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L’insegnamento

La direzione spirituale nella vita di padre Pio

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Il santo da Pietrelcina ebbe ottimi direttori spirituali – come padre Agostino e padre Benedetto Nardella da San Marco in Lamis – e fu lui stesso grande direttore di anime. Alle quali spiegava i cardini della vita cristiana.

Ecclesia 23_09_2025
Padre Pio da giovane

Quando si è in automobile, quando si cammina oppure quando si corre è necessaria sempre una direzione. Il dove andare risulta fondamentale per ognuno. Senza direzione, infatti, si corre il rischio di perdersi, di allontanarsi dalla strada, di percorrere tragitti pericolosi o inutili: ci si può smarrire. Così avviene anche in ambito spirituale. Una sana direzione permette al fedele di meglio discernere il bene dal male, di comprendere meglio quella voce interiore che parla ad ogni uomo. E quella voce ha un nome: si chiama Dio.

Nella storia della Chiesa è interessante notare quanto la figura del direttore spirituale sia stata fondamentale per molti santi: basterebbe pensare, ad esempio, al rapporto tra santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce, suo direttore spirituale. Oppure a san Claudio de La Colombière, direttore spirituale di santa Margherita Maria Alacoque. E fondamentale è stata anche per san Pio da Pietrelcina (25 maggio 1887 – 23 settembre 1968), di cui oggi ricorre la memoria liturgica. La figura che quasi sempre emerge dai testi e dalle testimonianze di chi lo ha conosciuto è quella di un frate assai severo. Un tipo di severità che però – è necessario precisare – era dettata fondamentalmente da quella regola di vita che egli stesso ha sempre seguito fin dal momento in cui comprese di essere chiamato alla vita sacerdotale. Il Vangelo, per chi cerca concretamente di seguirlo nella vita di tutti i giorni, non è certamente così “leggero”: richiede impegno. E appunto serve una direzione.

Nella biografia di padre Pio spicca un nome: padre Agostino da San Marco in Lamis, insegnante di teologia presso il convento di Serracapriola e anche lui cappuccino. Padre Agostino ricoprì più volte l’incarico di superiore in vari conventi cappuccini e per 24 anni fu consigliere provinciale. Uomo dotato di fine intelletto e profondità spirituale, fu lui ad accompagnare i primi passi del giovane frate da Pietrelcina. Vicino a lui nell’ordinazione sacerdotale e quando celebrò la sua prima Messa, seguì con amore di padre ogni suo passo. Li legava una profonda stima e un affetto speciale: una comunione di cuori davvero unica. Padre Agostino sapeva che aveva davanti un frate sicuramente fuori dall’ordinario, tanto da conservare nel suo diario le lettere in cui padre Pio gli confidava tutti i tormenti, le speranze, ogni illuminazione spirituale della sua anima. Un diario in cui annotava le varie tappe del suo «Piuccio».

Fu proprio padre Agostino a ricevere le prime notizie di una “strana malattia” che costrinse il giovane padre Pio a uscire dal convento e a restare a Pietrelcina per quasi sette anni. Padre Pio scriveva al suo direttore: «Padre, non posso dire la ragione per cui il Signore m’ha voluto a Pietrelcina; mancherei di carità». E padre Agostino annotava nel suo diario: «La malattia era misteriosa, come misteriosa la permanenza a Pietrelcina». Fu in quel periodo che il santo cappuccino, in una frazione vicino Pietrelcina (Piana Romana), il 7 settembre 1910, ebbe le prime stimmate. Ma questa è altra storia. Ciò che colpisce di più nella vicenda di questi due uomini è il continuo e affettuoso sostegno che padre Agostino riservò al suo allievo, figlio spirituale e amico. Basterebbe solamente pensare a tutte quelle volte in cui padre Pio doveva far fronte a quelle nuove e misteriose manifestazioni di vicinanza di Dio nella sua vita. Come quando, tra il 5 e il 6 agosto del 1918, visse un «periodo di superlativo martirio» in cui il Signore gli fece dono della transverberazione. Davanti a tutto questo, padre Agostino gli diede coraggio: «È il pegno dell’amore di Dio per te», gli scriveva in una lettera datata 24 agosto 1918.

Ma a fianco di padre Agostino vi è stato anche un altro uomo che è importante ricordare: padre Benedetto Nardella da San Marco in Lamis, altro religioso-chiave nel cammino spirituale di padre Pio. Fu suo direttore spirituale ininterrottamente dal 1909 al 1922. Anche in questo caso, fra i due nacque uno straordinario rapporto di fiducia, stima e affetto. Una direzione che però cessò nel 1922 a seguito degli ordini del Sant’Uffizio, dopo che i misteriosi avvenimenti nella vita del frate di Pietrelcina cominciarono a essere oggetto di indagine. I due soffrirono di questo forzato allontanamento: nessuna confessione più, né tanto meno nessuna lettera fra i due.

A tali grandi maestri della direzione spirituale corrispose, ovviamente, un rispettivo grande “figlio-maestro”, appunto padre Pio, che desiderava essere soprattutto accompagnatore di anime. Diceva spesso che il popolo di Dio aveva bisogno di direzione. Poi, il cammino lo portò anche su altre strade, ma non abbandonò mai quel ruolo. Testimonianza di ciò è, ad esempio, l’abbondante epistolario con la terziaria francescana Raffaelina Cerase: parliamo di un carteggio che copre il periodo dal marzo 1914 al dicembre 1915. Altro nome, quello di Rachelina Russo, che scriveva nel suo diario: «Scrissi diverse volte al venerato Padre [quando dimorava a Pietrelcina], chiedendo direzione spirituale per l’anima mia. Il buon Padre si compiaceva rispondermi, dandomi indirizzi spirituali per la santificazione dell’anima mia». Padre Pio non aveva ancora avuto l’autorizzazione di confessare a San Giovanni Rotondo, ma i superiori gli permisero comunque di guidare molte anime «che anelavano alla perfezione, per mezzo di conferenze spirituali che si dovevano tenere nella foresteria del convento, non essendovi in quei tempi un locale più adatto», così scrive sempre Rachelina nel diario. A queste conferenze partecipò, successivamente, anche la nipote della Russo, Rachelina Gisolfi. Il bene si propaga sempre e così a queste prime donne si aggiunsero due sorelle di cognome Ventrella e la loro zia, Paolina. E ancora: Lucia Fiorentino, Esterina Merla, suor Eufemia dell’Istituto del Sacro Cuore, Maria Formica Campanile con sua figlia Lucia Campanile.

Erano conferenze semplici quelle che teneva all’epoca san Pio: spiegava i cardini della vita cristiana. Al primo posto, la preghiera, strumento fondamentale per poter condurre una retta vita cristiana. Da ciò, passava a ricordare l’importanza dei sacramenti, della meditazione e della lettura spirituale. A una sua figlia spirituale, Maria Gargani, poi fattasi suora e oggi beata, descrisse persino lo schema della meditazione: «Innanzitutto prepararsi il punto o soggetto che si vuol meditare. Non vi è sempre bisogno di ricorrere al libro per prepararsi il soggetto da meditare, poiché ogni verità di nostra religione può e deve essere oggetto di meditazione per l’anima cristiana. E qui vada osservato che l’anima abitualmente mediti la vita, passione e morte di Gesù Signor nostro. Nessuna anima, per quanto si innalzi nelle vie di Dio, deve ciò trascurare. Preparata la materia da meditare, mettetevi alla presenza di Dio, umiliandovi profondamente alla considerazione di chi siete voi ed a chi vi presentate». Parole destinate non solo alla Gargani ma a tutti noi.