La strana guerra di una mamma per i bagni trans
Negli Stati Uniti non esiste alcuna norma sui bambini transgender. Non esiste alcuna discriminazione, nemmeno con l'amministrazione Trump. Ma una "madre coraggio", con una bambina che a due anni già chiedeva di cambiare sesso, protesta contro la "discriminazione" nei bagni pubblici nel Texas. Dove resta la divisione per sesso di nascita.
Non l’ha detto Andy Warhol (assai probabilmente è stato il fotografo Nat Finkelstein), ma è vero che prima o poi tutti finiscono per avere il proprio quarto d’ora di celebrità. L’ultima starlette seriale di quel Circo Barnum che è diventato il tempo in cui viviamo è Amber Briggle, di Denton, in Texas, che, pur essendo praticamente un Carneade, si descrive come «[...] una delle maggiori voci del Paese a favore dell’eguaglianza per i transgender».
È infatti la madre «di un bambino/a transgender» (qui l’inglese aiuta poiché child vale sia per i maschi sia per le femmine). Visto che a questo punto i più strabuzzano giustamente gli occhi, il sito della tenera mammetta si spiega scrivendo in terza persona (si presti massima attenzione alla retorica impiegata e al modo in cui vengono usati i maschili e dei femminili): «Suo figlio, Max, è nato nel 2008; erroneamente etichettato femmina, prese il nome di Mary Grace. Tuttavia, all’età di due anni, Max insisteva di essere un maschio. Per diversi anni Amber ha assecondato il bimbo/a [child] consentendogli di vestirsi da “maschio” e di portare i capelli corti, anche se continuava a sostenere che fosse un maschiaccio (e dunque ancora una femmina). Però, in prima elementare, Amber ha notato nel figlio/a [child] alcuni cambiamenti inquietanti e si è resa conto che era tempo di affrontare la verità: Max era un ragazzo transgender che aveva bisogno di essere accettato e sostenuto dalle persone che più amava, tra cui sua madre».
La ricostruzione assomiglia alle frasi dei biscottini della fortuna ma andati a male. Se la storia non fosse tragica, scapperebbe da ridere. «Erroneamente etichettato femmina», in inglese mislabeled (come la carne in scatola), da chi, da ostetriche miopi? Una bimbetta che a due anni fa coming out? La madre che si “arrende all’evidenza” e diventa testimonial felice di un figlio transgender come in uno spot del Mulino Bianco versione incubo? E l’anagrafe che benedice tutto, sbianchettando il certificato di nascita (da aprile, infatti, i documenti d’identità di Mary Grace hanno cambiato sesso, potere della burocrazia più che della chirurgia). Ora, se non è violenza sui minori questa, che cosa lo è?
Adesso il caso di “Max” è tornato di moda poiché qualche giorno fa Amber ha pubblicato una foto su Facebook che ha fatto il giro del mondo. Vi si vedono “Max”, che oggi ha nove anni, in lacrime sul pavimento davanti all’ufficio del governatore del Texas Greg Abbott ad Austin e mamma Amber inginocchiata che l’accarezza teneramente. Idilliaco. Ma Mamma Amber l’ha postata per dire al mondo che non ce la fa più a mandar giù quelle «[...] lacrime che scorrono puntualmente sul suo volto ogni volta che lui imbocca la porta del bagno del sesso che sente non suo», come riporta l’Huffington Post. Proprio così, una scena madre immortalata da tanto di fotografo professionista (ringraziato pubblicamente da Amber) perché “Max” fa i capricci per i servizi igienici da usare quando deve fare pipì.
La foto riguarda infatti «[...] uno dei momenti che [...] ha spezzato il cuore [ad Amber], quando ? fuori dall’ufficio del governatore del Texas ? il suo Max ha saputo ed è scoppiato in un pianto disperato dopo l’approvazione della legge che impone ai transgender di utilizzare la toilette in linea col loro sesso di nascita». Pensa te che barbari. Il Texas del governatore cattolico Abbott è infatti un “postaccio” dove una legge “fascistissima” approvata dal Senato di quello Stato il 21 luglio - il Senate Bill 3, abbreviato in “SB3” - “obbliga” i maschi a usare il bagno dei maschi e le femmine quello delle femmine tra l’altro conformemente a quanto di recente stabilito a livello nazionale dall’Amministrazione Trump... Tant’è che, rilanciando la notizia su Facebook, la Repubblica l’ha titolata così: «Questa foto mostra perfettamente quanto dolore provochi la norma di Trump sui bambini transgender». Il dio del giornalismo qui trasecola: «la norma di Trump sui bambini transgender»? E quale sarebbe? Negli Stati Uniti non esiste infatti alcuna «norma sui bambini transgender». C’è la revoca del permesso, concesso dall’Amministrazione Obama, ai maschi d’infilarsi nei bagni femminili e viceversa, ma non esiste proprio nulla sui «bambini transgender». Anche perché, francamente, quanti sono i “bambini transgender”? Quanti sono i “Max” degli Stati Uniti, anzi del mondo? Quanti “Max” esisterebbero se non ci fosse mamma Amber?
La famiglia è una no fly zone da cui ogni estraneo deve tenersi alla larga. Ma visto che oggi la famiglia è al degrado e allo sfascio, succede pure che per rendere realtà le proprie ubbie contro natura una mamma violenti e strumentalizzi a questo modo una figlia tra i migliaia e migliaia di “mi piace” dei social network gaudenti e dei media conniventi.