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NUOVA GUERRA FREDDA

La Lituania apre a Taiwan e viene minacciata da Pechino

Forte tensione fra la Cina e la Lituania. L’ambasciatore cinese è stato richiamato da Vilnius e il regime comunista sta invitando l’omologo lituano a Pechino a fare le valige. Perché a Vilnius è stato aperto un ufficio di rappresentanza di Taiwan. 

Esteri 13_08_2021
Taipei, si celebrano i nuovi rapporti Taiwan-Lituania

Forte tensione fra la Cina e la Lituania. L’ambasciatore cinese è stato richiamato da Vilnius e il regime comunista sta invitando l’omologo lituano a Pechino a fare le valige. Come è stato possibile che la grande potenza asiatica rompesse diplomaticamente con la piccola repubblica baltica? Quest’ultima ha aperto a Vilnius una rappresentanza diplomatica di Taiwan, che porta esplicitamente il nome di Taiwan. Per la Cina, Taiwan, semplicemente non esiste. La considera come una sua provincia ribelle e ha sempre minacciato l’uso della forza nel caso proclami l’indipendenza.

La scelta lituana sta maturando dall’inizio del 2021. Nasce da un peggioramento delle relazioni fra la Cina e tutti i Paesi dell’ex blocco comunista europeo. Il primo segnale evidente di rottura si ebbe nel febbraio scorso, in occasione della riunione (in videoconferenza) fra i ministri del forum 17+1, che riunisce la Cina e i Paesi dell’Europa centro-orientale (le tre Repubbliche Baltiche, le sei repubbliche dell’ex Patto di Varsavia, le sei repubbliche della ex Jugoslavia, l’Albania e la Grecia). Il forum internazionale era stato lanciato a Varsavia nel 2012 per promuovere la Nuova via della seta cinese, con la costruzione di grandi infrastrutture che non avevano speranza di essere finanziate dall’Ue. E’ nell’ambito di questi programmi che la Cina ha investito nel porto del Pireo in Grecia, riqualificato la centrale di Kostolac in Serbia e costruito una nuova autostrada nel Montenegro. Ma gli investimenti cinesi hanno continuato a ridursi, dal 2018 al 2020. Nel vertice del febbraio scorso, le tre repubbliche baltiche, la Romania, la Bulgaria e la Slovenia hanno fatto partecipare solo figure ministeriali, non i capi di governo, tantomeno i capi di Stato. Il gesto è stato interpretato come uno schiaffo a Xi Jinping, presente in videoconferenza. In quella occasione, il ministro degli Esteri lituano, Landsbergis, ha annunciato il ritiro del suo Paese dal forum, considerando insoddisfacenti i risultati dei rapporti con la Cina.

Alla questione commerciale va aggiunta quella politica. Il 2019 è stato l’anno della repressione cinese a Hong Kong, ma anche l’ultimo dei negoziati dell’Accordo sugli Investimenti fra Ue e Cina. La Lituania, assieme alle altre due repubbliche baltiche, ha insistito più di ogni altro Paese a inserire la clausola dei diritti umani. La Cina, secondo il governo lituano, deve “rispettare le regole che si sono affermate dopo il 1945”, dunque il rispetto dei diritti umani e degli accordi internazionali, entrambi violati con la gestione di Hong Kong. La linea lituana non è stata condivisa da altri Stati europei occidentali, principalmente da Francia e Germania, quest’ultima perché terminale di terra della Via della Seta, la prima, invece, desiderosa di ottenere, con un miglior rapporto con la Cina, una maggiore indipendenza strategica dagli Usa.

L’intelligence dell’Estonia, nel suo ultimo rapporto, descrive chiaramente l’intento della Cina di dividere l’Ue dagli Usa. Le armi che la potenza asiatica userà in Europa, secondo gli analisti estoni, saranno sempre più l’ascendente personale di Xi Jinping (di cui viene notato il “crescente culto della personalità”), la disinformazione (particolarmente attiva durante i primi mesi di pandemia di Covid-19) e la dipendenza tecnologica dalla rete 5G cinese, lo spionaggio informatico e il furto di segreti industriali.

La Lituania ha preso sul serio la minaccia della Cina e ha deciso di rivedere le relazioni con Pechino. La prima mossa, eclatante, è l’apertura dell’ufficio di rappresentanza di Taiwan a Vilnius. La cooperazione fra la piccola nazione ex sovietica (indipendente dal 1990) e l'isola che non intende farsi assorbire dalla Repubblica Popolare Cinese (da cui è separata, di fatto, dal 1949) è consolidata anche da una comune esperienza di lotta al totalitarismo. E va completamente in controtendenza rispetto al lento e graduale ritiro dei riconoscimenti diplomatici all'"altra Cina", da parte dei Paesi che ancora la accreditavano come legittimo governo cinese. Attualmente il governo di Taipei mantiene relazioni diplomatiche solo con 16 Paesi (inclusa la Lituania).

Pechino ha risposto immediatamente, con il ritiro dell’ambasciatore. Ieri, in un durissimo articolo del quotidiano di Partito in inglese, il Global Times, “La Lituania è un piccolo Paese europeo di tre milioni di abitanti, forse quello con i più forti sentimenti anti-russi. La Cina deve far lega con Russia e Bielorussia e punire la Lituania che non è altro che un cane da guardia degli interessi americani”. Se non è un avvertimento, è qualcosa di molto simile.