Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ORA DI DOTTRINA / 77 – Il SUPPLEMENTO

La muta del nazismo, così l’eugenetica si è rifatta il look

La fine del Reich non ha certo significato la fine dell’eugenetica, ma il suo camuffamento dietro la più neutra genetica. Muta il linguaggio ma non la sostanza. Com’è chiaro dal documento preparatorio dell’Unesco (1946).

Catechismo 16_07_2023
Julian Huxley, primo capo Unesco

La criminalità del programma eugenetico nazista alla fine divenne evidente, nonostante tutte le strategie di occultamento e propaganda. Fine del Reich, fine dell’eugenetica? Sarebbe la conclusione più ingenua che si possa trarre. Il programma eugenetico continua a gonfie vele dopo la caduta del regime nazista, perché le sue radici e i suoi quadri non si esauriscono nella Germania degli anni Trenta.

War Against the Weak: Eugenics and America's Campaign to Create a Master Race (2003) è l’interessante lavoro del giornalista e storico americano Edwin Black, figlio di una donna sfuggita miracolosamente, all’età di 13 anni, da un vagone merci diretto al campo di sterminio di Treblinka. Le ricerche di Black hanno mostrato come la teoria eugenetica del britannico Francis Galton (1822-1911) venne applicata con misure “preventive” radicali anche negli Stati Uniti, senza che si registrasse quell’indignazione che poi accompagnò, giustamente, la figura di Adolf Hitler; piano di sterilizzazione che continuò fino alle porte degli anni ‘80: 27 Stati degli USA imposero per legge una sterilizzazione di massa a malati mentali, alcolisti, criminali o semplicemente immigrati provenienti dal Messico, dall’Europa, e “pellirossa” americani. La medicina si pose al servizio di questo piano di “miglioramento della società”, sterilizzando almeno 70.000 persone, inclusi minori.

In una trilogia sul tema ‒ oltre a War Against the Weak, ci sono IBM and the Holocaust: The Strategic Alliance between Nazi Germany and America's Most Powerful Corporation (2001) e Nazi Nexus: America's Corporate Connections to Hitler's Holocaust (2009) ‒ Black porta alla luce che il supporto del mondo statunitense al Nazismo fu a tutto tondo: ideale e fattivo. Senza il contributo di IBM, Ford Motor C. e General Motors, Rockefeller Foundation e Carnegie Institution il piano eugenetico criminale di Hitler non sarebbe stato possibile.

Guerra finita, capitolo chiuso? Nemmeno per sogno. È emblematico il caso del dottor Otmar Freiherr von Verschuer (1896-1969), che aveva come assistente Josef Mengele, grazie al quale riceveva il “materiale” proveniente da Auschwitz per le sue ricerche eugeniste. Pienamente implicato nelle sperimentazioni criminali, Verschuer alla fine non venne condannato e fu ricevuto con tutti gli onori negli Stati Uniti, dove divenne membro dell’American Society of Human Genetics, ricevendo anche altri numerosi riconoscimenti internazionali (dalla Società Italiana di Genetica inclusa).

Verschuer passò dunque indisturbato da piani esplicitamente eugenetici e criminali a “innocue” ricerche in campo genetico. Gli eccessi nazisti avevano contribuito ad aumentare la reazione emotiva della gente di fronte alla parola “eugenetica”. Occorreva cambiare il linguaggio e nascondere l’eugenetica dietro la più neutra e scientifica genetica. E mutare anche la strategia.

Enzo Pennetta, nel libro Il punto omega (2022), riporta il documento preparatorio del 1946 dell’UNESCO, la quale ebbe come suo primo presidente Julian Huxley (1887-1975, nella foto), che aveva consegnato ad un opuscolo pubblicato nel 1931, What Dare I Think (Ciò che oso pensare, tradotto e stampato di recente in italiano), le sue idee per il miglioramento genetico dell’umanità; idee che ispireranno il noto romanzo, Il Mondo Nuovo, del fratello Aldous.

Dunque, cosa ritroviamo in questo documento di fondazione dell’agenzia dell’ONU, UNESCO, its purpose and its philosophy. Preparatory Commission of the United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization? Che il compito dell’UNESCO è prima di tutto «chiarire la nozione di desiderabile e indesiderabile direzione dell’evoluzione, poiché da questo dipenderà il nostro modo di pensare al progresso umano, alla possibilità del progresso come prima cosa, e quindi alla sua definizione». Il sacro dogma dell’evoluzione è il supporto scientifico per poter definire la direzione del progresso, che verrà esplicitata poco dopo: ossia che «le innate capacità mentali umane» potranno «essere ulteriormente incrementate per mezzo di deliberate misure eugenetiche, se consapevolmente ci disporremo a incentivarle» (Il punto omega, pp. 124-125).

L’incantesimo è compiuto: la brutta e cattiva eugenetica nazista viene messa in soffitta e sostituita con l’eugenetica buona, che migliora la società, che non intende punire nessuno, ma “incentivare”, perché ‒ continua il documento ‒ «il progresso non è automatico o inevitabile ma dipende dalla scelta umana e dallo sforzo di volontà. Prendendo le tecniche di persuasione, informazione e vera propaganda che abbiamo imparato ad applicare come nazione in guerra, e deliberatamente unendole ai compiti internazionali di pace se necessario utilizzandole, come Lenin previde, “per superare la resistenza di milioni” verso il cambiamento desiderabile» (p. 127).

L’eugenetica “buona” modifica così la sua carta d’identità, e si trasforma in genetica per contribuire nientemeno che al perfezionamento dell’umanità. La tesi centrale del più famoso libro del Nobel per la Medicina, Jacques Monod (1910-1976), Le Hasard et la Nécessité (1970), è abbastanza nota: sono casuali variazioni genetiche ad assicurare la teleonomia dello sviluppo biologico. Non c’è da scomodare un’intelligenza per spiegare un “finalismo”. La scienza può e deve prescindere da qualunque finalismo e da ogni etica che non sia l’etica della scienza.

Meno conosciuto è invece l’ultimo capitolo del volumeLe Royaume et les Ténèbres ‒, nel quale fa capolino il volto eugenetico della genetica. Monod, statistiche alla mano (il dominio del numero!), mostrerebbe che non sono le classi sociali migliori a propagarsi, ma quelle meno dotate. A causa di una certa evoluzione culturale, in particolare etica, la selezione non favorisce più la sopravvivenza genetica del più adatto; al contrario sono i meno adatti geneticamente ‒ gli «infirmes génétiques» ‒ a riprodursi di più e fare in modo che permangano i caratteri genetici indesiderabili, mettendo così in pericolo la specie umana. Questione di una manciata di generazioni. Secondo Monod, occorre mettere mano alla situazione, operando una selezione degli individui meno adatti. Ma per far questo, sarà necessario eliminare le difficoltà di tipo etico e religioso «con l’adozione di un nuovo paradigma pseudoreligioso fondato sull’oggettività della scienza e su una presupposta capacità di poter spiegare e trattare ogni aspetto della realtà» (Il punto omega, p. 159). Il sogno di Auguste Comte (1798-1857).

La modalità collaudata per spingere le persone a “fare concessioni” sul lato etico-religioso è sempre stata la paura, che diventa l’arma perfetta quando riesce ad essere avvertita sia dai singoli che dalla collettività. Non c’è follia che non possa essere introdotta, tollerata e infine persino invocata se si riesce a creare la percezione, nel singolo e nella società, di una minaccia estremamente pericolosa. Questo pericolo spinge le persone a delegare la propria sicurezza al miglior offerente; e, in una mentalità pervasa di scientismo, come la nostra, il migliore offerente si presenta sempre con i panni del medico e dello scienziato.

La recente pandemia è stata una ghiotta occasione per espandere il sogno della genetica. Terapie alla portata di tutti, piuttosto semplici e conosciute, sono state demonizzate in favore di cure e “prevenzione” che provengono dal mondo delle terapie geniche. Anche nell’ambito della ricerca di cure contro i tumori, le immunoterapie stanno prendendo il volo. Le promesse sono di quelle trionfanti: le terapie geniche sconfiggeranno ogni malattia e persino impediranno di ammalarsi. Ma la genetica sa offrire meraviglie anche nell’ambito della sicurezza: esami del DNA in ambito giudiziario, creazione di banche dati del DNA per schedare i criminali, identità genetica al posto delle impronte digitali, banche dati sanitarie e genetiche per le polizze assicurative sanitarie, fino ai tentativi di creare “doppi” umani, da cui prelevare tessuti per la cura dell’“originale”. Tutto, ovviamente, sempre per il bene e per la sicurezza.

Ma se, con un pizzico di propaganda, di spinta politica e di sostegno giudiziario, si prendesse la direzione di anteporre l’interesse della collettività alla dignità della persona umana? E se, prese dalla paura, le persone invocassero un’autorità che tuteli la collettività, sacrificando i singoli? E se si creasse la convinzione che è giusto che agli “infelici” sia impedito di venire al mondo con l’aborto, o, in modo più incruento, selezionando accuratamente un profilo genetico perfetto, che potrebbe “donare” il proprio sperma o l’ovocita per garantire un mondo senza più sofferenze? Se in un domani ‒ che sia già oggi ‒ la genetica gettasse la maschera e tornasse l’eugenetica?



ORA DI DOTTRINA / 76 – IL SUPPLEMENTO

L’uccisione medica diretta, i passi per l’inganno nazista

09_07_2023 Luisella Scrosati

Facendo leva sul cinema, il Terzo Reich riuscì a far passare l’idea che il medico potesse uccidere, per pietà. Per ridurre le resistenze, c’era una complessa struttura medico-burocratica, che diluiva le responsabilità nella catena del dare la morte. Un promemoria per l’oggi.