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scandali

La questione abusi solleva ombre sulla nomina di "Tucho"

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La "dispensa" papale che esonera Fernández dal fronte della tutela dei minori non placa le perplessità. Nulla a suo carico, ma se lui stesso ammette di non aver agito al meglio, ci si chiede perché metterlo a capo del dicastero.

Ecclesia 11_07_2023
La premessa è scomoda ma d'obbligo: il dossier abusi è diventato per molti un'arma contundente da utilizzare mediaticamente contro la Chiesa cattolica, mettendo tutti i santi ed onesti sacerdoti del mondo in condizioni di sentirsi «colpevoli per associazione» e di essere visti «in qualche modo responsabili dei misfatti di altri», come ebbe a scrivere Benedetto XVI nella Lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda.

Dopo anni di incertezza, proprio grazie all'iniziativa di Joseph Ratzinger si arrivò nel 2001 a determinare che la competenza esclusiva sui delitti contro il sesto comandamento del Decalogo commessi da chierici ai danni di minori di diciotto anni spettava alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ogni dubbio veniva fugato nella lettera De delictis gravioribus in applicazione al motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela. Fu l'allora prefetto a convincere Giovanni Paolo II della necessità di quell'azione, nonostante l'opposizione dei vertici della Congregazione per il clero che si sentirono "scippati". Ma Ratzinger era convinto, come ha raccontato lo psichiatra e testimone diretto dei fatti Manfred Lutz, che bisognasse dare l'idea ai vescovi della gravità che il problema abusi aveva assunto per Roma dopo anni di eccessiva tiepidezza concentrandolo esclusivamente nelle mani della "Suprema".

Grazie a quella decisione iniziarono ad agire sul serio gli anticorpi della Chiesa contro il virus della pedofilia (e dell'efebofilia) come dimostrano i quasi tremila casi che la Congregazione per la dottrina della fede si trovò ad esaminare dal 2001 al 2009. Provvedimento dopo provvedimento, quell'impianto è stato grossomodo mantenuto e con il motu proprio Fidem servare del febbraio 2022 Francesco ha rivisto la struttura dell'ex Sant'Uffizio prevedendo due sezioni con maggiore autonomia, la dottrinale e disciplinare, attribuendo a quest'ultima il compito di occuparsi dei delicta graviora ma disponendo in ogni caso che a coadiuvare tutto ci fosse il prefetto del dicastero. Sempre presso questo dicastero, come sancisce la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, è istituita la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori.

Insomma, il Dicastero per la Dottrina della fede è a tutti gli effetti il cuore della sfida contemporanea più importante per la credibilità della Chiesa cattolica, quella relativa alla lotta contro gli abusi su minori e soggetti vulnerabili commessi da chierici. Per questo motivo, probabilmente, stanno suscitando più di una perplessità le parole con cui il nuovo prefetto, il cardinale eletto Víctor Manuel Fernández, si è presentato sui social.

Tucho ha spiegato di aver esitato inizialmente di fronte all'offerta del Papa di guidare l'ex Sant'Uffizio proprio perché si sentiva  «non (...) preparato» sulla questione degli abusi ma di aver cambiato idea quando ha «scoperto che la questione abusi è ora in una sezione  autonoma, con professionisti molto preparati». Un concetto ribadito anche a Iacopo Scaramuzzi nell'intervista concessa a La Repubblica in cui Fernández, tornando a lodare gli «eccellenti esperti» della sezione competente, ha detto di credere che «non abbia senso » per lui «far perdere loro tempo con le [sue] opinioni».

Il nuovo prefetto ha aggiunto: «proprio per l'importanza che questa questione ha oggi per la credibilità della Chiesa, credo che la cosa migliore che io possa fare sia lasciarli liberi di lavorare [...] orienterò il mio tempo e i miei sforzi a ciò per cui mi sento sicuro e preparato, ossia la teologia». Un'ammissione che ripropone il tema dell'opportunità della nomina del teologo argentino nel ruolo di chi, in ogni caso, deve coadiuvare il segretario della sezione disciplinare ed ha la responsabilità sull'azione dei professionisti che vuole lasciare « liberi di lavorare».

Dal momento che Fernández dice di sentirsi preparato solo sulla teologia, c'è chi ora si chiede se non fosse il caso di nominarlo solo segretario della sezione dottrinale. Sulla questione della lotta agli abusi la posta in palio per la Chiesa è troppo alta per permettersi simili scivolate con un prefetto che, pur avendo l'ultima parola, afferma di non sentirsi preparato ad affrontarla e di voler lasciare carta bianca ai suoi sottoposti.

Sebbene il passato del dicastero sia stato bistrattato nella lettera per la nomina del nuovo prefetto, forse Fernández potrebbe prendere esempio dall'esperienza del suo predecessore Joseph Ratzinger: nella primavera del 2002 Manfred Lutz ebbe il coraggio di dire in faccia al famigerato panzerkardinal che pur essendo positiva la concentrazione di competenze sugli abusi nei chierici alla ex Suprema, lui era convinto che né il prefetto né i suoi collaboratori fossero davvero competenti su quell'argomento, suggerendogli di convocare un congresso di esperti in Vaticano. Ratzinger li ascoltò ma poi trasse lui le somme e come prefetto agì consapevole delle responsabilità che su di lui  – e non su altri – ricadevano nel contrasto di quella che poi definì la sporcizia nella Chiesa. 

Nelle scorse ore la questione abusi ha parzialmente rovinato la festa per l'annuncio della porpora in arrivoAssociated Press, infatti, ha intervistato Tucho al termine di una Messa a La Plata chiedendogli un parere sulle accuse contro di lui mosse dall'associazione statunitense Bishop Accountability secondo cui  «nulla del suo operato suggerisce che sia adatto a guidare la battaglia del Papa contro gli abusi e gli insabbiamenti» in riferimento alla gestione del caso di don Eduardo Lorenzo, sacerdote dell'arcidiocesi di La Plata accusato di aver abusato di cinque minori. Ad AP, Fernández ha detto: «oggi mi comporterei sicuramente in modo molto diverso e certamente la mia prestazione è stata insufficiente».

Ammettendo di non aver «agito nel migliore dei modi», si è giustificato ricordando di aver cominciato come arcivescovo di La Plata «senza alcuna esperienza in un'altra diocesi » e sostenendo che le procedure «erano meno chiare». Le accuse al sacerdote risalgono al febbraio del 2019, mese in cui in Vaticano si tenne il meeting sulla protezione dei minori nella Chiesa voluto da Francesco. 

Sbarcando a Roma, Fernández si lascia alle spalle un'arcidiocesi con una situazione complicata anche per vicende ereditate dai predecessori. Nei suoi cinque anni a La Plata, da arcivescovo si è trovato ad affrontare l'esplosione di tre casi di abusi. Oltre a Eduardo Lorenzo, morto suicida nel dicembre del 2019 poche ore prima della probabile incarcerazione senza che – come ricordato da Fernández all'indomani della notizia – venisse «concluso un processo per le accuse presentate», nell'arcidiocesi c'è attualmente un sacerdote agli arresti domiciliari, Raúl Anatoly Sidders, accusato da una giovane di molestie sessuali che sarebbero avvenute in una scuola a Buenos Aires dove lui insegnava quando lei aveva 11 anni. Infine Maximiliano Di Virgilio, parroco e insegnante alla scuola Santa Ana da lui nominato nel 2020, contro il quale ci sarebbe stata la denuncia ai dirigenti dell'istituto di una famiglia di uno studente nel novembre 2021 che non si è tradotta poi sul piano penale ma ha visto le proteste dei genitori per chiedere il trasferimento del prete nell'aprile 2022.

Le vicissitudini dell'arcidiocesi sono state raccontate in questi anni da La Izquierda Diario, quotidiano del partito di estrema sinistra Frente de Izquierda de Argentina, con durissime accuse alla gestione di Fernández. Contattato dalla Nuova Bussola Quotidiana, l'autore dell'inchiesta giornalistica Daniele Satur ha dato la sua versione sulle presunte responsabilità del nuovo prefetto del dicastero per la dottrina della fede. Sulla vicenda di Lorenzo, Satur sostiene che «mai, in nessun modo, Fernández ha cercato di avvicinare i denuncianti con un messaggio di contenimento o di mettersi a disposizione».

Il racconto del giornalista continua così: «Quando il caso non poté più essere nascosto, Lorenzo fu trasferito dalla parrocchia dove aveva abusato per anni di un adolescente ad una sede della Cáritas a La Plata dove gli costruirono una speciale “suite” dove trascorrere le sue giornate». Satur ha da ridire anche sulla condotta di Fernández dopo il ritrovamento del cadavere del sacerdote perché, a suo dire, si sarebbe «sistematicamente rifiutato di rilasciare interviste alla stampa per chiarire la sua posizione, parlando solo attraverso "comunicati" che dicevano poco o niente». In merito all'affaire Sidders, secondo l'autore di Izquierda Diario l'arcivescovo lo «mandò dopo la morte di Lorenzo da La Plata a Misiones dove fu nominato da Baisi, ex vescovo ausiliare di La Plata, cappellano della Gendarmeria Nazionale e quando venne alla luce la prima denuncia contro di lui, Sidders era già a migliaia di chilometri di distanza».

Come ha reagito il cardinale eletto ai duri articoli del quotidiano di estrema sinistra su di lui? Satur spiega: «Fernández ha accusato pubblicamente il nostro ed altri media di fare "fake news", ma non ha mai osato rivolgersi alla magistratura per dimostrarlo. Nulla di ciò che abbiamo detto in questi anni è stato smentito. Al contrario, abbiamo sempre dato a lui la possibilità di dare la sua versione dei fatti ma non ha voluto farlo». Sono accuse che arrivano dalla firma di un giornale di estrema sinistra che ha una rubrica non benevola dedicata al tema Chiesa e pedofilia e che raccogliamo senza formulare giudizi.

Non ci sono responsabilità accertate nella condotta di Fernández di fronte agli scandali della sua arcidiocesi, sebbene difficilmente si possa definire La Plata un modello nella gestione dei casi di abusi commessi da chierici. Il mea culpa come pastore del cardinale eletto consegnato ad Associated Press e quell'ammissione sulla non preparazione nella lettera sui social pone il tema dell'opportunità di una simile nomina alla guida del dicastero nelle cui mani si concentra il dossier mediaticamente (e non solo) più scottante per il presente ed il futuro della Chiesa.

Una soluzione interna come quella rappresentata da monsignor Charles Scicluna, segretario aggiunto e una lunga carriera nell'ex congregazione, avrebbe provocato senz'altro meno tensioni sul fronte teologico e avrebbe significato una garanzia di competenza nella lotta a pedofilia ed efebofilia nella Chiesa, essendone da anni il volto più conosciuto.
 


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