La politica rifugga il relativismo. E guardi alla verità
Viviamo una stagione senza memoria che promette «un futuro post-umano», figlio di «un’antica illusione: la creatura che si fa Creatore». C’è una cultura fatta da «apostoli della dissoluzione», che ha contagiato pure una parte di Chiesa e ovviamente la politica. Come se ne esce? Tornando alle radici, scrive il giornalista Mauro Mazza, una vita in Rai, nel suo libro In Coscienza.
In Rai negli anni ne ha viste di tutti i colori. E non solo in Rai. Ha attraversato da giornalista attento e scrupoloso varie epoche politiche e se ne può ritenere un profondo conoscitore. Leggere un libro di Mauro Mazza, giornalista della tv pubblica, già direttore, significa riavvolgere il nastro della storia d’Italia e srotolarlo con la disponibilità a lasciarsi sorprendere, perché sorprendente e alquanto pertinente è il richiamo che lui fa alle radici culturali e anche religiose dell’Italia e dell’Europa.
Nella sua ultima fatica editoriale, In Coscienza (casa editrice Pagine, 2019, pp. 212, euro 18), compie un viaggio nella crisi del nostro tempo, che ha investito religione e politica, morale e cultura. «Viviamo una stagione senza memoria», scrive amaramente Mazza. «Il potere si è trasferito: dalla politica all'economia; da questa alla grande finanza e, infine, alla tecnoscienza. Europa senza radici, religione senza fede, politica senza morale. La promessa di un futuro post-umano, estremo traguardo di un'antica illusione: la creatura che si fa Creatore».
Ma le sue considerazioni, condite da aneddoti e racconti davvero illuminanti, non si chiudono nel recinto angusto del pessimismo cosmico. Aprono comunque una prospettiva alla cosiddetta pars construens, al cammino virtuoso di una auspicabile rinascita morale che aiuti l’essere umano a superare un pericoloso relativismo etico e ad accettare le sfide della totalità e dell’ulteriorità di senso della vita terrena. «In Coscienza racconta la speranza che si riannodi il filo - si legge nel volume - che l'intelligenza prevalga sull'intellighenzia, che la politica recuperi dignità, autorevolezza e dimensione etica. In Coscienza, sarà bene recuperare frammenti di verità, briciole di tradizione, chicchi di valori che restituiscano fragranza, senso e vita. Sarebbe imperdonabile l'omissione di soccorso all'umanità che sta rischiando di perdersi».
Ma nell’ultima pubblicazione di Mauro Mazza non c’è solo la presa d’atto del degrado morale e socio-politico dell’Italia e dell’Europa, bensì anche un approfondimento delle sue cause, a partire dallo snaturamento del diritto naturale e dalla parziale eclissi della visione cristiana del mondo. «Non mi sento di escludere - si legge in una parte di In Coscienza - che abbiano una qualche ragione quei cattolici che chiamano in causa, e accusano, il Concilio Vaticano II. Il Papa emerito pensa sia scaturito proprio dal Sessantotto il cataclisma che ha investito il cattolicesimo, diffondendo teologie amorali, contagiando vescovadi e seminari. Secondo Ratzinger, proprio da quell’immersione nella modernità sarebbe cominciata la rovinosa crisi, per alcuni tratti rallentata, eppure mai più arrestata. Da allora, vescovi e teologi presero ad inseguire le culture di moda e a mettere in un angolo la verità. Andando incontro al mondo, nello spirito del Concilio, il cattolicesimo finì fagocitato dal mondo stesso, cooptato, sterilizzato. Fuoritempo come un cantante stonato, certa Chiesa abbracciò invaghita la rivoluzione proprio mentre quella cominciava a morire».
Un impoverimento lento ma inesorabile delle nostre radici, con un azzeramento della memoria. «Eppure - scrive Mazza - senza una storia di cui sentirsi figli ed eredi non si potrà scrivere una significativa pagina di futuro. Senza una cultura da cui trarre ispirazione non ci potrà essere una buona politica che torni ad attrarre la meglio gioventù. Senza valori e principii di riferimento non vi saranno passione né impegno. Rischiamo di restare aggrovigliati dentro un tempo che ha smarrito memoria di sé, in balìa dei venti e degli eventi. Probabilmente soltanto una situazione potrebbe essere addirittura peggiore della presente smemoratezza: dimenticare d’avere dimenticato».
La riscoperta della cultura come percezione che l’uomo ha di se stesso è il primo passo secondo l’autore per riannodare i fili del passato e scrutare il futuro con una solidità morale e un entusiasmo (nella sua radice etimologica di en theos, il Dio dentro) in grado di affrontare il deserto nel quale camminiamo da decenni. «Siamo nel dominio incontrastato di profeti e apostoli della dissoluzione», scrive ancora Mazza. «Progressismo, cosmopolitismo, pensiero gender, libero sesso in libero Stato. Dal riconoscimento legislativo delle unioni tra persone dello stesso sesso all’insegnamento sistematico della dottrina gender nelle scuole pubbliche, il passo è brevissimo. Del resto, nel regno della dissoluzione, chi e perché avrebbe mai il diritto di proibire che vengano impartite lezioni ispirate a una visione del mondo Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) insegnata ai bambini perché scelgano con calma, liberamente, la propria collocazione sessuale, peraltro sempre suscettibile di ulteriori mutamenti, all’insegna della fluidità? Proprio l’affermarsi di un pensiero gender pare il test decisivo, la prova di forza di un potere totalitario che non ammette obiezioni di sorta. Nessuno può arrogarsi il diritto di contestare che il genere sessuale non sia fluido ma binario, stabilito dalla natura e dalla forma assunta durante i nove mesi trascorsi nel grembo materno».
Ma cosa può fare la politica per dare continuità e stabilità al recupero di principi e valori che appaiono a dir poco appannati e diluiti in una congerie indistinta di sollecitazioni, stimoli, appelli fuorvianti? «Allora - sostiene Mazza - la meglio gioventù sceglieva la politica, era tentata e attratta da quelle liturgie, affascinata dall’esempio di un leader osannato, contagiata dalla passione mostrata da un dirigente provinciale, ammirata dal carisma di quel giovane belloccio che dominava le assemblee studentesche (e conquistava le ragazze più belle).Ora la politica è scelta prevalentemente da sfaccendati supponenti, che spesso si rivelano tali fin dai tempi del liceo: mai primi della classe, ma sempre seduti nei primi banchi per ingraziarsi il prof. La politica è diventata scorciatoia per intraprendenti, trampolino per disinvolti, (ri)uscita di sicurezza per nullafacenti. Dal 4 marzo 2018 (dopo le prime avvisaglie del ’13) stiamo attraversando la stagione del pressappochismo, che del populismo è la versione ignorante. La sintassi è un optional, proprio come la competenza. L’onestà sbandierata nasconde piccole magagne e loschi affari».
L’autore è dunque convinto che l’“annuncismo” non farà uscire il Paese dalla palude. Solo individuando e vivendo principi e valori di riferimento, attraverso programmi e progetti coerenti, la politica potrà riscoprire la sua anima e dare il suo apporto alla costruzione di una società migliore.