Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Costanzo di Perugia a cura di Ermes Dovico
Ora di dottrina / 140 – Il supplemento

La ragione separata dalla fede, i prodromi dello scisma luterano

Con la Disputa di Heidelberg, Lutero registrò un aumento di consensi finendo per credere che il proprio pensiero fosse l’unica ancora di salvezza per la Chiesa. Un pensiero che contrapponeva grazia e opere, fede e ragione, respingendo a priori ogni tentativo di correzione.

Catechismo 01_12_2024

Che il monaco agostiniano Martin Luther (1483-1546), nel periodo della diffusione delle sue 95 Tesi, non avesse intenzione di rompere con la Sede apostolica (vedi qui) non significa che già non fossero presenti alcune spie che potevano far presagire il peggio. Si è visto come la preparazione religiosa e teologica di Lutero sia stata lacunosa e non abbia tenuto in debito conto i tempi necessari di maturazione e purificazione di un'anima che mostrava tratti evidenti di un profilo nervoso e passionale, con gravi crisi di scrupoli.

La situazione disastrosa dell'Ordine agostiniano in Germania, che permette di spiegare almeno in parte la piega presa dagli eventi, si fece evidente anche in occasione del Capitolo generale che si tenne ad Heidelberg, nella primavera del 1518. Le Tesi si erano già ampiamente diffuse e da Roma venne la richiesta all'Ordine di esigere da Lutero la ritrattazione delle proprie posizioni. Ma anziché una sconfessione o almeno una rettifica, il Capitolo generale – che rielesse Johann von Staupitz come vicario generale – autorizzò Lutero a difendere le proprie posizioni, in quella che diventerà la famosa “Disputa di Heidelberg” (26 aprile 1518). Non fu un caso che, in questa disputa, Lutero decise di non affrontare minimamente la questione delle indulgenze, sulla quale in realtà era stato chiamato in causa da Roma, ma preferì esporre quaranta tesi, sia di ordine teologico che filosofico, che mostravano ampiamente quanto si fosse già allontanato dalla verità. Oltre ad una nuova difesa delle sue posizioni sulla giustificazione, Lutero offrì per la prima volta una sintesi della cosiddetta theologia crucis, in contrapposizione alla theologia gloriæ. Si tratta in sostanza della negazione di un vero libero arbitrio dell'uomo dopo la caduta, della sua radicale incapacità di compiere qualsiasi bene, come anche del rifiuto del valore della ragione umana nella conoscenza di Dio e del bene. Le tesi esposte nella Disputa sono il manifesto della radicale corruzione della natura umana e dell'ordine di creazione, sostenute da Lutero.

Von Staupitz e i vertici dell'Ordine non ebbero molto da ridire; al contrario, la Disputa divenne per Lutero una nuova passerella per guadagnare adepti tra docenti, soprattutto della Facoltà delle Arti, e studenti. Dopo la diffusione delle 95 Tesi, la Disputa di Heidelberg costituì un'ulteriore decisiva spinta di diffusione delle nuove idee e di aumento di consensi, e non è lontano dal vero pensare che fu proprio da questo momento che Lutero realizzò di essere l'anima di un numeroso movimento nascente, che ormai non poteva più essere da lui “tradito”. Nonostante tutto, a metà del 1518, ancora non si coglie in lui la volontà di creare una nuova chiesa, quanto piuttosto l'ostinazione di voler imporre il proprio pensiero teologico come l'unica ancora per salvare la Chiesa dalla sua crisi, crisi che da lui veniva sempre più identificata come espressione della teologia della “salvezza dalle opere”, in opposizione alla teologia della “salvezza per la grazia”.

Le voci del nuovo trionfo di Lutero giunsero a Roma e Leone X chiese al cardinale Tommaso De Vio (1469-1534), conosciuto come il Gaetano (o Caetano), di incontrare il monaco agostiniano faccia a faccia. L'incontrò si tenne in Baviera, ad Augusta, il 7 ottobre 1518: raramente due personalità così opposte si sono incontrate nella storia. Il Gaetano era un uomo pacato, di solida impostazione tomista, austero ma di mente aperta; Lutero era di temperamento nervoso, di impostazione nominalista, ostinato nelle proprie convinzioni, senza alcuna intenzione di ritrattare. L'incontro non solo non portò ad una conciliazione, ma di fatto spinse Lutero ad un atteggiamento di sempre più aperta rivolta. Fu proprio qualche settimana dopo l'incontro con il cardinale De Vio che Lutero iniziò ad etichettare il papa come l'anticristo, epiteto che sovrabbonderà d'ora in avanti sulla sua penna e nei suoi discorsi pubblici, e la Chiesa romana come una sorta di anti-chiesa. Lui, Lutero, si autocomprendeva sempre più come incaricato di una missione divina, che ai suoi occhi riceverà una sorta di conferma proprio dalla scomunica che Leone X minacciava nella bolla del 15 giugno 1520.

Nel trattato Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, Lutero rivelava ormai di aver indossato i panni del giusto perseguitato, forma mentis che lo radicherà irreversibilmente nella “sua causa”: «So che se la mia causa è giusta, dovrà essere condannata sulla terra e giustificata solamente in cielo da Cristo». E aggiungeva: «La mia più grande inquietudine e la mia paura principale sarebbe quella che [la mia causa] possa restare senza alcuna condanna. Vedrei in ciò il segno certo ch'essa non sarebbe gradita a Dio». Si può notare come, in questo testo, si ritrovi l'impostazione caratteristica di Lutero della contrapposizione tra opere dell'uomo e grazia divina, nonché tra ragione umana e fede, nel totale conflitto tra giudizio di quaggiù (il giudizio della Chiesa) e quello del Cielo. Questa struttura teologica impedirà definitivamente a Lutero di comprendere le ragioni della parte “avversa”, di porsi in un atteggiamento di confronto, portandolo invece a vedere in ogni critica e in ogni provvedimento disciplinare la conferma della verità della propria posizione.

A rafforzare ulteriormente questa posizione, dal punto di vista del vissuto interiore di Lutero, troviamo la modalità con cui egli interpretava gli scritti di Taulero. Il domenicano Johannes Tauler (ca 1300-1361) fu un importante mistico tedesco, discepolo “originale” di Meister Eckhart (1260-1327/8), che nella sua riflessione aveva insistito su due aspetti principali: la totale passività dell'uomo davanti a Dio, nella rinuncia all'esercizio delle proprie facoltà, per giungere all'unione; la necessità di prove molto dolorose, interiori ed esteriori, per coloro che sono chiamati a tale unione, prove che divengono dunque il segno dell'elezione alle alte vie della mistica. Lutero riteneva Taulero il più grande teologo di tutti i tempi e poneva la sua teologia in netta contrapposizione con la Scolastica; ma soprattutto vedeva nei suoi scritti lo specchio della propria personalità e situazione. Un'incauta trasposizione dei principi della teologia spirituale nella dogmatica fornì all'agostiniano sia un ulteriore supporto alla propria convinzione dell'inutilità e addirittura della dannosità dell'intelletto e della volontà umane nella vita di fede e nella riflessione teologica, sia la radicata persuasione che le prove che Lutero aveva sperimentato nei primi anni di vita religiosa e le “persecuzioni” che ora stava subendo fossero segnali della bontà della missione che gli era stata conferita dall'alto.

Si venne a creare così un circolo vizioso tra la sua problematica personalità e la sua non meno preoccupante teologia; circolo altresì serrato, che respingeva ormai a priori qualsiasi tentativo di correzione che gli proveniva dai suoi interlocutori; i campi erano nettamente divisi: lui era l'uomo investito da Dio di una missione che non poteva essere compresa e accolta, ma solamente ostacolata e perseguitata da una chiesa corrotta e corruttrice, da un papa che altro non era che la presenza dell'anticristo in terra.



Ora di dottrina / 140 – La trascrizione

La corporeità di Cristo – Il testo del video

01_12_2024 Luisella Scrosati

Gesù Cristo ha assunto un corpo con i limiti che caratterizzano universalmente la natura umana dopo la caduta: tre ragioni di convenienza, spiegate da san Tommaso. La particolarità di Cristo: anima perfetta, corpo passibile.

Ora di dottrina / 139 – Il supplemento

Lutero prima del 1517, una vocazione non matura

24_11_2024 Luisella Scrosati

Martin Lutero entrò in convento in modo repentino, dopo un voto fatto in situazione di pericolo. Altrettanto rapidi furono i suoi voti, l’ordinazione e gli studi teologici. I suoi superiori, tra cui von Staupitz, mancarono nel discernimento e lo gravarono di incarichi, che toglievano tempo ai suoi doveri religiosi.

Ora di dottrina / 138 – Il supplemento

Le 95 Tesi di Lutero e la rottura con Roma

17_11_2024 Luisella Scrosati

Nel contesto di un papato in decadenza, emersero le 95 Tesi di Lutero: ma furono davvero affisse alla porta della cattedrale di Wittenberg? Le obiezioni di un gesuita. Di certo, nel 1520 il monaco tedesco pubblicò tre opere con cui manifestava al mondo la sua rottura con la Santa Sede.