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L’approfondimento / 2

La preghiera di petizione e il rapporto con la volontà di Dio

Le posizioni di deterministi e positivisti non sono indenni dall’antropomorfismo. La potenza di Dio creatore è ben altra cosa. Chi prega considera il mondo soprattutto nella sua finalità e sa che la volontà del Padre dispone tutto per il suo bene.

Catechismo 13_08_2023

Pubblichiamo la seconda parte (clicca qui per la prima) del testo tratto da “La prière entre combat et extase”, Presses de la Renaissance, Paris, 2016, 43-55.

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Il determinismo cosmico e la volontà di Dio

I positivisti e i deterministi hanno la pretesa di essere razionali e scientifici.

Malgrado le apparenze, queste posizioni, anche se evitano gli antropomorfismi popolari della mentalità primitiva o della Bibbia, non sono indenni da una forma più sottile di antropomorfismo. La necessità eterna affermata non è che la proiezione nell’assoluto della necessità cosmica così come la concepisce l’intelligenza a partire dall’esperienza, ossia una necessità che esclude le decisioni libere e la loro imprevedibilità. Ma la potenza di Dio creatore è ben altra cosa! Essa implica non solamente una Sapienza che pone in essere tutte le cose, «con misura, calcolo, e peso» (Sap 11, 20), ma una volontà creatrice che conserva l’universo nel tempo, capace di includere ogni modalità di agire della creatura, tanto il determinismo delle leggi che la libertà degli spiriti, senza fare alcuna violenza alla libertà umana.

Più in profondità, chi prega non considera il mondo tanto nella sua struttura quanto nella sua finalità. In fondo, importa poco che gli avvenimenti avvengano secondo leggi necessarie e conoscibili piuttosto che secondo un intervento imprevedibile di Dio. L’essenziale è che l’anima del credente sa riconoscere che la volontà benevolente del Padre dispone ogni cosa in vista del suo bene. L’anima orante non misconosce la regolarità delle leggi naturali, ma ha un’idea dell’ordine del mondo molto diversa da quella del determinista. Ella non vede una successione rigida di fenomeni che si succedono in modo uniforme, come gli anelli di una catena, ma vi vede piuttosto un organismo vivente o forze molteplici che si uniscono, si intrecciano, interagiscono le une con le altre e tutte sono in grado di concorrere a un fine liberamente voluto da Dio: la gloria di Dio e il bene dell’uomo. La preghiera implica tutta una visione del mondo.

D’altra parte, la stessa scienza nelle sue ricerche più profonde, soprattutto nell’ambito del micronucleare e dei macrofenomeni (astrofisica), ha già oltrepassato una visione deterministica troppo semplicistica dell’universo. La materia è più misteriosa di quanto non si pensi: le leggi che possiamo conoscere non sono assolute; sono solo “statiche”. Ossia esse esprimono quel che sembra accada più di frequente ad un certo livello dell’essere, ma non assolutamente sempre; c’è un margine di indeterminazione, di “caso”, che sfugge. L’idea di una causalità libera, come la preghiera, che si integra nell’universo delle cause non è più qualcosa di impensabile.

Vediamo questo dal punto di vista di Dio.

La preghiera e la volontà di Dio

Il Vangelo di Luca presenta la preghiera come indispensabile e come capace di agire sulla volontà di Dio ‒ «Chiedete e vi sarà dato» (11, 9). La preghiera perseverante (…) è presentata come efficace, potremmo quasi dire incondizionatamente.

Nell’Antico Testamento, questo insegnamento dell’influenza della preghiera su Dio conosceva dei tratti più aspri. Per esempio, Mosè intercede per il popolo ribelle che si è fabbricato un vitello d’oro: «Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi» (Es 32, 12-13). E la risposta è sorprendente: «Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo» (Es 32, 14). Per noi che viviamo nel tempo, c’è un prima e un dopo la preghiera, come c’è un prima e un dopo la ricezione di un sacramento. Come si potrebbe esprimere più chiaramente l’efficacia della preghiera se non dicendo che cambia i disegni di Dio? «Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza» (Gc 5, 16).

Si possono trovare molti altri esempi tra i profeti. Tra i Padri della Chiesa, basti citare san Giovanni Climaco: «La preghiera fa santamente violenza a Dio», e san Girolamo: «Le preghiere dei santi riescono a opporre resistenza alla collera di Dio».

Eppure il Dio che noi preghiamo è il Padre «nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento» (Gc 1, 17). La sua parola è onnipotente e sovranamente efficace (Is 55, 11). Le volontà di Dio sono eterne e non dovrebbero dipendere dalla preghiera di una creatura per il loro compimento. Che i cristiani fossero sensibili a questa difficoltà, ce lo testimonia Origene, formulando così l’obiezione di un suo corrispondente del IV secolo: «Anzitutto, se Dio prevede l’avvenire e se deve accadere, la preghiera è inutile. In secondo luogo, se tutto accade secondo la volontà di Dio, e se i suoi disegni sono stabili, se non può cambiare nulla di quello che Lui vuole, allora la preghiera è vana»

Come conciliare affermazioni apparentemente così contraddittorie? La soluzione è che Dio non vuole solamente gli effetti che compaiono nel cosmo e nella storia umana, ma anche le loro cause ‒ tutte le loro cause ‒, quelle che sono determinate da leggi fisiche e quelle che dipendono dalla libertà umana, tra cui la preghiera. Per una libera disposizione della Provvidenza divina, la preghiera ha il suo posto nell’ordine delle cause, e produce effetti eternamente voluti da Dio. Da qui, la grande responsabilità di quanti sono chiamati ad esercitare in modo più specifico il servizio della preghiera nell’umanità.

«Tutta la difficoltà proviene dal fatto che noi non riusciamo a rappresentarci come il mondo si rapporti alla conoscenza e alla volontà di Dio, se non sotto la forma di due forze che sono in competizione per lo stesso effetto. In questo caso, l’efficacia che si attribuisce ad una viene sottratta all’altra. A questa immagine di due forze concorrenti poste sullo stesso piano, bisogna sostituirne un’altra meno inadeguata. Tutta la creazione, l’ordine della natura e l’ordine della libertà, dev’essere compreso come racchiuso in una sfera più vasta, che è quella di un’onnipotenza che trascende i diversi modi creati di agire. Oppure, tutto l’ordine del tempo è contenuto nell’eternità. Non sublimato in modo che svanisca, ma confermato nella sua realtà di successione temporale. E conservando il mondo nell’esistenza, l’azione divina lo conferma nel tempo. Ora, per noi che viviamo nel tempo, e non possiamo pensare che in termini temporali, l’efficacia della nostra preghiera deve tradursi in termini temporali. Ripetiamolo: c’è un prima e un dopo la preghiera, una successione irreversibile tra la domanda ed il suo esaudimento. Tutta la Scrittura, che è una storia sacra e una iniziazione progressiva alla vera conoscenza del Dio vivente, si colloca dentro questa prospettiva, che sola giustifica la preghiera» (C. Bernard, La prière chrétienne, Desclée de Brouwer, Paris, 1967, p. 142).

In questo senso profondo, è possibile interpretare un testo di San Tommaso d’Aquino, che valorizza perfettamente un pensiero di San Gregorio Magno:

«Si deve considerare che la divina provvidenza non dispone solo gli effetti da produrre, ma anche le cause e l’ordine con cui devono essere prodotti. Ora, tra le altre cause, per certi effetti, ci sono anche le azioni umane. Quindi è necessario che gli uomini compiano certe cose non per cambiare con i loro atti le disposizioni divine, ma per produrre alcuni determinati effetti secondo l’ordine prestabilito da Dio. Come del resto avviene per le cause naturali. E ciò vale anche per la preghiera. Infatti noi preghiamo non allo scopo di mutare le disposizioni divine, ma per impetrare quanto Dio ha disposto che venga compiuto mediante la preghiera dei santi: cioè, come dice S. Gregorio [Dial. 1, 8], affinché gli uomini “pregando meritino di ricevere quanto Dio onnipotente fin dall’eternità aveva disposto di donare ad essi”» (Summa Teologica, II-II, q. 83, a. 2).

Di queste difficili considerazioni teologiche tratteniamo una certa comprensione della preghiera di petizione. Il mondo non è una macchina, un meccanismo determinato in tutti i suoi movimenti, ma un ambiente vitale, uscito da e impregnato di un’intelligenza vivente, aperta all’azione di Dio, sostenuto da una finalità d’amore. In questo mondo, nel quale viviamo, la preghiera produce effetti oggettivi e verificabili.



L’approfondimento

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06_08_2023

La preghiera di petizione, o di domanda, oggi è nuovamente messa in discussione, dopo l’eresia quietista. Ma essa è parte integrante della preghiera cristiana. È evidente nella Bibbia e Gesù stesso l’ha insegnata.