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RUSSIA-UE

La guerra del gas è iniziata e la pagheremo tutti

La Russia ha interrotto le forniture di gas a Polonia e Bulgaria che rifiutano di pagare in rubli. Mosca è pronta a tagliare il gas anche agli altri Paesi che faranno la stessa scelta. Intanto il gas russo continua ad arrivare agli altri Paesi europei. La Commissione avverte che, senza un approccio più strategico, sarebbe crisi senza precedenti.

Economia 28_04_2022
Gasdotti

La guerra del gas la pagheremo tutti. Era assolutamente prevedibile e ampliamente annunciato che la guerra in Ucraina, oltre ai morti e feriti che si contano in quel paese dal 2014 ad oggi, si passasse alla fine del libero mercato con le sanzioni e confische dei Paesi occidentali e, cosa accaduta ieri, alla guerra del gas, con il taglio delle forniture ai primi due Paesi che si sono chiaramente rifiutati di pagare le forniture in rubli del gas russo, Polonia e Bulgaria.

La guerra in corso è anche una guerra della ‘moneta’ di scambio (e valore di riferimento unico) internazionale, nella quale la tirannia assoluta del dollaro Usa cesserà di essere tale. Il Presidente russo Valdimir Putin, dal 23 marzo scorso aveva annunciato la richiesta del suo Paese di vedersi pagare il gas fornito ai Paesi ‘non amichevoli’, tra cui tutti coloro che sanzionavano  Mosca, in moneta nazionale russa. Lo aveva fatto anche per sostenere il valore del proprio conio nazionale, a fronte di una prevedibile speculazione e saccheggio che la stava portando alla ‘carta straccia’. Tutti sapevamo che la Russia avrebbe preteso questi pagamenti in moneta nazionale e minacciato i riottosi del taglio delle proprie forniture. Tra l’altro, la Russia ha giù sottoscritto contratti miliardari con India, Cina, Pakistan e diversi altri giganti globali con la clausola di pagamenti in monete nazionali.

Ebbene ieri, ma era già chiaro dalla serata del 26 aprile, Gazprom ha dapprima chiuso i rubinetti del proprio gas alla Polonia, poi lo ha fatto nei confronti della Bulgaria. Due segnali politici ben chiari e coerenti. Nella mattinata del 26 aprile la Polonia aveva imposto nuove sanzioni contro Gazprom, dunque si attendeva una riduzione delle forniture nella giornata e il blocco di ieri. La stessa Bulgaria, già nella stessa giornata del 26 aprile si attendeva il blocco delle forniture di gas, dopo che  Sofia aveva comunicato a Mosca che non avrebbe pagato in rubli. Dunque, ciò che tutti sapevano ed i diretti interessati si aspettavano, si è verificato: mercoledì 27 aprile Polonia e Bulgaria sono state sospese dalle forniture del gas proveniente dalla Russia.  Circa la metà del gas importato dalla Polonia viene dalla Russia, ancora di più per la Bulgaria che ottiene almeno tre quarti delle sue importazioni di gas dalla Russia.

Il Presidente della Commissione Von der Leyen ha denunciato la decisione di Gazprom come "un altro tentativo della Russia di usare il gas come strumento di ricatto" che è "ingiustificato e inaccettabile", sottolineando che i 27 paesi è della UE sono "preparati per questo scenario". La risposta da Mosca non si è fatta attendere : ‘Ricatto? Quale ricatto? Abbiamo detto da più di mese che si sarebbero accettati solo pagamenti in rubli per il nostro gas, lo ribadiamo’. Non solo, il portavoce del Cremlino ha ribadito che il proprio paese è pronto a sospender le forniture di gas anche ad altri Paesi che non si rendono disponibili a pagare in rubli le forniture. Già dalla giornata di ieri il nuovo governo liberale della Bulgaria ha rassicurato di avere scorte di gas per almeno il prossimo mese e stretto accordi con Grecia ed Azerbijan per ricevere ulteriori e costanti forniture dai giacimenti persiani. La Polonia, che considera lo stop alle forniture di gas come una vero e proprio attacco diretto al proprio paese, ha rassicurato di avere riserve sufficienti per i prossimi mesi e, sempre nella giornata di ieri, ha trovato un accordo con la Germania per la fornitura di gas (russo) via Berlino.

Il gas russo continua ad arrivare in Ungheria, Austria, Italia, Germania, Slovacchia e nel resto dei paesi europei. Nel frattempo dagli Usa, Bloomberg lanciava la notizia che almeno 10 aziende energetiche europee che acquistano gas naturale russo hanno già aperto conti presso la Gazprombank, banca legata al colosso russo del gas e abilitata allo ‘scambio di moneta’  necessario per soddisfare la richiesta della Russia di pagare in rubli e quattro di esse hanno già effettuato i pagamenti per le forniture dei prossimi mesi. Una di queste compagnie è la Uniper, un player energetico globale che fornisce ogni tipo di risorsa energetica a più di 40 Paesi del mondo e che si è già accordata con Gazprom per il pagamento in rubli dal prossimo 15 maggio, rassicurando che la sospensione dell’invio di gas alla Polonia non provocherà riduzioni agli altri Paesi europei.

Il gas russo arriva regolarmente in Europa, 49 milioni di metri cubi nella giornata del 26 aprile (i dati di ieri saranno disponibili sono oggi), il prezzo però lo stanno pagando e lo pagheranno cittadini e imprese europee. C’era infatti da aspettarsi che la notizia della sospensione di gas a Polonia e Bulgaria e, soprattutto la sceneggiata di Bruxelles, ha fatto lievitare i prezzi del gas sul mercato. I prezzi all'ingrosso del gas sui mercati di riferimento olandesi e britannici hanno registrato guadagni fino al 20% mercoledì mattina. Intanto, il danese Torben Brabo Ceo di Gas Infrastructure Europe (GIE), ha messo in guardia l’Europa, dicendo:”Senza il gas russo, saremo probabilmente nella peggiore situazione che abbiamo mai avuto" sul continente dalla fine della II Guerra mondiale. Il Commissario Thierry Breton ha ricordato che "senza un approccio più strategico [oggi inesistente] allo sviluppo delle capacità di materie prime primarie e secondarie in Europa, non ci sarà nessuna transizione verde e digitale, nessuna leadership tecnologica e nessuna resilienza".

Torniamo alla politica, evitiamo il ‘tafazzismo’ che pagheremo caro ed inoltre, potrebbe far ancora gli interessi dei russi se è vero che, come dicono a Mosca, la riduzione potenziale delle forniture all’Europa, si compenserà con l’aumento dei prezzi.