La tesi del Papa illegittimo, una falsa soluzione alla crisi
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Le teorie sulla pretesa invalidità di Francesco offrono una falsa diagnosi sui mali della Chiesa e un rimedio anche peggiore. Se fossero vere si aprirebbe un vicolo cieco con gravi conseguenze per la salvezza delle anime, come spiega mons. Athanasius Schneider in questo scritto inviato a La Bussola.
In merito alle recenti polemiche sulla pretesa invalidità della rinuncia di Benedetto XVI e dell’elezione di Francesco, pubblichiamo un intervento, scritto per La Bussola da mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana (Kazakistan).
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Il principio guida più sicuro in tale questione cruciale per la vita della Chiesa dovrebbe essere la prassi prevalente con cui erano risolti i casi di una rinuncia o rispettivamente di una elezione pontificia presumibilmente invalida. In ciò si mostrava il sensus perennis ecclesiae.
Il principio della legalità applicato ad litteram o del positivismo giuridico non era considerato nella grande prassi della Chiesa un principio assoluto, poiché nel caso della legislazione dell’elezione papale si trattava di legge umana, e non divina.
La legge umana che regolarizza l’assunzione dell’ufficio papale o la dimissione dall’ufficio papale deve essere subordinata al bene maggiore di tutta la Chiesa, che in questo caso è l’esistenza reale del capo visibile della Chiesa e la certezza su tale esistenza per tutto il corpo della Chiesa, clero e fedeli, poiché tale esistenza visibile del capo e la sua certezza sono richieste dalla natura stessa della Chiesa. La Chiesa universale non può esistere per un tempo considerevole senza capo visibile, senza il successore di Pietro, giacché da esso dipende l’attività vitale della Chiesa universale, come per esempio la nomina dei vescovi diocesani e dei cardinali, nomine che richiedono l’esistenza di un Papa valido. Da una nomina valida di un vescovo dipende a sua volta il bene spirituale dei fedeli, poiché nel caso di una nomina episcopale invalida (a causa di un Papa presumibilmente invalido), ai sacerdoti mancherebbe la giurisdizione pastorale (confessione, matrimonio). Da ciò dipendono anche quelle dispense che solamente il Romano Pontefice può concedere, e anche le indulgenze: tutto ciò per il bene spirituale e la salvezza eterna delle anime.
L’accettazione della possibilità di un prolungato tempo della sedisvacantia papalis conduce facilmente allo spirito del sedevacantismo, un fenomeno settario e quasi-eretico apparso negli ultimi sessant’anni a causa dei problemi legati al Concilio Vaticano II e ai papi conciliari e post-conciliari.
Il bene spirituale e la salvezza eterna dei fedeli è la legge suprema nel sistema normativo della Chiesa. Per questa ragione esiste il principio del “supplet ecclesia” ossia della “sanatio in radice”: cioè la Chiesa completa ciò che era contro la legge, nel caso dei sacramenti, per esempio confessione, matrimonio, cresima, o gli oneri delle intenzioni delle Messe.
Guidato da questo principio veramente pastorale, l’istinto della Chiesa ha applicato il “supplet ecclesia” o la “sanatio in radice” anche nel caso dei dubbi di una rinuncia o di una elezione pontificia. Concretamente la “sanatio in radice” di una elezione pontificia invalida si esprimeva nell’accettazione pacifica e moralmente universale del nuovo Pontefice da parte dell'episcopato e del popolo cattolico, per lo stesso fatto che tale Pontefice eletto (presumibilmente invalido) era nominato nel Canone della Messa praticamente da tutto il clero cattolico.
La storia della Chiesa è una maestra sicura in tale questione. La più lunga sedisvacantia papalis durò due anni e nove mesi (dal 29 novembre 1268 fino all'1 settembre 1271). C’erano elezioni pontificie evidentemente invalide, ossia assunzioni dell'ufficio papale invalide: per esempio, Gregorio VI è divenuto Papa poiché ha comprato il papato con una grande somma di denaro dal suo predecessore Benedetto IX nell’anno 1045. La Chiesa Romana lo ha sempre considerato come Papa valido e persino Ildebrando di Soana, che poi divenne Papa San Gregorio VII, considerava Gregorio VI Papa legittimo. Papa Urbano VI era stato eletto sotto enormi pressioni e minacce del popolo romano. Alcuni cardinali elettori temevano per la propria vita. Tale era l’atmosfera dell’elezione di Urbano VI nell'anno 1378. Durante l’incoronazione del nuovo Papa tutti i cardinali elettori gli prestavano l’omaggio e lo riconoscevano come Papa nei primi mesi. Dopo alcuni mesi però, alcuni cardinali, specialmente francesi, cominciarono a dubitare sulla validità dell’elezione a causa delle circostanze di minaccia e della pressione morale che dovevano subire. Per questa ragione questi cardinali elessero un nuovo Papa che prese il nome di Clemente VII, un francese che scelse come sua residenza Avignone. Così cominciò una delle crisi più disastrose di tutta la storia della Chiesa, il Grande Scisma Occidentale, che durò quasi quaranta anni dilacerando l’unità della Chiesa e danneggiando fortemente il bene spirituale delle anime. La Chiesa Romana ha sempre riconosciuto Urbano VI come Papa valido, nonostante i comprovati fattori invalidanti della sua elezione.
Papa Celestino V ha fatto la sua rinuncia in circostanze di pressione e insinuazioni da parte del potente cardinale Benedetto Caetani, il quale gli è succeduto come Papa Bonifacio VIII nell’anno 1294. Una parte dei fedeli e del clero di quel tempo mai riconosceva Bonifacio VIII come Papa valido a causa di queste circostanze. Però la Chiesa Romana ha considerato Bonifacio VIII come Papa legittimo, perché l’accettazione di Bonifacio VIII da parte della stragrande maggioranza dell'episcopato e dei fedeli ha sanato “in radice” le possibili circostanze invalidanti sia della rinuncia di Celestino V sia dell’elezione di Bonifacio VIII.
Applicandola concretamente al caso attuale di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco, l’ipotesi della rinuncia invalida di Benedetto XVI, e quindi dell’invalidità del papato di Francesco, si presenta propriamente come un vicolo cieco, un cul-de-sac.
Da undici anni la Sede Apostolica sarebbe de facto vacante, poiché Benedetto XVI non ha fatto nessun atto di governo, nessuna nomina episcopale o cardinalizia, nessun atto di dispensa, di indulgenze, ecc. La Chiesa universale sarebbe per questa ragione paralizzata nel suo aspetto visibile. Una tale presupposizione equivarrebbe in pratica al sedevacantismo.
Negli undici anni passati tutte le nomine di nunzi apostolici, di vescovi diocesani e di cardinali, tutte le dispense pontificie, le indulgenze concesse e lucrate da parte dei fedeli sarebbero nulle, con tutti i danni conseguenti per il bene spirituale delle anime (vescovi illegittimi, giurisdizioni vescovili invalide ecc.).
Tutti i cardinali nominati da Papa Francesco, sarebbero invalidi, cioè non-cardinali, e cioè la stragrande maggioranza dell’attuale collegio cardinalizio.
Un’altra ipotesi puramente teoretica: se Benedetto XVI fosse stato un papa estremamente progressista e quasi eretico e avesse rinunciato nel 2013 in circostanze simili a quelle avvenute allora (quindi avendo possibili elementi di invalidità) e poi fosse stato eletto un nuovo Papa di spirito assolutamente tradizionale. E questo nuovo Papa – eletto in modo presumibilmente invalido a causa della rinuncia invalida del predecessore e a causa dell’infrazione di alcune norme del conclave – cominciasse a riformare la Chiesa nel vero senso, a nominare buoni vescovi e cardinali, a emanare professioni di fede o pronunciamenti ex cathedra per difendere la fede cattolica. Certamente nessun buon cardinale, vescovo e fedele cattolico lo considererebbe un Papa illegittimo, chiedendo che lui rinunci e che il vecchio pontefice progressista ritornasse a governare.
Può anche capitare che tutti i cardinali nominati da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI muoiano; il collegio cardinalizio della Chiesa Cattolica sarebbe allora composto solamente da cardinali nominati da Papa Francesco, quindi da non-cardinali (secondo i fautori del pontificato invalido di Francesco); di conseguenza non ci sarebbe più un collegio cardinalizio, e nemmeno elettori validi, che potrebbero procedere ad una nuova elezione pontificia. La legge che dice che i cardinali sono gli unici validi elettori del Papa è in vigore dall'XI secolo ed è stata promulgata dal Romano Pontefice, perciò solamente un Romano Pontefice è competente a cambiare la legge in vigore e promulgare una norma che permetterebbe di avere altri elettori tranne i cardinali. Nel caso possibile della morte di tutti i cardinali nominati prima di Papa Francesco non sarebbe possibile eleggere validamente un nuovo Pontefice. La Chiesa si troverebbe in un vicolo cieco, senza uscita.
L’ipotesi per cui Benedetto XVI sarebbe stato l’unico Papa valido, e quindi Francesco sarebbe un Papa invalido, contraddice non solamente la provata e sensata prassi della grande tradizione della Chiesa, ma anche semplicemente il buon senso. Inoltre, si assolutizza l’aspetto della legalità, cioè della legge umana (le norme della rinuncia e dell’elezione pontificia) a detrimento del bene delle anime, poiché si creerebbe una situazione di incertezza sulla validità di atti di governo della Chiesa e con ciò si andrebbe contro la natura visibile della Chiesa, accostandosi anche implicitamente alla mentalità del sedevacantismo. Si deve seguire la via tutior (la più sicura) e l’esempio della prassi della grande tradizione della Chiesa.
Si deve rinnovare la fede che il timone della barca della Chiesa, anche in situazione di massima tempesta – a causa per esempio di un Papa eterodosso –, è saldo nelle mani del Signore e che questa tempesta è relativamente breve nell’ottica delle grandi crisi nella bimillenaria esistenza della Chiesa militante.
Ancora sulla pretesa invalidità della Declaratio di Benedetto XVI. Et de hoc satis
Il testo integrale dello studio, realizzato per La Bussola, di Geraldina Boni e Manuel Ganarin.
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