La ribellione degli agricoltori è una reazione al Green Deal
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Grande protesta di agricoltori in Germania. Nuove proteste in Lituania e Lettonia. Il motivo di fondo è il Green Deal e le sue ricadute sulle tasse.
Una grande protesta degli agricoltori sta paralizzando le città e le strade tedesche da più di una settimana. Proteste simili si sono estese anche alla Lituania e alla Lettonia. Nell’incredibile disattenzione dei media, i trattori tedeschi l’8 gennaio sono persino entrati a Berlino, sfilando sotto la Porta di Brandeburgo e stanno bloccando tuttora arterie strategiche. Il 4 gennaio, il vice-cancelliere Robert Habeck (Verdi), non ha potuto sbarcare dal suo traghetto, mentre tornava dalle ferie, perché bloccato dai manifestanti. E la causa degli agricoltori è, appunto, internazionale, non si limita alla sola Germania. Per cosa protestano?
La causa immediata, in Germania, è la sospensione di agevolazioni fiscali sull’acquisto di veicoli agricoli e sul relativo carburante. Anche in Lituania, la causa immediata delle proteste iniziate l’8 gennaio, è l’innalzamento delle accise sul carburante agricolo, che provocherà anche un rialzo dei prezzi dei fertilizzanti chimici, che si basano sugli stessi elementi. Quindi, esattamente come i gilet gialli francesi nel 2018, la sollevazione nasce dal caro-carburanti, un rincaro dovuto a un innalzamento delle tasse (o alla fine di agevolazioni fiscali, come nel caso tedesco). In Lituania, un altro motivo del movimento degli agricoltori è la decisione governativa di estendere l’area delle praterie naturali, non coltivabili, che ridurrebbe così il terreno potenzialmente sfruttabile. I lituani, inoltre, chiedono uno stop definitivo all’importazione del grano russo, considerando soprattutto che con la Russia (che confina con il paese nell’exclave di Kaliningrad) i rapporti sono tesissimi, soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina. Gli agricoltori lettoni hanno aderito alla protesta in solidarietà e perché condividono problemi molto simili.
Il governo di Olaf Scholz, in Germania, sta cercando di correre ai ripari. Il ministro dell’agricoltura, Cem Özdemir, ha riconosciuto che, nel dibattito sulla legge di bilancio, sugli agricoltori è stato gravato un peso “sproporzionato” e ha dichiarato che le nuove misure siano ora “fuori discussione”. Nella nuova legge di bilancio, le agevolazioni fiscali per i veicoli agricoli non saranno ridotte, mentre le agevolazioni fiscali sul diesel per gli agricoltori saranno abolite solo gradualmente, a partire da quest'anno. Ciò comporta un deficit maggiore di 2,5 miliardi di euro, che dovrà essere ridotto con altre entrate, come la vendita di vecchie piattaforme marittime.
La crisi di bilancio che aveva spinto il governo Scholz ad aumentare le tasse per gli agricoltori è dovuta alla bocciatura, da parte della Corte Costituzionale tedesca del Fondo per il clima da 60 miliardi di euro. In Germania la legge impone l’equilibrio dei conti pubblici, non permette di spendere a debito infinitamente. Tuttavia, una deroga a questa regola era stata approvata all’unanimità ai tempi della pandemia. Il governo di Angela Merkel non aveva speso tutto quel che aveva stanziato per far fronte al Covid e alla fine del 2021, con l’emergenza rientrata, si era trovato per le mani questo “tesoretto” da 60 miliardi. Il governo Scholz, erede di quello Merkel (di cui era ministro delle Finanze) li aveva dunque reindirizzati all’emergenza climatica, istituendo il nuovo Fondo. Ma il partito democristiano Cdu/Csu, una volta finita l’emergenza Covid, ha impugnato la decisione, ritenendola una spesa a debito non più giustificabile. E la Corte Costituzionale ha dato ragione all’opposizione.
Quindi, svuotato il Fondo, che avrebbe dovuto foraggiare grandi piani di transizione ecologica, soprattutto nelle case green, nella mobilità elettrica, nelle rinnovabili, nella digitalizzazione e nel potenziamento delle ferrovie, dove reperire quelle risorse? Da chi emette di più: dunque dagli agricoltori, con i loro veicoli diesel e i loro fertilizzanti chimici. Con la consueta logica punitiva, tipica degli ecologisti (che “spingono” a fare la scelta giusta, rendendo più costosa quella “sbagliata”), sono stati aboliti tutti gli sconti fiscali su quelle che sono considerate le attività più nocive per il clima. Ma gli agricoltori, a quel punto, si sono mobilitati contro il governo. Nonostante la parziale marcia indietro, continuano ad essere sulle strade, con i loro trattori e annunciano che la manifestazione continuerà ancora per tutta la settimana, come previsto.
C’è una causa profonda, al di là delle motivazioni locali, del qui e ora, che accomuna le proteste degli agricoltori tedeschi, quelle degli agricoltori baltici, quelle dell’anno scorso dei loro colleghi olandesi e il movimento dei gilet gialli in Francia. Ed è il Green Deal europeo. Il rincaro dei prezzi per il settore primario tedesco è dovuto a un errore colossale di spesa pubblica, volto a finanziare il Green Deal in tutti i suoi aspetti. Il più piccolo scenario di crisi lituano è sempre dovuto al Green Deal, nello specifico al “ripristino della natura”, a danno dei terreni agricoli. Così come la protesta degli olandesi era causata da leggi draconiane proposte dall’ex governo Rutte, per ridurre drasticamente le emissioni del settore primario, a costo di far fallire migliaia di aziende in quella che tuttora è una potenza agricola mondiale.
Risalendo al 2018, un anno prima che venisse approvato il Green Deal europeo, anche la vasta e duratura protesta dei “gilet gialli” francesi, è nata da una “tassa ecologica” sui carburanti, che colpiva trasversalmente tutti coloro che dovevano viaggiare, per lavorare e per vivere. Il Green Deal è una nuova rivoluzione industriale, calata dall’alto, per decisione politica, motivata dal terrore del cambiamento climatico e quindi accelerata senza neppure attendere l’innovazione tecnologica. Per questo danneggia interi settori che non possono adeguarsi in tempo utile.