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LIDL E NON SOLO

La guerra contro la Croce, l'Occidente che si odia

Lidl, la catena di supermercati tedesca, ci ricasca e cancella le croci da una foto di un paesaggio italiano. Stavolta lo fa "per sbaglio". Ma la guerra contro le croci si diffonde: rimosse dalle maglie delle squadre di calcio, cancellate dalle parole di un'opera di Rossini, vietate sulle collane. L'Occidente divora se stesso.

Libertà religiosa 13_10_2017
Croci sparite dalla foto di Santorini della Lidl

Lidl, la catena di supermercati tedesca, ci ricasca e cancella le croci da una foto di un paesaggio europeo. La scorsa estate era toccato ai prodotti della linea greca: sulle confezioni di yoghurt, formaggi e moussaka, era stata apposta una foto dell’isola di Santorini con il classico villaggio con le chiese ortodosse ricoperte ci calce bianca e tetti azzurri ma prive delle croci sulle cupole. La rimozione del simbolo cristiano fu spiegata così da un portavoce del circuito dei discount: “Evitiamo l’utilizzo di simboli religiosi perché non vogliamo escludere alcuna credenza religiosa”. E ancora secondo la direzione “Lidl è un’impresa che rispetta la diversità, e questo spiega perché l’imballaggio è stato concepito così”. Seguì un’ondata di proteste e il gruppo tedesco rettificò la sua posizione: "La nostra intenzione non è mai stata quella di scioccare. Evitiamo l’utilizzo dei simboli religiosi sui nostri imballaggi per mantenere la neutralità in tutte le religioni". 

Il risultato fu un guazzabuglio di giustificazioni che non sembrò avere né capo né coda. Ma dopo appena un mese e mezzo ecco scoppiare il caso del punto vendita di Camporosso, in provincia di Imperia, dove sulla parente di fronte alle casse campeggia una maxi foto della frazione di Dolceacqua, dalla quale sono sparite le croci sulla facciata e sul campanile della chiesa di Sant’Antonio Abate. L’intervento è talmente grottesco e ingiustificato che persino il sindaco di Dolceacqua, Fulvio Gazzola, ha scritto una lettera di protesta ai vertici della Lidl, proprio per la rappresentazione falsata di una delle immagini più note del suo paese, paventando il ricorso a un'azione, qualora la foto non venga al più presto ripristinata secondo la vista originale. 

Sulla vicenda ha chiesto spiegazioni all’ufficio stampa della Lidl Italia anche la Nuova Bq, ottenendo la seguente risposta: “L’immagine di Dolceacqua è stata acquistata da un database fotografico, stampata e affissa in punto vendita. Non ci siamo accorti che l’immagine acquistata non presentava le croci. Nessuna strategia di marketing quindi, ma una semplice svista di cui ci scusiamo sia con i nostri clienti che con gli abitanti di Dolceacqua. Come già comunicato al Sindaco, l'immagine verrà rimossa e sostituita immediatamente". Nella fattispecie la società dalla quale è stata acquistata la foto è la Shutterstock, un database internazionale. 

Resta comunque senza spiegazioni la rimozione delle croci da parte del noto service di immagini. Per quale motivo la croce scandalizza e urta le sensibilità di pubblicitari, esperti di marketing e curatori di immagine del mondo occidentale? È mai possibile che l’unico simbolo che ha unito l’Europa in luogo e largo per duemila anni, da Lisbona a Mosca, da Oslo ad Atene, ora debba essere nascosto per non urtare le altre sensibilità?

Fa specie poi che in Medio Oriente e in Asia sono i remigi teocratici islamici e totalitarismi materialisti ad abbattere le croci, mentre qui in Europa è lo zelo politicamente corretto di qualche grafico al soldo delle grosse compagnie pubblicitarie.

Vale la pena ricordare che ci sono anche ragioni economiche dietro la rimozione di croci operata in tutto Occidente. Lo scorso inverno il Real Madrid, per favorire il merchandising nei mercati arabi, ha deciso di togliere la croce dal vertice della corona reale che sormonta lo stemma del club. In pratica la corona borbonica ha perso la croce cristiana, come era già capitato, solo momentaneamente, nel 2014, per il marketing di un singolo sponsor di Abu Dhabi e ancora prima, nel 2012, per la partnership con un resort negli Emirati.

Restando nel campo calcistico, nel 2007 finì sotto accusa la maglia dell’Inter, quella bianca con la croce rossa sul davanti, adottata in occasione del centenario della società e che si ispira al simbolo della città di Milano. A sentirsi offeso fu un avvocato turco, Barsia Kaska, che chiese  all’Uefa di multare la società milanese che indossò la maglia biancorossa in occasione della partita di Champions contro il Fenerbahce a San Siro. "Ricorda il simbolo dei Templari" sostennero diversi estremisti turchi. Una campagna a cui si accodarono diversi mezzi di informazione della Turchia, che accompagnarono la foto della maglia con le immagini del monaci soldati.

Tornado ai fati di queste settimana si segnala invece che il prestigioso teatro El Liceu di Barcellona, situato al civico 51 della Rambla teatro della strage del 17 agosto, ha mandato in scena dal 13 al 20 settembre una versione accuratamente censurata dell'opera Il viaggio a Reims di Gioacchino Rossini. In un passaggio chiave è stata sostituita la parola "croce" con la più neutra "amore". Il passaggio incriminato di Rossini e sforbiciato per una settimana recitava così: "Come sul Tebbro e a Solima, foriera di vittoria, simbolo di pace e gloria l'amore splenderà". Il Soprano russo Irina Lungu, raggiunta dal Giornale, è stata molto dura: "Io non devo difendere il mio credo religioso salendo sul palco, non è certo compito di un cantante, ma non sono d'accordo con questa imposizione ridicola".

La rimozione della croce è poi diventata prassi in diversi cimiteri in Gran Bretagna. Tra gli ultimi casi segnalati quello di Burnley, dove il forno crematorio ha rimosso il simbolo cristiano per andare incontro alle altre religioni, malgrado la stragrande maggioranza delle funzioni funebri sia ancora officiata con il rito cristiano.

Infine come non ricordate i numerosi lavoratori che hanno rischiato il licenziamento e in alcuni casi hanno perso il lavoro perché si ostinavano a portare una croce al collo. Due casi sono finiti davanti alla Corte europea dei diritti umani. Quello di Nadia Eweida, un’addetta al check-in della British Airways, che venne licenziata perché indossava, sulla divisa, una collana con una croce. Lo stesso accadde qualche anno più tardi a Shirley Chaplin, un’infermiera britannica, che venne allontanata dall’ospedale in cui prestava servizio per lo stesso motivo. Nel 2013 in Norvegia fu rimossa dalla conduzione del telegiornale della tv pubblica Nrk, Siv Kristin Saellmann, per aver indossato una piccola croce di pietre scure durante il notiziario. La comunità islamica locale, molto consistente, si sarebbe subito risentita e avrebbe portato la sua protesta fino alle alte sfere della televisione pubblica, che hanno deciso per l'allontanamento della giornalista dal video.

Si potrebbero citare altre decine di casi come questi, ma le conclusioni sono sempre le stesse. Che sia per non recare disturbo alle altre culture o per non incontrare impedimenti ai propri affari economici cambia poco: l’Occidente è intento a tagliare di netto qualsiasi collegamento con le sue radici cristiane, quelle che più di ogni altra cosa hanno plasmato lo spirito e i fondamenti del vivere comune dei popoli europei. Tutto infatti parla di questo, dal paesaggio all’araldica passando per l’arte e la letteratura, succede così che la furia iconoclasta imperversa in maniera “interdisciplinare”.  A noi resta la certezza che chi ha paura della Croce di Cristo è già sconfitto in partenza e il suo posto nella storia sarà tra le tante macerie del secolarismo.