La mascherina educativa è il de profundis della scuola
La mascherina imposta non più per motivi sanitari, ma per bisogni educativi dal ministro Bianchi e da un Draghi in versione Marchese del Grillo, segna il de profundis per la scuola italiana. Con l'emergenza finita, il caldo alle porte, il virus ormai debellato, a portare il bavaglio sono solo gli studenti, gli stessi che poi affollano senza bavaglio il concerto di Radio Italia e di Vasco o la parata scudetto del Milan. Così la scuola rinuncia all'uso della ragione, della critica, del vero e della libertà che dovrebbero essere la sua missione.
- RICORSI E DIFFIDE, di Luca Marcolivio
Negli ultimi giorni gli studenti italiani hanno avuto la possibilità di comprendere quanto grande sia l’inganno di cui sono vittime. Prima il premier Mario Draghi in visita a una scuola di Sommacampagna in Veneto che nella foto di gruppo si è presentato senza mascherina, poi il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, ospite a Scandicci, il quale ha addirittura detto che le mascherine hanno un valore educativo.
All’indignazione social non sono seguite proteste del mondo della scuola, segno che ormai quello dell’istruzione è un terreno di conquista che il governo ha ben stretto sotto il suo controllo. Assuefatta, ormai, dopo due anni di lockdown, banchi a rotelle, DaD, sospensioni di docenti, ostracismi di studenti non vaccinati, la scuola che recepisce oggi le direttive sulle mascherine non protesta neanche più, è ormai una scuola che ha perso la sua funzione di faro del sapere per diventare un’ancella di un potere irrazionale.
È curioso, infatti che le mascherine siano ormai sparite da tutti i luoghi frequentati dai giovani: stadi, discoteche, locali, attività sportive, raduni di qualunque tipo all’aperto come al chiuso, supermercati e boutique di vestiti. Ma restano invece a scuola, dove, a differenza dei trasporti, non c’è alcuna evidenza scientifica che il loro uso impedisca la trasmissione del covid. I ragazzi e le ragazze che sono costretti ad indossarle sono gli stessi che lasciato giù lo zaino hanno riempito piazza Duomo per il concerto di Radio Italia e la parata scudetto del Milan, gli stessi che si sono affollati per il primo concerto post pandemia di Vasco Rossi.
Lo stesso Ministero è stato costretto ad ammettere di non avere a disposizione nessuno studio epidemiologico che giustifichi, soprattutto in questa stagione, una qualche utilità delle mascherine in faccia ai ragazzi. Eppure, devono rimanere e ora devono rimanere mentre il premier Draghi, come il Marchese del Grillo (“Io so io e voi…”) fa bella mostra di non tenerla perché lui può.
Il perché siano obbligatorie solo a scuola, però, è chiarito dalla frase pronunciata da Bianchi: “C’è un valore educativo in tutto questo. Noi abbiamo insegnato ai nostri ragazzi ad avere attenzione e rispetto per gli altri, non si può far passare il messaggio che togliere la mascherina sia un atto di liberazione. È un atto di responsabilità”.
Dunque, le mascherine devono restare appiccicate alla bocca dei ragazzi non per un reale e concreto rischio sanitario, ma per una imposizione di uno Stato diventato etico che ti deve dettare le regole del buon vivere indipendentemente dalla verità che sottostà o meno ad ogni comportamento.
Nelle parole di Bianchi c’è il solito paternalismo di Stato, ma non c’è nessuna ragione, nessuna logica e razionale spiegazione del perché le mascherine debbano rimanere solo tra i banchi: non ci sono studi efficaci, fa caldo, l’emergenza è finita nella vita reale, i rischi sono maggiori dei benefici per via della Co2 respirata in grande quantità e soprattutto ormai in tutto il resto del mondo le hanno abbandonate.
Questo è il de profundis della scuola come palestra del bello e del buono, del vero e del reale da indagare mettendo tutto in crisi.
Gli studenti italiani di ogni ordine e grado non hanno ricevuto dai loro insegnanti, che Bianchi dovrebbe rappresentare, nessuna valida spiegazione del perché si debba indossare la mascherina, eppure devono accettare senza colpo ferire un’imposizione dall’alto che è il contrario della scuola. Senza domande, senza proteste, senza un timido cenno di ribellione che pure, se ci fosse, farebbe loro tanto bene, anche se poi a proposito di responsabilità dovrebbero mettere in conto un paio di note sul diario. Alcuni insegnanti, coraggiosamente, dialogano con i loro ragazzi e provano a estrapolare delle ragioni che vadano oltre la convenienza, ma sono mosche bianche. Tutti gli altri si adeguano.
A che serve educare, infatti, a usare la ragione se adesso che bisogna usarla non si può? Questo si chiedono i ragazzi e le risposte che vorrebbero esulano dal facile conformismo sulla responsabilità utilizzato da Bianchi che dimostra di non avere a cuore davvero l’educazione dei giovani, bensì il loro intruppamento, il loro addomesticamento, la loro cieca adesione a regole stupide imposte da adulti che di loro si fanno beffe.
A che serve, allora, chiedere ai ragazzi di osare, di pensare con spirito critico, di usare la propria testa se poi la si deve piegare ad una nuova ideologia non contemplata dai libri di testo, come è quella pandemista? A che serve educarli alla libertà consumando pagine e pagine di vuota retorica resistenziale, risorgimentale, insurrezionale, rivoluzionaria se il mondo dei grandi decide che per loro e solo per loro c'è un’emergenza sanitaria di fronte alla quale non bisogna fiatare?
L’irrazionale regime di mascheramento nel mondo della scuola oggi, unito alla sostanziale inerzia di tutti i protagonisti ad esso sottoposti, spiega perché l’unico luogo dove la mascherina deve rimanere è proprio la scuola: perché la scuola crea i cittadini, i medici, i giornalisti, i politici, gli operai e i costruttori di domani. E li creerà tanto più asserviti al potere quanto più con docilità si saranno lasciati imbavagliare senza neanche una minaccia perché lo spauracchio di un virus ormai innocuo avrà già fatto tutto.