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LA RELIQUIA

La tavola dell’Ultima Cena nella Basilica Lateranense

In corrispondenza del bassorilievo di Curzio Vanni che rappresenta l’Ultima Cena, si trova la stanza, quasi nascosta, che custodisce quella che per antica tradizione è ritenuta la tavola dove Gesù istituì la Santissima Eucaristia. Due pannelli in legno di cedro, ‘testimoni’ dell’avvenimento centrale nella storia del cristianesimo e nella vita di ogni fedele.

Cultura 09_11_2021
Basilica di San Giovanni in Laterano_ bassorilievo Curzio Vanni

Centro della Chiesa cattolica, assieme ovviamente alla Basilica di San Pietro, San Giovanni in Laterano splende in un luogo santo, dove si intrecciano storia e fede, arte e bellezza e dove la musica degli angeli risuona di note celesti. La Basilica di San Giovanni in Laterano è una perla rara, tutta da scoprire e da ammirare. La sua storia inizia da lontano, dal IV secolo dopo Cristo. È, infatti, in questo periodo che nasce l’antica basilica, in una zona allora conosciuta come Horti Laterani: erano gli antichi possedimenti della famiglia dei Laterani confiscati durante l’impero di Nerone. Restituiti ai Laterani da Settimio Severo, il terreno e il palazzo che vi sorgevano pervennero infine a Costantino. L’imperatore sposò nel 307 Fausta, figlia di Massimiano: la residenza a quell’epoca era nota con il nome di Domus Faustae. E fu proprio Fausta a donare, infine, la residenza a papa Milziade. Una tradizione vuole che Costantino, uscito vittorioso dalla battaglia di Ponte Milvio (312 d.C.), come segno di ringraziamento a Cristo, fece costruire la basilica nelle prossimità del palazzo.

La dedicazione ufficiale della basilica al Santissimo Salvatore - il nome ufficiale e per esteso della basilica è “Papale arcibasilica maggiore cattedrale arcipretale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano” - sarà opera però di papa Silvestro nel 324. E fu sempre Silvestro a dichiararla Domus Dei, “casa di Dio”.

La splendida basilica che si presenta davanti ai nostri occhi è il risultato di diversi sviluppi architettonici eseguiti nei diversi secoli, fino ad arrivare al rifacimento sostanziale del Borromini, sotto papa Innocenzo X. Ori e colori risplendono in tutta la loro prorompente bellezza. Chiunque entri in questo tempio sacro non può non rimanere colpito dall’altare maggiore, sovrastato dal magnifico ciborio di Giovanni Di Stefano.

Nella basilica - oltre a mosaici, dipinti e affreschi che esprimono la fede con i tratti sublimi dell’arte - vi è un luogo, quasi nascosto, che conserva una delle più importanti reliquie del cristianesimo: la tavola dell’Ultima Cena di Nostro Signore. Il luogo dove viene custodita è difficile individuarlo, eppure campeggia in alto sopra la cappella del Santissimo Sacramento (vedi foto), posta a sinistra dell’altare maggiore. La stanza non è accessibile al popolo dei fedeli, ma c’è una sorta di “indizio” che ci parla di questo luogo sacro: è un prezioso bassorilievo d’argento massiccio di mille libbre di peso, di Curzio Vanni (XVI secolo), che rappresenta proprio l’Ultima Cena. Il bassorilievo è sorretto da due angeli modellati da Ambrogio Buonvicino (1552-1622) e fusi da Orazio Censore. Secondo documenti dell’epoca è costato ben dodicimila scudi d’oro; la rappresentazione è quella “tipica” dell’Ultima Cena: una lunga tavola, coperta da una tovaglia dalle mille piegature. Il Cristo è al centro, con una grande aureola sopra il capo, visibile anche a distanza. Accanto a lui, i dodici apostoli, divisi in due parti: sei a destra, sei a sinistra. Spicca fra tutti il discepolo prediletto: Giovanni, posto alla destra di Gesù. È l’unico che sembra quasi essere “isolato” dal resto degli apostoli. Ha la mano sul cuore, Giovanni: un cuore che palpita per il Maestro, per le Sue parole pronunciate in quel momento così importante per l’intera cristianità. Si celebra il dono del Corpo e del Sangue di Cristo: è il momento della consacrazione del Pane e del Vino. È l’Ultima Cena.

Proprio dietro a questo bassorilievo, troviamo la stanza tanto famosa: è la camera che conserva quella che - per antica tradizione - è ritenuta la tavola dell’Ultima Cena. Da evidenziare un particolare: dietro al Cristo in oro, dietro agli Apostoli, non c’è nessun fondo decorato, bensì solo un vetro. Da questo, è possibile intravedere la piccola stanza in cui è conservata la preziosa reliquia: la famosa tavola su cui Gesù ha spezzato il Pane Eucaristico, condividendolo con gli Apostoli. Una silenziosa tavola che riecheggia di quelle parole che Gesù pronunciò prima della sua Crocifissione: Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio” (Mt 26, 26-29).

La tavola dell’Ultima Cena è formata da due pannelli di metri 0,60 x 1,20 ciascuno, in legno di cedro. Secondo l’antica tradizione, sarebbe stata portata a Roma dall’imperatore Tito nell’anno 70. La preziosa reliquia faceva parte del bottino di guerra della Prima Guerra Giudaica. Una “fotografia” di questo evento è possibile trovarla all’interno dell’Arco di Tito (vedi foto), al Foro Romano: un bassorilievo molto suggestivo “narra” come le truppe romane tornarono in patria cariche del bottino preso a Gerusalemme. È difficile, però, dare una spiegazione di come e quando, precisamente, questa tavola di legno sia arrivata nella Basilica Lateranense. Ciò che però possiamo dedurre dalla Tabula Magna Lateranensis - un pannello in mosaico (XIII secolo) sul quale vengono elencate le reliquie presenti nella basilica e nella cappella detta Sancta Santorum - è che la datazione della sua collocazione sia precedente al XIII secolo, in quanto inclusa nell’inventario iscritto nella Tabula.

Alla stanza, di davvero piccole dimensioni, si accede da alcune rampe di scale interne, non visibili né visitabili. Da queste, si arriva alla soglia della stanza. Sopra la porta a cui si ha accesso alla cameretta vi è questa iscrizione in latino: “HEIC AD ALTARE SACRAMENTI AUGUSTI UBI INTER SANCTIORA BASILICAE MONUMENTA RITE ADSERVANTUR ET AVITO RELIGIONIS STUDIO COLUNTUR INSIGNES RELIQUIAE MENSAE SACRATISSIMAE IN QUA D.N. JESUS DISCIPULOS SUOS COENA SUPREMA MUNERAVIT PERELEGANS HAEC AEDICULA AD LOCI MAIESTATEM AUGENDAM EX MUNIFICENTIA LEONIS XIII PONTIFICIS MAXIMI AB INCOHATO CONDITA EST ANNO MDCLXXXIV”. Traduciamo le importanti parole dell’iscrizione “Qui fra l’altare del Sacramento augusto dove fra i monumenti più santi della basilica si conservano in modo dignitoso e con religioso amore, per il rito, le insigni reliquie della Mensa santissima, nella quale nostro Signore Gesù regalò ai discepoli la Suprema Cena. Questa elegantissima edicola fu innalzata per accrescere l’importanza del luogo dalla generosità di Leone XIII dall’inizio di quando è stata costruita, nel 1684”.

Storie che si intrecciano, nomi di pontefici e artisti che convergono, tutti, verso quella tavola che ha visto il dispiegarsi delle ultime ore di Gesù prima della Sua Passione. Quella tavola, quel legno è stato testimone dell’“accadimento” centrale nella storia del cristianesimo: l’istituzione dell’Eucaristia, un bene che diviene salvezza per ogni fedele. Un dono che vive, quotidianamente, sulla Mensa dell’Altare in ogni parte del mondo.