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Controcorrente

La femminista Terragni contro il Ddl Zan

La giornalista e femminista Marina Terragni in merito al Ddl Zan afferma che «una legge che introduce il rischio di essere perseguiti penalmente se dici, per esempio, che una donna è una donna sembra voler colpire più le donne che gli uomini».

Gender Watch 04_07_2020

La giornalista e femminista Marina Terragni in merito al Ddl Zan afferma nel suo blog afferma che «una legge che introduce il rischio di essere perseguiti penalmente se dici, per esempio, che una donna è una donna e non un mestruatore o una persona dotata di “ buco davanti”; o che solo le donne partoriscono;  o che l’omofecondità è solo un delirio di onnipotenza;  o che l’utero in affitto è un abominio… una legge del genere sembra voler colpire più le donne che gli uomini. […] Ciò che oggi viene conteso è l’essere donna che si vuole a disposizione di tutti, e non più “privilegio” delle nate di sesso femminile. […] Può essere che una legge contro l’omotransfobia si effettivamente utile, io non lo so. A me pare che in particolare i maschi gay siano ormai ottimamente piazzati nei gangli della politica, del governo e degli organismi sovranazionali, dell’impresa, della cultura, dello showbitz, dei media e così via».

Successivamente il focus si sposta sul concetto di “identità di genere”: «Quanto invece all’uso del concetto di identità di genere: la vicenda JK Rowling dovrebbe avere definitivamente chiarito di che cosa stiamo parlando. La maggioranza delle donne probabilmente non ha idea di quanto sta accadendo e ormai da anni: l’identità di genere è il luogo in cui la realtà dei corpi -in particolare quella dei corpi femminili- viene fatta sparire. E’ la premessa all’autodeterminazione senza vincoli nella scelta del genere a cui si intende appartenere. E’ il luogo in cui le donne nate donne devono chiamarsi, come dicevamo, “gente che mestrua” o “persone che allattano”, perché nominarsi come donne in base al proprio corpo di donna è transescludente. E’ il posto delle “lesbiche con il pene” che accusano le donne che le rifiutano sessualmente di essere Terf. Delle atlete nate uomini che si nominano come donne ma conservano il loro corpo di uomini e con quello vincono tutte le competizioni sportive femminili, come denunciato ripetutamente dalla tennista Martina Navratilova. L’identità di genere è il luogo in cui le quote politiche destinate alle donne vengono occupate da uomini che si identificano come donne: vedi la già responsabile donne del Labour Party Lily Madigan, trans ventenne nemica acerrima ed epuratrice delle sue compagne nate donne, o ll’americana Emilia Decaudin che si è detto donna da un giorno all’altro per poter scalare il Partito Democratico). E’ il luogo dei fondi destinati alla tutela delle donne, delle azioni positive, delle leggi, dei posti di lavoro per le donne di cui usufruiscono uomini che si identificano come donne. E’ il luogo dei Women’s Study che devono cambiare la denominazione in Gender Study. L’identità di genere è la ragione per cui le donne che si vogliono liberamente incontrare tra loro non possono farlo, e subiscono aggressioni quando lo fanno. Gli spogliatoi femminili a cui devono poter accedere persone con apparati genitali maschili. Le case-rifugio per donne maltrattate che devono ospitare anche persone con pene e testicoli. L’identità di genere è il posto di Jessica Yaniv, trans canadese che ha costretto un buon numero di estetiste a chiudere bottega perché si rifiutavano di depilare il suo “scroto femminile” violando a suo dire i diritti umani. E’ la ragione per la quale chi dice che una donna è un adulto umano di sesso femminile viene violentemente messa tacere, come è capitato a molte femministe: da Germaine Greer a Silvyane Agacinski, Julie Bindel, Chimamanda Ngozi Adichie e ora anche a J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, sotto attacco come transfobica per essersi detta donna e aver rifiutato la definizione di “persona che mestrua”.

L’identità di genere è il motivo per il quale la ricercatrice Maya Forstater è stata licenziata dopo aver affermato che non è possibile cambiare il proprio sesso biologico, e altre donne in UK sono sotto processo. L’identità di genere ha a che vedere anche con altre questioni, come l’utero in affitto: le molte donne che lottano contro questa pratica vengono bullizzate come omotransfobiche che vogliono conservare il proprio “privilegio” e non accettano di cancellare la parola madre per essere definite “persona che partorisce”».

Poi la Terragni parla dei fondi di 4 milioni stanziati a sostegno di questa legge: «I fondi non dovrebbero essere utilizzati per pubblicizzare l’utero in affitto; per rifornire le biblioteche scolastiche di librini sulle signore buone che regalano gli ovini e ospitano nei pancini; per finanziare spettacolini di favolose drag queen –genere da me adorato, ma non per le scuole materne, come usa recentemente. Un paio d’anni fa lo spettacolo teatrale più rappresentato in assoluto nelle scuole italiane non fu un testo di Goldoni, di Pirandello, Moliere o Samuel Beckett. Fu  Fa’afafine,  storia di un ragazzino genderfluid».

Al netto di alcune ascendenze di matrice femminista, il discorso della Terragni è condivisibile.