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IL SAGGIO

La poesia nasce da un avvenimento. La prima scelta di Fenoglio

«La letteratura è per Fenoglio la strada che porta a una conoscenza del mondo attraverso la parola. Non è politica, non è scienza, non è neppure linguistica. È poesia, seriamente e profondamente poesia» scrive Gianfranco Lauretano nel suo ultimo saggio Beppe Fenoglio. La prima scelta (2022, edizioni Ares).

Cultura 15_10_2022

Beppe Fenoglio, di cui si celebrano nel 2022 i cent’anni dalla nascita, intende la scrittura come poesia, quell’atto creativo che genera alla vita ciò che prima non esisteva, ma che a sua volta scaturisce da qualcosa che è già accaduto.

L’atto poetico ha a che fare con l’uso della parola, non un uso qualunque, ma una scelta sapiente, potremmo dire sofferta, tanto da generare quasi una ferita da cui sgorga sangue e, al contempo, vita.  

La poesia è espressione stessa dell’uomo, del suo ingegno e della sua ricerca della verità.

Ecco perché Ungaretti scrive ne Il porto sepolto: «Vi arriva il poeta/ E poi torna alla luce con i suoi canti/ E li disperde// Di questa poesia/Mi resta/Quel nulla/Di inesauribile segreto».

Ecco perché san Giovanni Paolo II scrive nella Lettera agli artisti (1999): «A contatto con le opere d’arte, l’umanità di tutti i tempi – anche quella di oggi – aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino».

«La letteratura è per Fenoglio la strada che porta a una conoscenza del mondo attraverso la parola. Non è politica, non è scienza, non è neppure linguistica. È poesia, seriamente e profondamente poesia» scrive Gianfranco Lauretano nel suo ultimo saggio Beppe Fenoglio. La prima scelta (2022, edizioni Ares).

Scrivere è davvero un sacrificio, una fatica, perché le pagine nascono «da una decina di penosi rifacimenti» (Fenoglio). Per Fenoglio la fatica dello scrivere consiste nella difficoltà di scegliere i termini giusti per arrivare a quello stile che caratterizza i suoi romanzi: «limpidità del dire, esattezza di termini. Nulla di pleonastico» (Piero Negri Scaglione). La scaturigine prima dell’attività dello scrittore è nei fatti che accadono. Non bastano, però, i fatti per comporre epica. «L’epica per essere possibile ha bisogno di esperienze estreme, non ordinarie, in cui l’umano sia messo alla prova del fuoco»  (Lauretano).

L’epos è la «parola», che diviene racconto. Per questa ragione tutte le opere di Fenoglio hanno un carattere epico, non solo quelle incentrate sulla Resistenza, ma anche quelle che raccontano il tramonto di una civiltà o l’amore. L’epica nasce da un avvenimento. Un fatto diviene un avvenimento quando rimane nel tempo, «cambia e a volte stravolge la vita, la indirizza profondamente. Un avvenimento continua ad accadere nel presente in modo durevole, a volte per sempre» (Lauretano).

L’avvenimento centrale che ha cambiato la vita di Fenoglio è la resistenza, tanto che sulla sua tomba compare l’epitaffio «Partigiano e scrittore». Attorno a quell’avvenimento ruota tutto il resto, anche la vocazione dello scrittore. La prima scelta (come recita il sottotitolo del saggio di Lauretano), quando Fenoglio intraprende il mestiere dello scrittore, è la guerra civile (ovvero la lotta partigiana).

I romanzi di Fenoglio non si traducono mai in politica, in ideologia, in edulcorato compiacimento ed esaltazione di una parte degli uomini a discapito degli altri. Lo scrittore ha fatto la sua scelta, ha deciso da che parte stare, così come i partigiani. Nonostante questo, l’esperienza gli ha mostrato come anche gli avversari siano uomini e gli stessi partigiani siano anch’essi uomini con tutti i loro limiti e difetti. Comunisti e intellettuali impegnati (engagé) rimprovereranno a Fenoglio questa descrizione non idealizzata dei partigiani.

L’uomo contemporaneo ha, per lo più, eliminato la categoria dell’avvenimento, perché ha chiuso ogni porta sull’eterno: così, nella storia e nella realtà non accade più nulla, anche quando i fatti hanno una dimensione mondiale e un carattere tragico. «L’evento» scrive Lauretano «è un’apertura perché svela l’azione nell’immanenza della vita di una volontà altra, rispetto ad ogni possibile progetto individuale». Con questo sguardo Fenoglio ha potuto permanere sull’evento che ha vissuto a vent’anni durante la Seconda Guerra Mondiale e «che ha segnato la sua vita e la sua opera» (Lauretano).

Nel rapporto tra il dramma della situazione reale e l’anelito «a una realtà altra» nascono le pagine dei romanzi di Fenoglio.

Ne Il partigiano Johnny il protagonista comprende che la guerra «è il momento che chiede di diventare adulto»; proprio nella realtà Johnny sorprende la sua vocazione e diventa partigiano.

Ne La malora lo scrittore rappresenta la fine di un mondo come quello contadino in cui domina la solitudine una volta che non si riconosce più il «vincolo sacro con la terra, la natura e il cielo» e si perde così il senso della comunità.

In Una questione privata Fenoglio presenta la «storia del tentativo di conoscere la verità sull’amore, non una verità astratta né un discorso, ma la verità circostanziata in  un evento», quello della lotta partigiana.

In questo rapporto con una dimensione altra (verticale) Fenoglio vive anche i rapporti più stretti, come dimostra uno degli ultimi messaggi che scrive poco prima di morire, per un male incurabile (ancor giovane, non aveva ancora compiuto quarantun anni), indirizzato alla figlia Margherita:
Ciao per sempre, Ita mia cara. Ogni mattina della tua vita io ti saluterò, figlia mia adorata. Cresci buona e bella, vivi con la mamma e per la mamma, e talvolta rileggi queste righe del tuo papà. Che ti ha amata tanto e sa di continuare ad essere in te e per te. Io ti seguirò, ti proteggerò sempre, bambina mia adorata, e non devi mai pensare che ti abbia lasciata. Tuo papà.

La prima scelta tra tutti i narratori italiani del Novecento, a giudizio di Lauretano, è proprio lui, Fenoglio, «uomo dalle scelte decise e definitive».