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CORONAVIRUS

La grande speranza, fra scienza e preghiera

Il nostro grande progresso può essere spazzato via in poco tempo da un piccolo banale evento incontrollabile, per una ragione molto semplice: che siamo esseri dipendenti e non siamo i creatori e padroni di noi stessi. Occorre chiedere alla scienza di aiutare l'uomo. Ma non dimenticare che Dio è il fondamento della speranza

Cultura 23_04_2020

Una semplice struttura biologica di acido ribonucleico si aggira tra la popolazione creando disastri e travolgendo la frenetica perfetta organizzata vita della società del progresso. I pilastri del progresso economico e politico sono in ginocchio davanti alla tecno-scienza e chiedono lumi per ravvivare la speranza. Ma molti sono anche confusi e smarriti davanti alle dotte discussioni della tecno-scienza e alla sua debolezza . E si chiedono come mai siamo in grado di decidere chi , come e quando una persona deve nascere, di scegliere quando e come morire “dolcemente” e perfino di mangiare d’inverno i frutti estivi e non di fermare questo flagello.

I saggi rispondono, qualcuno con un certo imbarazzo, che non si poteva prevedere, che non conoscevamo questo virus e adesso abbiamo bisogno di tempo e quattrini per studiarlo e capire come batterlo. Intanto mentre si fanno elenchi di errori (attribuiti sempre ad altri ) si cerca (tra oltre 60 farmaci) quali autorizzare per la sperimentazione e si perde tempo discutendo sull'affidabilità dei test sierologici e sull'utilità dei tamponi (perché anche qui il business si fa sentire). La cosa più interessante è che solo due (tra le ricette applicate) hanno in qualche modo funzionato. L’umana commovente solidarietà e carità di chi si è implicato (in particolare medici e infermieri ) a prendersi cura dei malati e il "buon senso  della nonna" di evitare i contagi stando in casa, come si faceva con la peste. Così mentre si attua questa acuta strategia studiata da scienziati e politici c’è chi, come don Rodrigo, si beve la vernaccia in compagnia di qualche amico e c’è chi canta “ce la faremo” certo che quelli che non saranno morti potranno dire ce l’abbiamo fatta. Purtroppo alcuni si lasciano andare alla paura e alla depressione.

Eppure, in questo clima, tanti hanno cominciato a riscoprire una cosa di cui è facile dimenticarsi quando si corre troppo e si riflette poco. Che il nostro grande progresso può essere spazzato via in poco tempo da un piccolo banale evento incontrollabile, per una ragione molto semplice: che siamo esseri dipendenti e non siamo i creatori e padroni di noi stessi. Nel tempo di Pasqua di Resurrezione questo appare ancora più vero e il realismo fa capolino nella scoperta che quando si ha bisogno bisogna chiedere. A questo ci richiama la testimonianza del Santo Padre e di tanti pastori e sacerdoti che con i mezzi più ingegnosi alimentano e sostengono con la preghiera la “grande speranza” di un intero popolo, chiedendo conforto per il dolore delle migliaia di persone che hanno perso un caro senza nemmeno un abbraccio.

Come acutamente ha scritto Benedetto XVI “….il tempo moderno ha sviluppato la speranza dell'instaurazione di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze della scienza e ad una politica scientificamente fondata, sembrava esser diventata realizzabile. Così la speranza biblica del regno di Dio è stata rimpiazzata dalla speranza del regno dell'uomo…Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano…Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l'universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere.” (Spe Salvi)

Occorre chiedere alla scienza di aiutare l’uomo con tutti gli strumenti che la ricerca e la ragione ci fornisce ma senza dimenticare, come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II ,che “la fede e la ragione sono le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità". Quindi senza dimenticare che “Dio è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l'umanità nel suo insieme”…Senza dimenticare che “..un primo essenziale luogo di apprendimento della speranza è la preghiera” (Benedetto XVI, Spe Salvi).

Si riporta che il Beato Federico Ozanam (istitutore delle "Conferenze di S. Vincenzo") sia stato aiutato nella sua conversione dall’incontro con Louis Pasteur, uno dei grandi padri della microbiologia, che gli confidò "Di solito io prego mentre sono impegnato nel mio lavoro in laboratorio" ... "Io mi sento veramente grande soltanto quando sto in ginocchio, quando sono in preghiera” (The Literary Digest, 18 ottobre 1902).

*Docente di Microbiologia, Università di Milano