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RITIRO OCCIDENTALE

La travolgente avanzata talebana in Afghanistan

La gran parte dei contingenti europei ha già evacuato la nazione asiatica e il Pentagono ha reso noto che oltre il 90 per cento dei suoi ultimi 2.500 militari rimasti è già stato rimpatriato. Ma sui campi di battaglia i talebani avanzano ovunque, spesso senza incontrare resistenza.

Esteri 09_07_2021

Mentre in Italia il dibattito sul ritiro delle truppe alleate da Kabul si limita alle polemiche per l’assenza di personalità governative ad accogliere il rientro degli ultimi paracadutisti rientrati da Herat, il governo di Kabul deve fare i conti con la massiccia offensiva talebana che sta dilagando in tutto il paese. Una quindicina i distretti caduti in mano agli insorti negli ultimi giorni che portano quelli in mano talebana a circa un terzo dei 370 distretti in cui è suddiviso l’Afghanistan. 

Ieri il Primo ministro britannico Boris Johnson ha formalizzato alla Camera dei Comuni l'avvenuto ritiro dall'Afghanistan degli ultimi soldati di Sua Maestà.  "Tutte le truppe britanniche dislocate in Afghanistan nell'ambito della missione Nato stanno tornando a casa", ha detto Johnson. "Non rivelerò - ha aggiunto in una dichiarazione scritta letta di fronte all'assemblea di Westminster - l'esatta tempistica del nostro ritiro, ma posso dire alla Camera che il grosso del nostro personale è già partito". 

Il capo di Stato maggiore della Difesa britannico, generale Nick Carter, ha definito "plausibile" che l'Afghanistan possa collassare dal punto di vista della sicurezza senza la presenza delle forze armate internazionali replicando una situazione simile a quella della guerra civile degli anni Novanta, "in cui ci sarà una cultura dittatoriale e potreste vedere alcune importanti istituzioni locali, come le forze di sicurezza, spezzarsi lungo linee etniche o tribali. Se ciò dovesse accadere, immagino che i Talebani potrebbero controllare una parte del Paese, ma certamente non tutto”.

La gran parte dei contingenti europei ha già evacuato la nazione asiatica e il Pentagono ha reso noto il 7 luglio che oltre il 90 per cento dei suoi ultimi 2.500 militari rimasti è già stato rimpatriato. La Casa Bianca ha confermato che il ritiro verrà completato entro l’11 settembre ma di fatto le forze americane non ci sono già più come dimostrano le sei basi già riconsegnate alle truppe afghane e molto presto a Kabul vi saranno soltanto i 650 marines a cui è assegnata la difesa dell’ambasciata statunitense.

Che più di un ritiro si tratti di una rapida fuga sembrano confermarlo anche le notizie di basi evacuate senza neppure avvisare le truppe afghane.  Come è accaduto nella grande base aerea di Bagram, dove il comandante afghano, generale Asadullah Kohistani, ha riferito alla Bbc che gli Usa hanno lasciato la base alle 3 di notte ma le forze afghane l'hanno scoperto solo alcune ore dopo. 

Sui campi di battaglia i talebani avanzano ovunque, spesso senza incontrare resistenza. In diverse aree del sud e dell’est intere guarnigioni governative si sono arrese dopo negoziati mediati da autorità tribali, consegnando armi ed equipaggiamenti ai talebani che sono giunti ormai alle porte di Kandahar anche se la situazione più grave sembra registrarsi nel nord dove gli insorti hanno collezionato in pochi giorni un'ondata di vittorie.

Oltre mille soldati afgani sono fuggiti all'avanzata dei talebani attraversando il confine con il Tagikistan, il cui governo ha ordinato la mobilitazione di 20mila riservisti militari per rafforzare il confine con l'Afghanistan. Le truppe afghane sono fuggite oltre il confine per "salvarsi la vita", hanno spiegato le guardie di frontiera di Dushanbe. E' la terza volta nell’ultima settimana che i militari hanno riparato nel Paese frontaliero e in totale si stima che quasi 1.600 soldati abbiano attraversato il confine tagiko mentre altri si sono rifugiati anche in Pakistan e in Uzbekistan.

La fuga dei militari di fronte ai talebani che stanno dilagando nei distretti nella provincia nord-orientale di Badakhshan, molti dei quali crollati senza combattere, conferma quanto fosse falsa la propaganda diffusa per anni da NATO e Stati Uniti circa le capacità raggiunte dai militari afghani addestrati dagli occidentali di combattere da soli gli insorti.

Una gigantesca fake news, che ha costituito l’alibi per il disimpegno occidentale dall’Afghanistan.

Secondo quanto riferito, i consolati di Turchia e Russia hanno chiuso a Mazar-e-Sharif, la capitale della provincia settentrionale di Balkh e la quarta città più grande dell'Afghanistan. L'Iran ha affermato di aver limitato le attività presso il suo consolato in città. Ci sono stati combattimenti nella provincia ma la capitale provinciale è stata relativamente pacifica.

Nella vicina provincia di Badghis i talebani hanno preso per qualche ora il controllo del capoluogo Qala-i-Naw, 75 mila abitanti. Le truppe governative in questo settore hanno reagito con unità di forze speciali e raid aerei che hanno preso parte a una controffensiva che ha portato ieri alla riconquista della città. 

"Il nemico ha avuto pesanti perdite e adesso stiamo avanzando per cacciarlo", ha detto il comandante delle forze speciali Sayed Nezami. Un portavoce del ministero dell'Interno ha dichiarato che la città è libera dai combattenti talebani e sotto il completo controllo delle forze afgane. 

Le truppe russe interverranno militarmente in difesa del Tagikistan, che è ''nostro alleato'', nel caso in cui venisse attaccato dal territorio afghano, ha detto ieri il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. "Siamo alleati con il Tagikistan. E se ci sarà un attacco al Tagikistan, ovviamente, sarà un argomento immediato da considerare", ha detto nel corso di una conferenza all'Università Federale dell'Estremo Oriente, aggiungendo che ''invieremo truppe''. Lavrov ha quindi ricordato che rappresentanti del segretariato dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva hanno visitato il confine tagiko-afghano e la situazione è stata esaminata in una riunione del consiglio permanente. La Russia schiera già in Tagikistan una brigata meccanizzata dell’esercito e una base aerea con cacciabombardieri ed elicotteri.

Del resto il Tagikistan ha chiesto ieri all'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) assistenza per fare fronte alla crisi al confine afghano controllato ormai per il 70 per cento dai Talebani. Il trattato CSTO tra alcune repubbliche ex sovietiche (ne fanno parte Russia, Bielorussia, Armenia, Tagikistan, Kirghizistan e Kazakhistan con Serbia e Afghanistan ammessi come “osservatori”) prevede l'intervento collettivo a difesa di uno dei membri attaccato.

Nei giorni scorsi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva comunque escluso che Mosca potesse inviare forze militari in Afghanistan.

L'Afghanistan si trova in una "situazione molto delicata" e la "guerra si fa più cattiva" ha affermato il ministro afghano della Difesa, Bismillah Mohammadi. "Le nostra forze nazionali utilizzeranno tutta la loro potenza e tutte le loro risorse per difendere la nostra patria e il nostro popolo".

Sono però in molti a ritenere che senza il supporto dell’Occidente le forze governative non potranno resistere a lungo. Il presidente afghano Ashraf Ghani ha ammesso ieri che la transizione è arrivata a "una delle fasi più complicate".