiamo detto".
2. San Tommaso cita san Paolo quando dice: "Fate tutto per la gloria di Dio". Ora, alla religione spetta di fare delle cose per riverenza verso Dio, come sopra abbiamo detto. Perciò la religione non è una virtù speciale.
San Tommaso ribatte che "tutte le cose in quanto sono compiute a gloria di Dio appartengono alla religione, non perché questa le compie, ma perché le comanda. La religione compie direttamente quelle opere che per la loro natura sono un ossequio a Dio".
Nell'articolo 5, san Tommaso distingue la virtù di religione dalle virtù teologali, in quanto queste ultime hanno Dio per oggetto proprio, mentre nella virtù di religione Dio è il fine, ma l'oggetto proprio sono i mezzi del culto.
Dunque la virtù di religione non è una virtù teologale, ma (art. 6) è la virtù più eccellente tra le virtù morali, in quanto “compie degli atti che in modo diretto e immediato sono ordinati all'onore di Dio". Di nuovo torna l’idea dell’immediatezza con cui questa virtù ordina a Dio.
Infine, nell’art. 7, San Tommaso si domanda se il culto di latria abbia degli atti esterni e risponde:
"Sta scritto: "Il mio cuore e la mia carne esultano verso il Dio vivente". Ora, come gli atti interni appartengono al cuore, così quelli esterni appartengono alle membra della nostra carne. Dunque Dio deve essere onorato nel culto non solo con atti interni, ma anche con atti esterni".
San Tommaso elimina la contrapposizione che oggi spesso si fa tra atti interni di culto ("adorare in spirito e verità") e atti esterni che non si ritengono necessari. Nella Summa invece si spiega che l'anima, essendo incarnata in un corpo, nel suo rapporto con Dio ha bisogno ordinariamente di realtà sensibili.
"Perciò nel culto divino è necessario servirsi di cose materiali come di segni, mediante i quali l'anima umana venga eccitata alle azioni spirituali che la uniscono a Dio. La religione, quindi, abbraccia atti interni, che sono principali ed essenziali per la religione; e atti esterni, che sono secondari e ordinati a quelli interni".