La Regalità sociale di Cristo. La Scuola di Dottrina Sociale nel solco di Pio XI
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L’enciclica Quas primas di Pio XI fu pubblicata nel 1925 e fu fondamentale per definire la dottrina cattolica sulla Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. I cattolici non devono rinunciare a un ruolo pubblico, politico, nemmeno oggi. Questo il filo conduttore della Scuola di Dottrina Sociale nazionale che inizia il 21 marzo con la Prolusione del Cardinale Burke.

Cento anni fa, il pontefice Pio XI pubblicava una fondamentale enciclica per definire la dottrina cattolica sulla Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo e per fissarne la festa liturgica.
L’enciclica Quas primas fu pubblicata l’11 dicembre 1925, ma senza attendere quella data, collocata in coda all’anno, molti la ricordano e la celebrano durante tutta questa annata: questo 2025 può essere considerato l’anno della Regalità sociale di Cristo. La Nuova Bussola Quotidiana e l’Osservatorio Cardinale Van Thuân dedicano quindi la prossima Scuola nazionale sulla Dottrina sociale della Chiesa, che si aprirà il prossimo venerdì 21 marzo con la Prolusione del Cardinale Raymond L. Burke, all’analisi dell’enciclica, spaziando anche sull’intero magistero di quel pontefice, ricco di insegnamenti e di prospettive.
Pio XI ha promulgato la Quadragesimo anno (1931), iniziando così la periodica commemorazione della Rerum novarum poi continuata dai suoi successori. La nostra Scuola dedicherà due lezioni a questa enciclica, una riguarderà il principio di sussidiarietà per la prima volta esposto nel paragrafo 80 del documento, mentre una seconda illustrerà i famosi passaggi dell’enciclica contro il monopolio internazionale della finanza, argomento quantomai attuale. Altre lezioni presenteranno la Casti connubi (1930), tra i più alti insegnamenti della Chiesa sul matrimonio e la famiglia, e la Divini illius magistri (1929) sulla vera educazione cattolica. Si tratta di insegnamenti organici ed esigenti, validi ancora oggi.
Il quadro sul magistero di Pio XI verrà poi completato dall’analisi del suo atteggiamento verso i totalitarismi del suo tempo e da una riflessione critica sul suo rapporto con il movimento cattolico che, dal punto di vista storico, ha presentato dei chiaro-scuri
La parte principale della Scuola di primavera è comunque rappresentata dalle lezioni sulla Regalità sociale di Cristo, che fa da filo conduttore dell’intero corso. Come ricordato sopra, la prolusione del cardinale Burke presenterà il quadro teologico in cui si inserisce questa dottrina, poi altri interventi la metteranno in relazione con l’idea di “cristianità”, mostreranno l’evoluzione, anche liturgica, della relativa festa e metteranno a fuoco le “variazioni” postconciliari da essa subite. Uno degli aspetti più importanti e delicati di queste analisi sulla evoluzione della dottrina di Cristo Re sarà certamente l’aspetto politico della regalità sociale di Cristo, ossia se non solo le persone né solo le società debbano essere informate da questo principio ma anche la dimensione dell’autorità politica.
Il principio della regalità sociale di Cristo formulato dalla Quas primas non nasce con essa ma affonda le proprie radici nella Scrittura e nella tradizione della Chiesa – si pensi anche solamente alle parole di Gesù davanti a Pilato o all’insegnamento paolino secondo cui ogni autorità viene da Dio - ed era ben presente nelle encicliche sociali dei pontefici precedenti Pio XI, soprattutto Leone XIII, in modo particolare la Diuturnum illud (1881) e la Immortale Dei (1885), oltre che riassumersi pienamente nel progetto di Pio X di instaurare omnia in Christo. Questi pontefici avevano anche previsto che, eliminata o ridotta la portata di questa dottrina, la Chiesa si sarebbe ridotta ad una delle tante agenzie sociali, senza più un proprio dovere/diritto originario circa il proprio ruolo unico, fondamentale e insostituibile anche per la costruzione storica della comunità degli uomini. L’indebolimento di questa dottrina avrebbe riconosciuto al piano naturale della vita sociale e politica la capacità di raggiungere da solo i propri fini e, quindi, di “salvarsi” al suo proprio livello. Avrebbe ammesso la dipendenza della vita sociale e politica dalla morale (naturale), ma non dalla religione come garanzia della tenuta della morale stessa.
L’argomento della Scuola di dottrina sociale della Chiesa di quest’anno è quindi di importanza centrale, perché dalla sua impostazione deriva una serie di questioni vivamente collegate con la Chiesa di oggi. Si potrebbe dire che tutti i nodi più controversi oggi nella Chiesa si incontrino con questo centrale argomento teologico. Per esempio il tema della “laicità” della politica, che oggi viene intesa e vissuta dagli stessi cattolici come una vera e propria separazione, con la conseguenza che la negazione di un ruolo pubblico della religione vera ha comportato anche una progressiva corrosione della legge naturale. Oppure possiamo far presente il tema della società multireligiosa che, se intesa come il fine ultimo dell’impegno cattolico nella società, e quindi non più sottoposto al bene comune, rende impossibile la regalità sociale di Cristo. Se Dio stesso vuole la pluralità delle religioni, come di recente autoritativamente affermato, diventa impossibile che esista un religio vera avente dei diritti di riconoscimento pubblico diversi dalle altre. Rifiutando però che esista una religio vera, anche la ragione politica – come ha più volte ammonito Benedetto XVI - si atrofizza e si annulla in un suo progressivo circolo vizioso.
Ci sono molti buoni motivi per iscriversi e partecipare. Lo si può fare presso l’Osservatorio, oppure presso la Bussola.