"La radice della violenza e delle guerre è il peccato"
Veglia per la pace in Siria: Papa Francesco si è soffermato sulla radice delle guerre: il peccato. Quando l’uomo si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, allora apre la porta alla violenza e alla guerra.
Nella grande veglia per la pace in Siria e nel mondo del 7 settembre, accompagnata da un digiuno che - a credere a un sondaggio della SWG - sarebbe stato rispettato da oltre metà dei cattolici praticanti italiani, Papa Francesco (senza proporre analisi politiche, ma ricordando che per la Chiesa non è vera pace quella «disgiunta dai doveri della giustizia») si è soffermato sulla radice di ogni male e di ogni violenza, quindi anche di tutti i mali della guerra: il peccato.
Il Papa è partito dal racconto biblico della creazione del mondo: «Dio che guarda alla creazione, quasi la contempla, e ripete: è cosa buona». Qui, ha affermato Francesco, entriamo nel «cuore di Dio». Che cosa ci dice questo racconto della creazione proposto dalla Bibbia? «Ci dice semplicemente che questo nostro mondo nel cuore e nella mente di Dio è la “casa dell’armonia e della pace” ed è il luogo in cui tutti possono trovare il proprio posto e sentirsi “a casa”, perché è “cosa buona”». Nel progetto di Dio, «tutto il creato forma un insieme armonioso, buono, ma soprattutto gli umani, fatti ad immagine e somiglianza di Dio, sono un’unica famiglia». Idealmente, «la relazione con il Dio che è amore, fedeltà, bontà si riflette su tutte le relazioni tra gli esseri umani e porta armonia all’intera creazione». «Il mondo di Dio è un mondo in cui ognuno si sente responsabile dell’altro, del bene dell’altro».
Di questo mondo, ha detto il Papa, tutti portiamo nel cuore una sorta di ricordo, una nostalgia, che non è nostra ma corrisponde alla legge della verità e dell'amore che Dio ha iscritto nel cuore di ogni uomo, e che è anche la nostra «vera libertà». «Ma domandiamoci adesso: è questo il mondo in cui noi viviamo?». O è un mondo perduto per sempre?
La risposta non può essere banale. Da una parte, se appena sappiamo guardarlo, «il creato conserva la sua bellezza che ci riempie di stupore, rimane un’opera buona». Dall'altra, ci accorgiamo anche che spesso «l’uomo, vertice della creazione, smette di guardare l’orizzonte della bellezza e della bontà chiudendosi nel proprio egoismo». Di qui vengono la violenza, le divisioni e le guerre.
«Quando l’uomo pensa solo a se stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto».
Si possono dire molte cose delle guerre, della violenza e delle atrocità che insanguinano la storia, ma la verità ultima si trova nel libro della Genesi: il male viene dal peccato. «Esattamente questo è ciò che vuole farci capire il brano della Genesi in cui si narra il peccato dell’essere umano: l’uomo entra in conflitto con se stesso, si accorge di essere nudo e si nasconde perché ha paura (Gen 3,10), ha paura dello sguardo di Dio; accusa la donna, colei che è carne della sua carne (v. 12); rompe l’armonia con il creato, arriva ad alzare la mano contro il fratello per ucciderlo».
Ma come dobbiamo interpretare la misteriosa vicenda del peccato originale? «Possiamo dire che dall’armonia si passa alla “disarmonia”? No, non esiste la “disarmonia”: o c’è armonia o si cade nel caos, dove c’è violenza, contesa, scontro, paura... ». Caino è già sprofondato in questo caos quando, interrogato su Abele, mente e risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). «Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento!».
Con la violenza noi «facciamo rinascere Caino. Noi tutti!». Caino rinasce quando «ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai nostri interessi; e questo atteggiamento va avanti: abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte!».
Ma «da questa spirale di dolore e di morte» si può uscire? Qui Papa Francesco si è rivolto verso l'icona della Madonna Salus populi romani, chiedendo alla Regina della pace di mostrare a tutti la Croce. «La mia fede cristiana - ha detto il Pontefice - mi spinge a guardare alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace». La pace vera, però, non viene dalla politica ma dalla conversione: «esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore - implora il Papa - supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello e non aggiungere altro dolore».
Francesco ha concluso ricordando gli insegnamenti del venerabile Paolo VI (1897-1978) in tema di pace. La pace vera - insegnava Papa Montini nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1976 - non è «disgiunta dai doveri della giustizia». Non qualsiasi pace è una pace autentica. Ma la Chiesa non può cessare d'invitare gli uomini - nella giustizia - alla riconciliazione, alla misericordia e alla carità, frutti tutti della conversione del cuore.