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Daesh, Stato islamico

La piana di Ninive otto anni dopo

Solo il 40 per cento dei cristiani fuggiti nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 oltre i confini del Califfato è tornato e molti sono i rimpatriati che decidono di emigrare

Nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 decine di migliaia di cristiani – quasi 150.000 – lasciarono le loro abitazioni di Mosul e della piana di Ninive, in Iraq, per non vivere come dhimmi o perdere la vita nel Califfato, l’autoproclamato Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi. La maggior parte delle persone in fuga portava con sé pochi effetti personali e anche quel poco fu loro tolto dai jihadisti. I cristiani si stabilirono quasi tutti appena oltre i confini del Califfato, a Erbil e in altre città della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, sperando di poter fare ritorno a casa. A distanza di otto anni, solo il 40 per cento dei cristiani fuggiti è tornato. A Mosul, secondo stime locali, abitano non più di cento famiglie cristiane. Si registra una forte riduzione della popolazione cristiana anche in altre regioni irachene: nell’area di Bassora, ad esempio, vivrebbero circa 300 famiglie cristiane mentre mezzo secolo fa erano 5.000. Più di 55.000 cristiani iracheni profughi hanno lasciato il Kurdistan ma non per tornare a casa, bensì per trasferirsi in altri paesi del Medio Oriente, in Australia, in diversi stati del Nord America e dell’Europa. Inoltre da tempo si registra un costante esodo di famiglie cristiane tornate nella piana di Ninive dopo la sconfitta del Califfato. “I cristiani continuano a emigrare nonostante i nostri sforzi per esortarli a rimanere nelle loro case” è stato il commento amareggiato di Sirwan Ruzbiani, vice governatore della provincia di Ninive, dopo un incontro a Mosul con gli esponenti della arcieparchia siro-cattolica. A spingere a un nuovo espatrio i cristiani è la speranza di trovare altrove migliori opportunità di lavoro e, tra le altre motivazioni, il fatto di essere esclusi dagli incentivi governativi che avrebbero dovuto facilitare il ritorno dei rifugiati. L’agenzia Fides, che dà notizia della situazione, evidenzia come pesino sulla decisione di emigrare anche l’instabilità e l’insicurezza persistenti, le tensioni settarie e la presenza di milizie illegali.