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IL BELLO DELLA LITURGIA

La Madonna e il Rosario, l’arma per vincere ogni battaglia

È considerata tra i capolavori di Lorenzo Lotto la monumentale pala della “Madonna del Rosario” che il maestro veneziano realizzò, nel pieno della sua maturità artistica, per la chiesa di san Domenico, a Cingoli. La Vergine, rivestita di un manto azzurro e con il Bambino sulle ginocchia, è al centro di una composizione piramidale. San Giovannino, davanti al trono, indica Gesù, suggerendoci di guardare a Cristo attraverso Maria

Cultura 09_05_2020

Lorenzo Lotto, Madonna del Rosario, Cingoli – Palazzo Comunale


“O Augusta Regina delle vittorie, o Vergine sovrana del Paradiso…” (dalla Supplica alla Beata Vergine del Rosario di Pompei)

Risale al 1475 l’istituzione della prima confraternita del Rosario di cui si abbia notizia certa: un sodalizio, dapprima sorto in area germanica, che aveva come scopo la promozione di questa formula di preghiera nata quando la Vergine, apparsa miracolosamente, consegnò a Domenico di Guzmán la santa corona quale arma per sconfiggere l’eresia. Relativamente recente, dunque, è l’iconografia della Madonna del Rosario che dall’inizio del Cinquecento, favorita dalla Controriforma, si diffuse anche in Italia, contribuendo alla creazione di mirabili opere d’arte.

Proprio da una confraternita, nel 1537, arrivò a Lorenzo Lotto la commissione della pala d’altare per la chiesa di San Domenico a Cingoli, in quel di Macerata. Il dipinto, dalle dimensioni monumentali, è considerato tra i capolavori del maestro veneziano che lo realizzò quasi sessantenne, nel pieno, ormai, della sua maturità artistica.

La Vergine è rivestita da un manto di un intenso azzurro, colore spirituale per eccellenza, e con il Bambino sulle ginocchia è al centro di una complessa composizione piramidale alla base della quale i santi convenuti la circondano come in una Sacra Conversazione. Un elegante drappo rosso aggiunge un tocco di regale dignità al semplice scranno sul quale è assisa: Maria è Regina e di fronte a Lei s’inginocchia San Domenico, che riceve in dono il Santo Rosario, e Sant’Esuperanzio, patrono di Cingoli, che si protende verso il piccolo Gesù per affidare, al Figlio e alla Madre, la città di cui è vescovo.

Non sono i soli: accanto a loro, su diversi livelli, si dispongono Maria Maddalena e Santa Caterina, San Pietro Martire - riconoscibile dalla mannaia conficcata nel cranio, strumento del suo martirio e suo attributo iconografico - e San Vincenzo Ferrer che con l’indice alzato dirige il nostro sguardo verso il traliccio di fondo, sul quale si arrampica un imponente, quanto speciale, roseto. Incastonati come pietre preziose, o altrettanti boccioli, quindici medaglioni raffigurano i temi contemplati dalle decine della corona, mescolandosi alle rose, simbolo della verginità e della purezza di Maria.

I misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, da leggersi da sinistra a destra e dal basso verso l’alto, sono offerti alla meditazione del fedele attraverso una pittura che, pur rifacendosi alle stampe popolari, arricchisce i singoli episodi di originali dettagli compositivi e raffinate soluzioni cromatiche, a dimostrazione della maestria dell’artista, autore, qui, di una specie particolare di albero della vita.

San Giovannino, davanti al trono, indica Gesù, suggerendoci di guardare a Cristo attraverso Maria in onore della quale un piccolo putto sparge, gioiosamente, petali di rosa da una cesta di vimini: così facendo, crea un raggio colorato che, sfondando la bidimensionalità della tela, sembra raggiungere anche noi, per coinvolgerci nella sacra rappresentazione.