La guerra continua, ma è giallo sull'atomica iraniana
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Contrariamente a quanto sostenuto dall'agenzia per l'energia atomia (AIEA), secondo un report dell'intelligence Usa citato dalla Cnn, l'Iran è lontana almeno 3 anni dal dotarsi delle 9 armi atomiche che hanno giustificato l'offensiva di Israele. L'Intelligence di Washington esporrebbe Netanyahu ad una clamorosa smentita.
- Trump nervoso al G7 di Stefano Magni

La guerra tra Israele e Iran continua con reciproci attacchi e bombardamenti in cui la soluzione sembra poter essere determinata da chi finirà per primo le munizioni. Israele cerca di distruggere missili balistici e lanciatori mobili consapevole che, come fanno notare diversi osservatori militari, l’arsenale missilistico iraniano stimato in 2.500 o 3000 missili in parte in grado di sfuggire alla difesa aerea israeliana, potrebbe presto consumare le scorte di armi antimissile non solo di Israele ma anche degli alleati statunitensi.
L'Iran non sta "cercando di dotarsi" di armi nucleari, ha ribadito il 16 giugno il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, intervenendo di fronte al parlamento di Teheran. «Il nemico non può cancellare noi e la nostra nazione con violenza, uccisioni e assassinii», ha detto Pezeshkian. «Perché per ogni eroe la cui bandiera cade, ci sono centinaia di altri eroi pronti a raccogliere quella bandiera e a opporsi alla crudeltà, all'ingiustizia, al crimine e al tradimento che questi codardi stanno commettendo». Pezeshkian ha affermato che gli iraniani «non sono aggressori» e ha sottolineato che il suo governo sta negoziando con gli Stati Uniti sul programma nucleare.
Se appare naturale che Pezeshkian smentisca il premier israeliano Bibi Netanyahu, che continua a ripetere che l’attacco all’Iran si è reso necessario per impedire agli ayatollah di dotarsi di almeno 9 armi atomiche in pochi mesi, qualche sorpresa lo riserva un rapporto dell'intelligence statunitense citato dalla CNN che di fatto dà ragione a Pezeshkian valutando che l’Iran non stia perseguendo attivamente la costruzione di un'arma nucleare. La CNN cita 4 funzionari a conoscenza del rapporto dove si aggiunge che, sempre secondo l'intelligence di Washington, l'Iran è lontano almeno 3 anni dalla capacità di produrre un'arma atomica e impiegarla.
Dopo i raids di questi giorni l'intelligence statunitense ritiene che Israele possa aver ritardato il programma nucleare iraniano solo di qualche mese pur avendo causato danni significativi all'impianto iraniano di Natanz. In realtà il sito di arricchimento fortemente fortificato in un bunker sotterraneo di Fordo è rimasto praticamente intatto e, secondo gli esperti di difesa, Israele non ha la capacità di danneggiarlo senza armi specifiche e supporto aereo statunitense.
Quando Israele ha avviato gli attacchi venerdì scorso ha dichiarato che l'Iran si stava rapidamente avvicinando a un punto cruciale nella sua ricerca per ottenere armi nucleari e che gli attacchi erano necessari per prevenire questo risultato. Affermazione che sarebbe del tutto falsa secondo il report degli 007 americani. Tra i funzionari dell'intelligence che cecano di valutare i danni causati da Israele agli impianti nucleari iraniani, c'è il timore che i raids israeliani possano spingere l'Iran a perseguire con maggiore determinazione la corsa alle armi nucleari.
Riassumendo quindi, l'intelligence di Washington smentisce Israele circa l'imminenza della disponibilità di armi nucleari da parte iraniana, aspetto che rende praticamente aria fritta la frase che impera in Occidente al G7: “Israele ha il diritto di difendersi”.
Inoltre il rapporto americano rende noto che gli israeliani non possono distruggere il programma nucleare iraniano ma solo ritardarlo di qualche mese, peraltro col rischio di determinare fughe radioattive.
L'Agenzia internazionale per l'energia atomica ha dichiarato ieri di ritenere che gli attacchi aerei israeliani sul sito di arricchimento di Natanz abbiano avuto «un impatto diretto» sulle sale sotterranee delle centrifughe dell'impianto. È la prima volta che l'agenzia delle Nazioni Unite che vigila sul nucleare valuta i danni causati dagli attacchi nelle parti sotterranee di Natanz, che è il principale impianto di arricchimento del programma nucleare iraniano. «Sulla base di un'analisi continua delle immagini satellitari ad alta risoluzione raccolte dopo gli attacchi di venerdì, l'Aiea ha identificato ulteriori elementi che indicano un impatto diretto sulle sale sotterranee di arricchimento a Natanz», ha affermato l'agenzia. Una sala di arricchimento in superficie era già stata distrutta, così come le apparecchiature elettriche che alimentavano l'impianto.
Infine nel rapporto citato da CNN gli uomini dell’intelligence manifestano il timore che l'attacco possa indurre Teheran a puntare con decisione sulle armi atomiche che non stava cercando di realizzare alla vigilia dell'attacco israeliano, ma che ora costituirebbero un deterrente indispensabile per scoraggiare altri attacchi.
Il report della CNN evidenzia che «i funzionari militari e dell'intelligence statunitensi affermano da tempo che Stati Uniti e Israele spesso differiscono nell'interpretazione delle informazioni sul programma nucleare iraniano, sebbene le condividano strettamente. La direttrice dell'intelligence nazionale di Trump, Tulsi Gabbard, ha testimoniato a marzo che la comunità dell'intelligence statunitense «continua a ritenere che l'Iran non stia costruendo un'arma nucleare e che la Guida Suprema Khamenei non abbia autorizzato il programma di armi nucleari che aveva sospeso nel 2003».
Eppure Netanyahu, incalzato il 15 giugno da Fox News circa le differenti conclusioni di Israele rispetto agli Stati Uniti circa le informazioni d’intelligence condivise ha sostenuto che «le informazioni che abbiamo ricevuto e condiviso con gli Stati Uniti erano assolutamente chiare, era assolutamente chiaro che stavano lavorando a un piano segreto per trasformare l'uranio in un'arma. Stavano marciando molto velocemente».
Di fatto il premier ha finto che il rapporto di Tulsi Gabbard non fosse mai esistito, puntando invece ad attribuire credibilità a quello dell’AIEA che ha dichiarato la scorsa settimana che l'Iran aveva accumulato abbastanza uranio arricchito a livelli appena inferiori a quelli necessari per le armi, potenzialmente in grado di realizzare nove bombe nucleari, definendo la questione «di seria preoccupazione».
Diversi analisti e ricercatori ritengono poi che l'attacco di Israele contro l'Iran rischi di avere l'effetto opposto a quello dichiarato, inducendo molte nazioni a dotarsi di armi nucleari per mettersi al riparo dalle “scorribande” di USA e Israele. E le potenze atomiche già esistenti a incrementare i propri arsenali.
L’esempio più eclatante in tal senso è la Corea del Nord, ostracizzata dall’Occidente ma di fatto inattaccabile da quando possiede qualche decina di testate nucleari.
Robert Kelly, analista specializzato in non proliferazione alla Pusan National University in Corea del Sud, ritiene che «negli ultimi cinque o sei anni, ci sono una serie di incidenti ripetuti che dimostrano come le armi nucleari siano uno strumento di deterrenza molto potente. Se non possiedi armi nucleari, ti bombardano», come sta sperimentando ora l'Iran. Anche il Sipri di Stoccolma, valuta che l’attacco all’Iran accelererà la corsa all’arma atomica presso molte potenze regionali quali ad esempio Arabia Saudita, Egitto, Algeria.
«I bombardamenti israeliani sull'Iran sono esattamente il tipo di campagna aerea prevista da decenni dalla Corea del Nord e la ragione per cui hanno voluto dotarsi di armi nucleari», sottolinea Decker Eveleth, analista alla CNA corporation di Washington. Senza contare che le incertezze create dall’ondivaga e ambigua politica di Donald Trump stanno generando confusione in molti alleati degli stati Uniti che potrebbero non fidarsi più delle sempre più blande garanzie di sicurezza offerte da Washington puntando a dotarsi di un proprio deterrente atomico. Capacità che già sarebbe tecnologicamente disponibile in Germania, Giappone, Corea del Sud e Polonia.