Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
ANIMALISMO

La museruola? A volte più che al cane tocca al padrone

Gli animali di città sono intelligenti o imbecilli come i rispettivi proprietari, dei quali assorbono il carattere. Così, quando mi imbatto sul marciapiede in una coppia di «amici», uno con due zampe e l’altro con quattro, per sicurezza cambio corsia. Lo suggerisce la prudenza, ma anche la cronaca.

Cronaca 23_10_2014
Cane con la museruola

Il 10 ottobre a Sesto San Giovanni (Milano) è accaduto un fatto increscioso. Un signore portava il suo cane alla consueta passeggiatina serale e così faceva una signora col suo. Solo che il primo era un molosso da mezzo quintale e il secondo un cagnolino da salotto. Le due bestiole, incrociandosi sullo stesso marciapiede, si sono azzuffate. Malgrado l’evoluzionismo e quasi due secoli di civiltà urbana i cani, che gli estimatori definiscono animali intelligenti, non hanno ancora capito che «marcare il territorio» sui marciapiedi, i portoni, gli angoli dei palazzi, le ruote delle auto, i cestini dei rifiuti è inutile. 

Così, ogni tanto ci scappa la rissa con la concorrenza. E magari il morto, come nel caso di Sesto. Già, perché nell’impari lotta il cagnolino, com’era prevedibile, ha avuto la peggio e a nulla è valsa la corsa disperata dal veterinario notturno. Il proprietario del molosso ha fatto quel che ha potuto per separare i due cani, ma ci ha solo rimediato un morso da parte del suo. In effetti, è difficile trattenere una bestia infuriata alta sessanta centimetri e pesante cinquanta chili. Anche se ha il guinzaglio. Si aggiunga il fatto che molti (non sappiamo se era il caso di Sesto; anzi, non sappiamo neanche se i guinzagli ci fossero), per non infastidire troppo la loro bestiola, usano guinzagli che legano le spalle, non la gola, cosa che rende vieppiù difficoltosa la manovra di trattenimento in caso di guai. A Sesto il signore ha rimediato una ferita e la signora la perdita del cagnetto. Perdita secca, perché pare sia stato quest’ultimo ad attaccar briga. Perciò, niente risarcimento. 

Tutto ciò si sarebbe tranquillamente potuto evitare se i due cani fossero stati provvisti di museruola, ma è tanto che di museruole non se ne vedono in giro. Sono antiestetiche e i cani non le gradiscono, subito accontentati dai proprietari. Le ultime, a mia memoria, le indossavano per protesta le sciure milanesi sotto al Comune quando la giunta Albertini osò emanare un’ordinanza in tal senso. Povera giunta, in fondo cercava di tamponare quella che in quei giorni appariva come un’emergenza di cronaca: bambini e anziani sbranati da cani casalinghi che, fino a quel momento, erano sembrati del tutto innocui. Non sappiamo se la giunta abbia ritirato l’ordinanza o diramato ai vigili l’ordine ufficioso di fare come se non esistesse. Il risultato è che nessun cane gira più con la museruola. E per il guinzaglio bisogna stare alla buona volontà (o al raziocinio) dei padroni. 

«Padroni»? Ma sarà politicamente corretto questo termine? Se per gli animali bisogna ormai usare la locuzione «i nostri amici a quattro zampe», non si può continuare ad adoperare con loro una parola che richiama la schiavitù. Così, quando mi imbatto sul marciapiede in una coppia di «amici», uno con due zampe e l’altro con quattro, per sicurezza cambio corsia. Già una volta, entrando in casa di conoscenti, fui accolto dall’assalto del cagnone di casa, a stento trattenuto dai bipedi che lo mantenevano. Strano! –dissero- Non l’aveva mai fatto! Chissà cos’ha avvertito in te! Insomma, la colpa era mia. In un’altra occasione, sedevo sul divano accanto al micio casalingo mentre il mio ospite preparava il caffè: per mia fortuna ero giovane e (è il caso di dirlo) più svelto di un gatto perché la bestiola mirò ai miei occhi con gli artigli ed evitai la cecità grazie alla sveltezza di cui dicevo. Anche lì: strano! è così buono! non è che l’hai provocato? Sono ormai tanti quegli amici degli animali che, di amicizia, hanno perso la mia. 

La riflessione, dopo l’esperienza, è questa: gli animali di città sono intelligenti o imbecilli come i rispettivi proprietari, dei quali assorbono il carattere. Il che non fa che confermare, per il credente, quanto è detto nel Genesi. Il non credente (o il credente in un cristianesimo fai-da-te, il che è lo stesso) finisce preda dell’ultimo –ismo alla moda, e va già bene quando si limita a far pena. Come un mio ex vicino che teneva in casa (un appartamento a piano alto e più piccolo del mio) due bull-dog di stazza impressionante: mi faceva pena quando lo vedevo, ogni notte, ballonzolare e incespicare trascinato dalle due belve avide di spazi aperti. Se c’erano loro in ascensore salivo a piedi, malgrado le rassicurazioni verbali. Di avere tra le gambe qualcosa che poteva tranciarmene una con un solo morso non mi sentivo. 

Ma ormai l’animalismo ha sdoganato i cani pure nell’unico posto in cui era proverbiale il loro veto: in chiesa. Perciò, nessuna meraviglia se al cancello di un condominio ho trovato appesi quattro fiocchi azzurri tutti uguali: complimentatomi col portiere per il parto da guinness, mi sono sentito rispondere che non erano bebé ma cuccioli di cane. L’«amica» della puerpera, fuori di sé dalla gioia, metteva tutto il palazzo a parte del lieto evento.