La fontana di Trevi rossa per il sangue dei martiri
Venerdì sera Fontana di Trevi si è illuminata di rosso per ricordare il sangue dei martiri cristiani dei nostri giorni. L’iniziativa, promossa da Aiuto alla Chiesa che Soffre, ha puntato i riflettori sui tanti bambini, donne e uomini cristiani perseguitati e uccisi in odio alla fede. L'intervento del Cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di ACS.
L'INDIA PERSECUTRICE di Stefano Magni
Venerdì sera Fontana di Trevi si è illuminata di rosso per ricordare il sangue dei martiri cristiani dei nostri giorni. L’iniziativa, promossa dalla Sezione Italiana della Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, ha voluto puntare i riflettori sui tanti bambini, donne e uomini cristiani di ogni parte del mondo perseguitati e uccisi in odio alla fede.
Sui bianchissimi marmi della più celebre fontana del mondo, appena riportata al suo splendore dopo un lungo restauro, sono state inoltre proiettate immagini provenienti dalle aree dove è in atto la persecuzione anti cristiana. Istantanee che hanno squarciato quel velo di ipocrisia e silenzio teso a negare i massacri e le sofferenze inflitti ai cristiani che vivono in quelle zone del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Africa, dove imperversano gruppi radicali che seminano odio e violenza. E così, in un silenzio insolito per questo luogo vissuto da orde di turisti stranieri, si sono susseguite foto di quadri dissacrati, crocefissi spezzati, chiese rase al suolo, e poi ancora i volti di Asia Bibi, don Andrea Santoro e i 21 etiopi copti in tuta arancione decapitati sulle spiagge libiche dai miliziani dell’Isis.
Dal sedicente Stato islamico in Siria e in Iraq a Boko Haram in Nigeria, passando per le persecuzioni di “Stato” della ingiusta legge sulla blasfemia in Pakistan. Ogni giorno a milioni di cristiani è sistematicamente violato il loro diritto alla libertà religiosa. Ogni domenica migliaia di essi rischiano la vita per riunirsi in una chiesa, senza chiedersi se torneranno vivi per il pranzo. Martirio significa “testimonianza” e a scuotere gli animi dei “privilegiati” cristiani occidentali presenti in piazza sono state proprio quattro testimonianze su altrettante storie di martiri: una consorella delle suore Missionarie della Carità uccise nello Yemen nel marzo scorso; il Professor Shahid Mobeen fondatore dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia e amico di Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le minoranze del Pakistan ucciso nel 2011; Maddalena Santoro sorella di Don Andrea Santoro, ucciso in Turchia nel 2006 e Luka Loteng studente del Kenya in rappresentanza dei suoi coetanei uccisi nel campus di Garissa nel 2015.
Nel corso dell’evento, sono interventi anche il Presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Cardinale Mauro Piacenza, il Presidente di ACS Italia, Alfredo Mantovano, e monsignor Antoine Audo, Vescovo di Aleppo, la città martire della Siria.
Di seguito riportiamo l’intervento integrale del Cardinale Mauro Piacenza:
Questa sera, qui, nel cuore di questa città dove i Santi Apostoli Pietro e Paolo e una grandissima schiera di testimoni della fede, hanno versato il proprio sangue per fedeltà a Gesù Cristo, scrivendo così, fra l’altro, la prima pagina della libertà di coscienza, siamo nelle condizioni più adatte per comprendere la missione della Fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Essa si erge a difesa dei cristiani perseguitati, per alleviarne le sofferenze. La sua voce è quella di un profeta scomodo che provoca ed incita a fare l’unica cosa necessaria: dar da mangiare all’affamato di pane e giustizia, vedendo in esso Gesù. Si prega e si agisce affinchè i cuori della gente si aprano per asciugare le “lacrime di Dio” dovunque Egli pianga; si educa ad amare anche gli stessi persecutori e a comprendere la Chiesa come Corpo.
Ci si potrebbe chiedere se in futuro ci saranno ancora cristiani perseguitati da soccorrere. Ricordiamoci allora delle parole di Gesù: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20). Finchè ci saranno dei cristiani ci saranno anche dei perseguitati, poveri ed indifesi.
Ininterrotta è la scia di sangue che attraversa la storia umana, dal giorno in cui Caino alzò la mano sul fratello Abele, fino agli uccisi dalla violenza di questi giorni, e purtroppo sappiamo che tale dramma durerà misteriosamente fino al compimento della storia.
Che senso può avere questa drammatica scia di sangue? Che Dio è un Dio che lo permette?
Centro del cosmo e della storia è Cristo e il suo sangue versato sulla Croce, il suo sangue sgorgato dal costato trafitto dalla lancia, ha il potere di cambiare completamente, per sempre e per tutti, il significato della sofferenza. Certamente il male rimane male e, in tale senso, è sempre assolutamente esecrabile, da evitare e da combattere strenuamente con il bene, con tutte le forze che ogni uomo di buona volontà ha a disposizione.
Ciò non di meno, dal costato del Dio fatto Uomo sgorga un “Sangue nuovo” ed una sola goccia di quel Sangue può salvare il cosmo intero.
Facciamo memoria, questa sera, del sangue dei martiri cristiani, versato per la violenza degli uomini e il peccato nel mondo. Come sostiene Papa Francesco, anche il silenzio e l’omertà sono peccato!
Siamo consapevoli che questo sangue è assunto da Cristo e trasformato dalla Sua divina potenza in “Opus salutis”, in Opera di salvezza, poiché, associato alla Passione redentrice dell’unico Salvatore, diviene espiazione vicaria.
In questi ultimi decenni, giustamente impegnati nel prezioso tessuto del dialogo interreligioso ed interculturale, abbiamo cercato varie strade per incontrare l’altro: qualcuno ha sostenuto che si potesse essere cristiani anonimi; altri che il cristianesimo fosse una delle possibili vie – e non “la” Via per incontrare Dio.
Umilmente ritengo che i martiri cristiani, e con essi tutti i cristiani, esercitino una vera e propria espiazione vicaria, per Cristo, con Cristo e in Cristo, a favore di tutti gli uomini! Ed è per questo che, mentre ci stringiamo attorno ad essi e ne piangiamo con le famiglie la morte violenta, innalziamo a Dio un inno di lode per questi fratelli entrati nella gloria del Paradiso, con la palma del martirio tra le mani e cinti da una corona di gloria. Siamo infatti certi che l’unica salvezza, che Cristo ci ha guadagnata sulla Croce, giunge oggi a noi anche attraverso di loro, poiché il cristianesimo ha una dimensione strutturalmente martirologica, che, lungi dall’annientarne l’effetto e la forza, lo irrobustisce e lo rende ancora più fecondo di fede, di amore e di futuro.
Un grazie particolare voglio ora esprimere agli organizzatori di questa iniziativa, a chi l’ha resa possibile e a chi vi ha lavorato, iniziativa quanto mai conveniente in questa città, luogo di convergenza della fede di miliardi di persone e di custodia di un immenso patrimonio spirituale, che non può costituire un museo dei ricordi ma che deve prolungarsi vitalmente nella costruzione della civiltà dell’amore.
Maria Santissima, “Regina Martyrum”, sostenga la nostra quotidiana testimonianza nel martirio della pazienza, ci renda sensibili alle necessità di chi versa nel pericolo e ci prepari all’incontro supremo con il Redentore, che avverrà quando e come Dio vorrà.
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