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CALIFFATO

La Somalia fa gola ai terroristi. Ora c’è anche l’Isis

Lo Stato Islamico ha preso ufficialmente piede in Somalia con un video postato su diversi social network in cui viene mostrato l’addestramento dei miliziani jihadisti nel Paese sconvolto da anni dalla guerra tra le forze governative e le milizie islamiste di al-Shabab che hanno da tempo aderito ad al-Qaeda.

Esteri 05_05_2016
Combattenti dell'Isis in Somalia

Nel rispetto della sua tradizione mediatica lo Stato Islamico ha preso ufficialmente piede in Somalia con un video postato il 14 aprile su diversi social network in cui viene mostrato l’addestramento dei miliziani jihadisti nel Paese del Corno d’Africa sconvolto da anni dalla guerra tra le forze governative e le milizie islamiste di al-Shabab (la Gioventù) che hanno da tempo aderito ad al-Qaeda.

Il leader dello Stato Islamico in Somalia sembra essere Abdulkader Mumin, che l’anno scorso abbandonò al-Shabab per giurare fedeltà al Califfato e che nel video afferma di voler realizzare l’agenda dell’Isis nell’ex colonia italiana dell’Africa Orientale. Il campo di addestramento è presumibilmente nel Puntland, cioè nella regione indipendente del nord del Paese e nel video si vedono una dozzina di reclute addestrarsi e ribadire la loro fedeltà ad Abu Bakr al Baghdadi. Dopo lo show mediatico, il 25 aprile l’Isis ha rivendicato il suo primo attacco in Somalia, messo a segno a Mogadiscio con un ordigno improvvisato contro un convoglio delle forze della missione di pace africana (Amisom) che forniscono appoggio allo scalcinato esercito somalo e sostengono la gran parte del peso delle operazioni militari in Somalia.

Il comando di Amisom aveva smentito la rivendicazione, sostenendo che responsabili dell’attacco erano gli Shabab il cui movimento nei mesi scorsi si era lacerato sulla fedeltà all’Isis tra quanti sarebbero pronti ad adottare l’agenda jihadista globale del Califfato e quanti vogliono invece limitare la propria azione alla regione somala. In attesa di valutare quale peso potrà avere lo Stato Islamico in Somalia e se costituirà un problema più per i governativi o per gli Shabab, questi ultimi hanno registrato un incremento delle operazioni militari (dopo una stagione di continue sconfitte) con la conquista della cittadina di Runirgood, nella regione del Medio Scebeli, dove i jihadisti hanno ucciso 22 soldati governativi.

Un quella stessa regione martedì un raid delle forze governative nell’area di Janale ha ucciso una dozzina di miliziani che secondo l'agenzia Mena, che cita fonti dell'esercito somalo , appartenevano allo Stato Islamico. Lo stesso giorno un attacco degli Shabab ha visto esplodere almeno 5 bombe di mortaio contro il quartier generale di Amisom, nella base di Halane, nei pressi dell’aeroporto di Mogadiscio, a conferma che i miliziani sono ancor ben presenti nei dintorni e all’interno della capitale.

Un problema, quello della sicurezza, con cui deva fare i conti anche la missione europea Eutm Somalia, guidata dall’Italia e con al comando il generale Maurizio Morena, paracadutista veterano di numerose missioni oltremare e terzo comandante italiano della missione. «Il nostro ruolo è di addestrare parte delle forze armate somale e supportare, quali consiglieri, il loro Stato maggiore e il Ministero della difesa del governo riconosciuto  internazionalmente», ha spiegato Morena in una recente intervista. «Siamo una missione di piccole dimensioni, circa 200 persone di 11 Stati membri della Ue  (Italia, Spagna, Germania, Svezia, Olanda, Ungheria, Portogallo, Uk, Finlandia, Francia, Romania) più la Serbia, che fornisce il servizio medico. Gli italiani sono in netta maggioranza, circa 120 cioè il 60% della forza. Con un team di circa 20 addestratori svolgiamo corsi specialistici, come quello di polizia militare o di amministrazione militare, per comandanti di compagnia o battaglione».

Il ruolo guida dell’Italia nella missione militare addestrativa europea è confermato anche a livello politico dall’incarico di inviato speciale delle Ue all’ambasciatore Michele Cervone d’Urso. Sul piano militare la fragile stabilità della Somalia resta affidata ai 20 mila militari africani di Amisom, missione finanziata dall’Occidente presente in Somalia dal 2007 e costituita dai contingenti di Burundi, Uganda, Gibuti, Kenya ed Etiopia. Una presenza non priva di ombre sia per le accuse di abusi e violenze sulla popolazione sia per i casi di corruzione che hanno riguardato alcun ufficiali del contingente del Kenya sospettati da Transparency International di aver facilitato il commercio illecito di zucchero e carbone in Somalia per un ricavato stimato tra 200 e 400 milioni di dollari che si presume abbia arricchito anche gli Shabab.

L’importanza della Somalia, in termini di posizione strategica e di risorse (dal petrolio all’uranio) sfruttabili una volta stabilizzato il Paese attira l’attenzione di molti Paesi. Dalla Turchia che ha investito molti milioni di dollari in Somalia agli Stati Uniti la cui presenza a Mogadiscio è tangibile, ai britannici che hanno assunto iniziative diplomatiche di rilievo a sostegno di Mogadiscio fino a inviare una decina di militari, avanguardia di un gruppo di 70 uomini che avrà compiti di addestramento delle forze somale ma al di fuori della missione europea a guida italiana.

Londra intende far da sola, aggregando i suoi militari alla missione Amisom, nell’ambito di un rinnovato interesse di Londra per l’Africa Orientale che vedrà anche l’invio di 300 militari in Sud Sudan.  In un Paese che è ancora tra i tre più poveri del mondo (con Niger e Afghanistan) alla guerra si aggiunge la corruzione, piaga endemica in Africa, che non aiuta certo a stabilizzare i Paese. Negli anni scorsi centinaia di soldati somali hanno disertato unendosi agli Shabab perché da mesi non ricevevano lo stipendio di 100 dollari mensili mentre, a quanto denunciato da Transparency International, alcuni alti ufficiali avrebbero venduto sul mercato libero o direttamente ai guerriglieri Shabab le armi ricevute dalla comunità internazionale. In vista delle elezioni che dovrebbero tenersi in agosto, almeno sui territori controllati dal governo, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha annunciato ieri che si recherà in visita in Somalia dal 17 al 21 maggio per sostenere il processo elettorale.