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IL BELLO DELLA LITURGIA

La Pentecoste nel Cappellone degli Spagnoli: sintesi della liturgia

Nell’antica sala capitolare della chiesa di Santa Maria Novella a Firenze c'è il Cappellone degli Spagnoli, dove Andrea di Bonaiuto nel XIV secolo raffigurò i primi passi della Chiesa, attraverso le scene della Navicella di San Pietro e della Pentecoste: la Madonna come perno accoglie lo Spirito Santo, gli apostoli danno via alla loro missione e la folla comincia a seguirli.

Cultura 30_05_2020

Andrea di Bonaiuto, Pentecoste, Firenze – Santa Maria Novella

Fratelli... nessuno può dire: “Gesù è il Signore”  se non sotto l’azione dello Spirito Santo (1 Cor 12,3)

Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam”: la giaculatoria che, secondo il Servo di Dio don Luigi Giussani, “è la sintesi di tutto quello che ci dice l’anno liturgico”, sembra anche perfettamente rispecchiare tante icone di Pentecoste espresse, nel corso dei secoli, dalla bellezza della fede cristiana. In esse, infatti, al centro della scena, spesso troviamo Maria, figura della Chiesa, attorno alla quale si riuniscono gli Apostoli che ne diventano missionari dopo il dono dello Spirito.

È quello cui assistiamo, per esempio, nel Cappellone degli Spagnoli, l’antica sala capitolare della chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, la cui decorazione risale agli anni Sessanta del XIV secolo. Artefice dell’intero ciclo fu Andrea di Bonaiuto che nei quattro spicchi della volta affrescò il trionfo di Cristo sulla morte, rappresentando la Resurrezione e l’Ascensione, e i primi passi della Chiesa, illustrati attraverso le scene della Navicella di San Pietro e della Pentecoste. Il pittore fiorentino immaginò il cenacolo come una loggia aperta al primo piano di un’abitazione, sotto la quale la Vergine orante divide i Dodici (sappiamo che Mattia aveva, nel frattempo, preso il posto di Giuda Iscariota) in due gruppi uguali.

La posa frontale e ieratica di Maria la rende perno dell’intera composizione: in perfetto asse con Lei, come se assecondasse la Sua preghiera, una colomba bianca, consueto simbolo dello Spirito, plana dal cielo blu cobalto, distribuendo l’energia del Paraclito, sotto forma di fiammelle, sopra le teste dei discepoli.

Numerosi personaggi si avvicinano increduli, circondando l’architettura. Dai loro variegati copricapi e dalla foggia variopinta degli abiti capiamo essere quella folla di “Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo” di cui parlano gli Atti degli Apostoli descrivendo lo stupore di “Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell'Egitto…” nel sentire parlare i Dodici nelle loro rispettive lingue.

La curiosità degli astanti si percepisce dalle vivacità delle pose in cui sono immortalati, dagli orecchi tesi, dagli sguardi che s’incrociano e che reciprocamente s’interrogano su ciò che sta accadendo: “Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? (…)Che cosa significa questo?”

Il frescante è fedele al brano neotestamentario: tra gli apostoli osserviamo Pietro che, alzatosi in piedi, stringe le chiavi tra le mani, dimostrando la sua autorità e il ruolo di successore di Cristo che gli è stato assegnato. A lui spetta dare il via alla missione della Chiesa che annuncia a tutti, cominciando dagli abitanti di Gerusalemme, la buona novella già predetta dal profeta Gioele. “Avverrà: negli ultimi giorni – dice Dio – su tutti effonderò il mio Spirito. (…) E avverrà: chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.”