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GAZA

La guerra psicologica di Hamas sugli ostaggi

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Video di tre ostaggi israeliani, poi in serata si apprende che due sono morti. Netanyahu promette ritorsioni. E la Cisgiordania sta scoppiando.

Esteri 17_01_2024
Ostaggi israeliani (La Presse)

Le brigate al Qassan, l'ala militare di Hamas, hanno diffuso un video con tre ostaggi israeliani trattenuti in un luogo segreto di Gaza: si tratta di Yossi Sharabi, Itay Svirsky e Noa Arghamani. A parlare è solamente Noa Arghamani, la ragazza rapita dai miliziani di Hamas al festival Supernova, nel deserto del Negev, a pochi chilometri dalla Striscia, lo scorso 7 ottobre e portata a Gaza in sella ad una motocicletta. Immortalata in un video di dieci secondi, le immagini hanno fatto il giro del mondo. Ora, nelle riprese dei prigionieri, diffuse proprio nel centesimo giorno di guerra, la giovane, con i capelli lunghi e con gli occhi terrorizzati, chiede al governo di Benjamin Netanyahu di fermare la guerra e riportare a casa le persone rapite in quel drammatico giorno.

La speranza, però, è durata meno di ventiquattro ore. Nel frattempo, è stato diffuso un altro video che riprende due dei tre ostaggi morti. Ad annunciarlo è sempre Noa: «Ad ucciderli sono stati gli attacchi dell'aviazione israeliana». Le immagini riprese da molto vicino fanno vedere i cadaveri Itay Svirski, 38 anni, parzialmente ricoperto da un sudario bianco, il viso in parte insanguinato, sul braccio una ferita, e quello di Yossi Sharabi, 53 anni, anche lui avvolto in un lenzuolo bianco, con le mani legate sull’addome. Le immagini sono entrate in tutte le case di Israele. Ma anche in Palestina e di tutto il mondo.

La reazione del governo Netanyahu è stata dura. Per ora solamente verbale. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha infatti dichiarato: «Solo la pressione militare su Hamas porterà a un nuovo accordo sugli ostaggi». E il portavoce dell'esercito Daniel Hagari ha aggiunto: «Abbiamo informato le famiglie della nostra profonda preoccupazione per la sorte di Itay Svirsky e di un altro ostaggio. Potrebbero essere realmente morti». E ha proseguito, trasgredendo alla regola non scritta di Israele di non commentare i video diffusi dall'organizzazione terroristica palestinese: «Itay non è stato colpito dalle nostre forze: questa è una menzogna di Hamas». Non vi sono però elementi, al momento, che possano far capire quando siano stati girati i filmati con Sharabi e Svirsky, prima vivi e poi morti.

Il clima tra i componenti del Gabinetto di guerra è molto teso. Gallant è convinto che Hamas stia facendo violenza psicologica. Ma tra il responsabile della Difesa e il primo ministro c'è un muro, una barriera di incomunicabilità. Tra i due c'è una vecchia ruggine risalente allo scorso anno, nel periodo in cui l’esecutivo propose una riforma della giustizia che Gallant aveva giudicato antidemocratica. Fonti anonime del Consiglio di guerra riferiscono che tra i due è seduto Benny Gantz, l'ex capo di Stato maggiore che ha combattuto nella guerra contro Gaza del 2014. Su una cosa, comunque, sia Netanyahu che Gallant sono d'accordo: solo la pressione militare può riportare a casa gli ostaggi di Hamas. Tra i familiari dei prigionieri c'è molta rabbia. «Ahshàv! Ahshàv! Ahshàv!» (ora) gridano nelle piazze. «Riportateli a casa ora!».

Come reagirà il Gabinetto di guerra alla notizia della morte dei due ostaggi, per ora, è impossibile prevederlo. Sicuramente, lasciano intendere fonti ben informate, sarà una reazione violenta.

Nel frattempo, la Cisgiordania è una polveriera. Il clima è sempre più rovente. Lo sanno anche i funzionari del governo israeliano. Da Gaza l’unità d’élite delle forze speciali Duvdevan sta per essere trasferita in Cisgiordania. Ieri, altri tre palestinesi sono morti durante gli scontri con la polizia. E nello stesso giorno dalla Cisgiordania provenivano i due attentatori che si sono avventati sui passanti nella città di Ràanana, nel centro di Israele, a meno di 20 chilometri da Tel Aviv. Un “attacco terroristico”, per la polizia, che li ha arrestati.

Nel nord di Israele proseguono gli scontri al confine con il Libano. «È stato uno dei maggiori attacchi condotti dall'inizio della guerra, anche se esauritosi in pochi minuti». Così un ufficiale del comando nord di Israele, citato dalla radio militare israeliana, ha definito l'operazione congiunta tra i reparti di artiglieria e aviazione, di ieri, 16 gennaio, portata a termine nel sud del Libano, contro obiettivi degli Hezbollah. Sono state colpite decine di postazioni dei miliziani sciiti nel Wadi Saluki, nel Libano meridionale. 

Anche l'Iran muove il proprio esercito e dichiara di aver distrutto il quartier generale del Mossad con attacchi missilistici su Erbil. Affermazione, però, smentita dal premier del Kurdistan iracheno, Masrour Barzani, nel corso di una conferenza stampa a Davos e ripresa dai media curdi, che ha affermato come gli attacchi abbiano preso di mira solo civili e residenze private, assicurando che queste incursioni non rimarranno senza risposta.