La morte di Gigi Rizzi rivela la vera anima italiana
La morte del quasi settantenne Gigi Rizzi ha occupato per giorni i quotidiani, le riviste, i rotocalchi, e ampi servizi nei tg le sono stati dedicati. Ora, per i giovani che non lo sapessero, il Rizzi fu autore di un’unica memorabile impresa: essersi portato a letto Brigitte Bardot. Non che fosse stato il primo a prodursi in tale risultato, né fu l’ultimo. Eppure, l’evento fu seguito quasi passo passo dalla stampa nazionale come se si trattasse della conquista dell’Himalaya o dello sbarco sulla Luna.
Il Rizzi, di professione gaudente, non aveva certo rapito il Vello d’Oro (ogni doppio senso è escluso), ma la sua (breve) avventura fu per l’Italia come se la Nazionale di calcio avesse vinto la Coppa Rimet (che invece andò al solito Brasile). Fu come se il Paese intero avesse piantato il tricolore su una delle donne più desiderate del mondo, anche se non proprio la più inarrivabile. E tutto questo benché Fellini avesse da poco additato al pubblico disprezzo i «vitelloni» e la vita scioperata che conducevano. Tuttavia, per l’Italietta degli anni Sessanta, vituperata e negletta, il Rizzi divenne il riscattatore del mai dimenticato gallismo nazionale. Italians do it better e, tra gli italians, vieppiù i sicilians. Oggi, sul Paese dei tombeurs de femmes per antonomasia sta calando la cappa delle nozze gay e la Sicilia ne è addirittura governata. Il Gay Pride, che celebra i suoi riti proprio a Palermo, pone una pietra tombale su un’era plurisecolare.
L’impresa di Gigi Rizzi si svolse mentre il femminismo cominciava a muovere i primi passi, passi che in breve divennero marce piazzaiole inneggianti al ritorno delle streghe. Oggi, superata anche questa fase, per il mondo intero «gay è bello», perciò sembra un po’ patetica e rétro questa commemorazione quasi nostalgica di Gigi Rizzi. Eppure, proprio questa universale nostalgia rivela dove realmente batta il cuore nazionale, al di là del politicamente corretto del momento. Sempre abbronzato, mocassino senza calzini, camicia aperta sul petto e a maniche rimboccate, collana d’oro e capello negligé, il Rizzi dei bei tempi non era altro che un giovanotto belloccio e simpatico, che aveva osato l’inosabile e l’aveva ottenuto forse proprio perché nessun altro osava. A quanti di noi sarà capitato di mangiare con gli occhi la più bella della festa, così bella che nessuno ardiva avvicinarla e che alla fine se ne era andata con l’unico che aveva avuto la faccia tosta di farlo?
Così, Gigi Rizzi fece sognare una generazione di giovanotti italiani che alla rivoluzione preferivano le donne. Oggi molti di quei giovanotti sono diventati giornalisti e, per conservare il posto, si adeguano alla new wave gay. Ma, sotto sotto, rimpiangono i bei tempi in cui i maschi italiani corteggiavano (solo) le donne. E uno di loro era riuscito ad aggiudicarsi la più ambita del mondo. Se ci fosse davvero bisogno di una dimostrazione di quanto innaturali (letteralmente: contro-natura) siano certe operazioni di chirurgia sociale e di plagio di popoli, il realmente sentito cordoglio per Gigi Rizzi basterebbe da solo.