La nuova via (ferrata) della seta
Anche l’Italia, come pure la Francia e la Germania, sarà tra i Paesi fondatori della Asian Infrastructures Investment Bank, promossa dalla Cina per far rinascere in forma moderna la storica “Via della Seta”. E già un primo treno ha collegato Chongqing (Cina occidentale) a Duisburg (Germania occidentale).
Anche l’Italia, come pure la Francia e la Germania, sarà tra i Paesi fondatori della Asian Infrastructures Investment Bank, promossa dalla Cina per far rinascere in forma moderna la storica “Via della Seta”.
D’altra parte il gigantesco progetto ha già trovato una prima attuazione. Il 29 marzo dello scorso anno 2014, durante la sua visita ufficiale in Germania, il presidente cinese Xi Jingping si era recato a Duisburg ad accogliere il primo treno merci intercontinentale giunto in quella città della Nord Renania/Westfalia da Chongqing (Cina nord-occidentale) al termine di 13 giorni e 11.179 chilometri di viaggio attraverso le province cinesi dello Yunnan e del Xingjiang, e poi la Russia, la Bielorussia, la Polonia, infine la Germania fino appunto a Duisburg, la città della Ruhr cuore dell’industria siderurgica tedesca. Ignorata dalla nostra stampa, l’inaugurazione di tale collegamento ferroviario, che da allora ha luogo regolarmente, è stata invece un evento d’importanza davvero storica. L’Asian Infrastructures Investment Bank, AIIB, viene ora creata per portare al massimo delle sue potenzialità la relazione di cui il collegamento Chongqing/Duisburg costituisce il progetto-pilota. E’ un progetto che gli Stati Uniti vedono comprensibilmente di malocchio. Come infatti nella seconda metà del secolo XV la chiusura dell’antica Via della Seta segnò l’inizio dell’egemonia planetaria del mondo nord-atlantico così la moderna rinascita della Via della Seta può, se gestita in modo non aggressivo, mettere in moto un generale processo di riequilibrio delle relazioni internazionali. E’ la prospettiva che veniva indicata – diremo se ci è consentito un ricordo personale – in un nostro libro uscito presso Jaca Book nel 1984, La Nuova Via della Seta, con prefazione di Tiziano Terzani. Il libro aveva come sottotitolo “Verso l’assetto mondiale degli anni ‘90”. In termini cronologici la previsione si è rivelata troppo ottimistica, ma siamo lieti che comunque, sia pur alcuni decenni più tardi, cominci ad avverarsi.
Merita però di venire sottolineato che, così come è, la nuova Via della Seta cui Cina e Germania stanno lavorando è a loro misura. A oriente infatti taglia fuori l’India e a occidente l’Europa mediterranea e danubiana. Diremo ancora una volta che, fermo restando che non si può certo ignorare la Cina, tra i due giganti demografici dell’Asia l’Italia ha tutto l’interesse a scegliere come primo interlocutore non la Cina bensì l’India a noi relativamente più vicina dal punto di vista sia geografico che culturale. Perciò, osserviamo per inciso, la gestione del caso dei due marò trattenuti a Delhi, maldestra sin dall’inizio al di là di ogni dire, ci è più mai di grave danno. A differenza degli itinerari commerciali marittimi, che producono utilità solo ai loro capilinea, gli itinerari commerciali terrestri e mediterranei (nel senso originale della parola, ovvero per mari interni) possono produrre utilità in ogni loro punto. Infatti in ogni loro punto la merce può venire scaricata, lavorata e poi rimessa in viaggio con un maggior valore aggiunto. Nel caso che a noi più interessa, che è quello di una relazione euro-indiana attraverso il Medio e il Vicino Oriente, le potenzialità sono enormi essendo il Levante ricco di risorse non solo materiali ma anche e in primo luogo umane. Perciò è davvero triste che non solo il Vicino Oriente continui a restare in tensione quando non in guerra, ma anche il bacino del Mar Nero, porta verso l’Asia dell’Europa danubiana, stia adesso precipitando nell’instabilità. Un impegno forte, attivo e primario per la stabilità, la pace e lo sviluppo di queste aree dovrebbe essere dunque l’obiettivo numero uno della nostra politica estera (se ne avessimo una).
In tale prospettiva la vittoria di ieri di Benjamin Netanyahu in Israele dice in quale vicolo cieco si stia infilando il popolo israeliano, e quando ci sia da lavorare per arrivare alla meta necessaria di una pace feconda tra Israele e Palestina. Per questo però non bastare fare dei discorsi. Occorre un lungo impegno. Entrare nell’Asian Infrastructures Investment Bank può essere utile, ma non è certo sufficiente per promuovere l’interesse non solo nostro, ma dell’intera regione di cui l’Italia è il maggior paese di riferimento, ossia il Mediterraneo e l’Europa danubiana.