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CASO TEMPA ROSSA

La magistratura, nuovo "Sol dell'avvenire"

Dal governo Renzi, dal suo statalismo e relativismo, non arriverà nulla di buono. D'accordo. Ma la filosofia politica che gli si oppone è destinata a bloccare ancor di più lo sviluppo del Paese. E' un circuito mediatico-giudiziario che sfrutta ogni scandalo per togliere legittimità alle istituzioni democratiche.

Editoriali 06_04_2016
Matteo Renzi e Federica Guidi

Per lo statalismo e per il relativismo culturale che radicalmente lo caratterizzano riteniamo che dal governo Renzi non possa venire alcuna solida e stabile via d’uscita dai problemi del nostro Paese. Né ci è di conforto l’avere ben chiaro che, nella concreta situazione politica in cui siamo, qualsiasi altro possibile leader e qualsiasi altro possibile governo farebbero peggio di Renzi e dei suoi. Peggio ancora però starebbero le cose se sulle eventuali rovine del governo Renzi dovesse affermarsi un regime ispirato alla filosofia politica che sta alla base dell’attacco che Renzi sta subendo in questi giorni. Una filosofia politica il prevalere della quale comprometterebbe definitivamente le già esigue prospettive di sviluppo del Paese, e quindi di uscita dalla crisi in cui si trova.

Nelle intercettazioni delle telefonate, illegalmente trasmesse alla stampa, dell’oggi ex-ministro Guidi e di altri indagati dalla procura di Potenza non ci pare di vedere nulla in sé di rilevante da un punto di vista penale. Osserviamo poi qui per inciso che non ci si può rassegnare al fatto che illegali diffusioni di atti giudiziari ancora segreti continuino a ripetersi impunemente nel nostro Paese; e senza che tale illecito venga minimamente contrastato e punito. Ad ogni modo sarà poi la magistratura giudicante ad accertare se nel caso specifico emergano comunque responsabilità penali. Al di là del caso specifico tuttavia ci interessa mettere in luce appunto la filosofia politica che sta alla base della trasformazione di tali telefonate in prove di colpevolezza. Quasi ogni atto di governo, come in genere quasi ogni atto umano, ha anche delle conseguenze economiche da cui derivano per taluni dei vantaggi e per altri degli svantaggi. Se al mio compleanno invito al ristorante a festeggiarlo con  me parenti e amici creo un vantaggio per il ristoratore; e uno svantaggio per chi mi avrebbe fornito altri beni e servizi cui rinuncio per poter pagare il conto di quella cena.

Su scala ovviamente ben diversa, qualsiasi atto di governo determina vantaggi o rispettivamente svantaggi per gruppi sociali, per territori, per settori economici e anche per singole imprese. Pretendere che perciò stesso il governo che ha preso il provvedimento sia al soldo delle categorie avvantaggiate equivale a stabilire che governare sia qualcosa di disonesto in sé. Lo sarebbe invece soltanto se fosse dimostrato che quel tale ministro ha deciso come ha deciso non a fini di bene comune, ma per trarre illecito guadagno personale dalla sua decisione. Viceversa che un ministro o chi per lui informi il titolare di un interesse in sé legittimo di una novità legislativa che gli è di vantaggio può essere cosa inopportuna, ma in quanto tale non è affatto prova di un illecito. Eppure il ministro Guidi ha dovuto dimettersi solo per questo.

La libertà e quindi la democrazia non vengono mai conquistate una volta per tutte. Il crederlo sarebbe una pericolosa illusione; e più che mai lo sarebbe nel tempo in cui viviamo nel quale tendenze autoritarie serpeggiano con forza crescente. Sono tendenze neo-autoritarie nuove, ben diverse nella forma da quelle della prima metà del secolo scorso. Non hanno piglio militare e retorica roboante, ma la sostanza non cambia. Cambia soltanto lo stile, che è  più burocratico e quando necessario più tecnocratico. Rientra tipicamente in questo nuovo autoritarismo il progetto di far migrare il potere fuori delle istituzioni politiche, dove almeno in Occidente è soggetto al controllo democratico, spostandolo verso altri ambiti che il sistema massmediatico provvede poi ad accreditare altrimenti. Essendo ormai passato il tempo dei regimi militari, in particolare nei Paesi come il nostro dove per eredità francese la magistratura è un potente corpo non elettivo che si rinnova per cooptazione, è innanzitutto verso di essa che viene fatta volgere la speranza di rinnovamento della gente. Ogni scandalo vero o presunto che macchia le istituzioni democratiche diventa una buona occasione per delegittimare la democrazia in quanto tale, e per invitare a vedere nella magistratura il sole dell’avvenire.

Nel caso del governo Renzi ci sarebbe poi infine da concludere rifacendosi all’antico proverbio “Chi di spada ferisce, di spada perisce”. Finché la grande stampa italiana è stata dalla sua parte egli stesso ha fatto ampio uso di campagne di delegittimazione contro le istituzioni che voleva attaccare: si pensi ad esempio alla campagna contro le Regioni con la denuncia impietosa di qualsiasi spesa ingiustificata dei Consigli regionali mentre mai non diciamo un faro ma nemmeno una fioca lucerna veniva rivolta verso le spese del Parlamento nazionale per non parlare di quelle dei tribunali. Venuta la sua ora, tanta mirata indulgenza non sembra essergli molto servita.