La violenza e la scuola di antifascismo militante
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Il pestaggio di due studenti di sinistra di fronte al liceo Michelangiolo di Firenze è un fatto sicuramente grave. Anche se non è chiaro chi abbia attaccato per primo. Però l'indignazione alimentata da presidi di scuole superiori è destabilizzante.
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A Firenze è tornato di colpo il fascismo. O almeno così sembrerebbe, stando alle cronache dei maggiori quotidiani italiani sul pestaggio di due ragazzi dei collettivi di sinistra di fronte al liceo Michelangiolo di Firenze.
Inizialmente la notizia era: squadristi di estrema destra, adulti, attendono studenti fuori dalla scuola per picchiarli. Poi è emerso il dubbio che il pestaggio non fosse neppure deliberato o premeditato. Un professore del Michelangiolo che mantiene l’anonimato spiega al quotidiano La Nazione «C’era questo volantinaggio dei ragazzi della destra. Sono usciti quelli dei Collettivi e hanno cominciato ad insultarli e strappare i volantini. Hanno tirato delle spinte e a quel punto quelli di Azione Studentesca hanno cominciato a picchiare. E sicuramente hanno esagerato». Il docente non dice il suo nome, perché la sua “è una scuola molto politicizzata”.
Sicuramente un pestaggio per motivi politici è un fatto grave. Non va sottovalutato, ma i fatti devono essere accertati molto meglio dalle indagini della polizia prima di spiccare un verdetto definitivo. Non è neppure un caso unico: anche se non ha suscitato altrettanto scalpore, c’è anche da ricordare l’aggressione del 19 maggio scorso ai danni di un gruppo di ragazzi di Azione Studentesca a Bologna, da parte di un gruppo molto più numeroso dei militanti dei collettivi di estrema sinistra. Tre i feriti, in quell’occasione, con lesioni che hanno comportato una o due settimane di prognosi.
Eppure solo nel caso di Firenze si è assistito ad una indignazione nazionale. Annalisa Savino preside del liceo Leonardo Da Vinci di Firenze, ha lanciato l'allarme fascismo con una lettera aperta, a seguito del pestaggio del Michelangiolo, senza attendere l’esito delle indagini. La preside ricorda, nella sua missiva diventata ormai celebre: «Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. “Odio gli indifferenti”, diceva un grande italiano, Antonio Gramsci che i fascisti chiusero in carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalle sue idee». La professoressa Savino delinea anche le caratteristiche del nuovo fascismo, per chi si chiedesse cosa intenda: «Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé».
A seguito della pubblicazione di questo testo, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha stigmatizzato: «È una lettera del tutto impropria», come ha dichiarato alla trasmissione Mattino 5. «Mi è dispiaciuto leggerla, non compete ad una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c'è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c'è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo o con il fascismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l'atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure».
Ma nel frattempo era stata fatta circolare una seconda lettera, a firma del professor Luca Stefani, preside dell’istituto superiore Salvemini-Duca d’Aosta, ancora più dura ed esplicita, sull’episodio di violenza avvenuto «di fronte alla sua scuola della Repubblica Italiana, nata dalla resistenza al nazi/fascismo, e in Firenze Medaglia D'oro per la Resistenza, ci riporta con la memoria ai tempi bui del c.d. 'ventennio’ dove imperava il pensiero unico e la vita delle persone era scandita da riti propagandistici ossessivi e deliranti. La violenza squadrista, come allora, si ripropone oggi con tutta la sua violenza ed aggressività ideologica e fisica». Il preside di questo istituto superiore fiorentino lancia anche un vero e proprio appello alla mobilitazione e alla resistenza: «nella vita è necessario schierarsi e, senza accontentarci di tiepide deprecazioni per l'accaduto, tutti noi dobbiamo schierarci contro il fascismo e la sua malsana ideologia basata sulla violenza che nella Repubblica Italiana per Costituzione non può avere assolutamente diritto ad esistere. Dobbiamo vigilare e tenere alta la guardia e sfidare ogni veleno autoritario ed antidemocratico che in maniera strisciante riaffiora dalla palude della storia come un'Idra le cui teste non sono mai state del tutto mozzate. Si invitano i docenti - conclude - a dare lettura della presente alle classi».
In un clima così avvelenato, non stupisce più di tanto che a Firenze si sia poi tenuta una manifestazione anti-fascista, con bandiere sovietiche e jugoslave al vento, dove si inneggiava alle foibe e si scandiva “Meloni sei prima della lista”. Ma di fronte a questa esplicita predicazione di odio, la dirigente scolastica Savino, intervistata dal Corriere della Sera, si limita a commentare: «Il disagio generazionale c’è e gli anni della pandemia che abbiamo alle spalle non hanno fatto che aumentare questa situazione. Manifestare, dopo l’episodio accaduto, era giusto. E se nella manifestazione ci sono stati, come sempre accade, alcuni che hanno travisato e approfittato per parlare d’altro con toni e parole fuori luogo, dispiace molto. Ma l’alternativa è non manifestare più per paura? Questo non mi pare giusto».
Da questo episodio si possono trarre tre lezioni, almeno. La prima è che la violenza politica è un fenomeno grave, ma a quanto pare fa notizia solo se ad avere la peggio sono i militanti di sinistra (a prescindere da chi abbia iniziato la rissa). Secondo: la sinistra italiana, divisa e disorganizzata dopo la sconfitta delle ultime elezioni, vive praticamente solo grazie al comune allarme antifascista. Come sempre è stato, negli ultimi decenni. Questo fa sì che ogni episodio di violenza torni utile per tornare a rinfocolare la paura di un ritorno di fiamma dello squadrismo e della dittatura, anche se le parole stesse della preside Savino dimostrano che nella categoria “fascismo” rientra un po’ tutto quel che c’è a destra, anche solo chi si oppone all’immigrazione illimitata (l’accenno alla difesa delle frontiere e dei muri è chiaro). Infine, chiediamoci cosa siano diventate le nostre scuole. Se i presidi si sono presi l’incarico di mantenere viva una coscienza anti-fascista ed un testimone chiave deve tenere nascosto il nome per paura di una scuola “politicizzata”, immaginiamo in che ambiente studiano e seguono le lezioni i ragazzi della generazione Z. Il ministro Valditara, con la sua risposta, dimostra di non volersi piegare a questo clima di indottrinamento politico, ma un ministro, da solo, non basta.