La devozione mariana di san Leopoldo Mandić
Il progetto di convertire i paesi balcani per mezzo della devozione mariana che lo guidò in tutto il suo apostolato di confessore instancabile di anime; il suo amore per la Vergine Maria; il miracolo della carrozza per mano della Madonna di ritorno da Lourdes e le parole che lo unirono alla Madre Celeste alla fine della vita.
Nel settembre del 1914, san Leopoldo Mandić, scriveva: "II fine della mia vita deve essere quello di procurare il ritorno dei dissidenti orientali all'unità cattolica. (...) Per questo, sino a quando l'ubbidienza dei superiori mi lascerà direttore dei nostri giovani, cercherò con tutti i mezzi di preparare gli apostoli che, a suo tempo, si occuperanno di tanta opera". All’epoca, il frate cappuccino studiava gli idiomi balcanici e confidava di convertire quei popoli mediante - soprattutto - la devozione mariana. Si passa per Maria, per arrivare a Gesù. Sempre.
Questa devozione mariana avrebbe voluto diffonderla con la parola e con la stampa, andando ad evangelizzare - in prima persona - proprio in quei luoghi dove l’unità cristiana era in pericolo. Ma Dio, invece, aveva stabilito per lui altra missione: quella di essere confessore instancabile, espressione della Misericordia del Signore. Nessun viaggio, dunque, verso le terre balcaniche, bensì molti itinerari all’interno delle migliaia di anime che a lui si sono confidate e affidate durante il suo ministero condotto nel confessionale. E, in questo suo tragitto, non è mai mancata l’antica devozione mariana che lo ha accompagnato per tutta la sua intera esistenza.
Mandić, infatti, ha avuto verso la Madonna una particolare attenzione. Da sempre. Un docile sentimento di figlio tenero verso lo sguardo di sua Madre. E’ stata Lei ha guidare i suoi passi, a “dettare” le preghiere della sua anima e le azioni della sua vita, tanto da chiamarla amorevolmente “Padrona Benedetta”. E’ noto che il padre cappuccino congedasse i penitenti con queste parole: “Preghi sempre la Vergine santissima, la quale è fonte morale di ogni bene. Nel buio della vita, la fiaccola della fede e la devozione alla Madonna ci guidano ad essere fortissimi nella speranza. Come abbiamo in cielo un divino Intercessore, abbiamo anche un cuore di Madre”. E concludeva con questa semplice preghiera: “O Maria, mostraci di essere Madre”.
E proprio alla Vergine Maria, San Leopoldo, dovrà la stessa sua vita. Perché? C’è un episodio - non molto conosciuto - della vita del santo, in cui il manto di Maria si è steso su di lui, come benevole protezione. Il frate cappuccino si era recato in pellegrinaggio a Lourdes. Era nel luglio del 1934. Fece ritorno assieme a don Luigi Callegaro, suo amico. Alla stazione ferroviaria di Padova, il frate e il sacerdote trovarono un passaggio sulla carrozza di uomo - si chiamava Augusto Formentin - che si era offerto di dargli un passaggio. Durante questo viaggio, passarono per via Dante, una piccola strada di Padova. Fu proprio in questa via che “incontrarono” la Madonna. L’incontro prese il nome di “soccorso”. In questa stretta via, infatti, la carrozza incrociò un convoglio del tram. Lo spazio tra le rotaie del tram e i pilastri dei portici della strada era talmente stretto da non permettere alla carrozza il passaggio senza esserne schiacciata. Ma, venne in soccorso la fede di San Leopoldo. Il frate - si racconta - chiuse gli occhi e pregò la Vergine Maria. Fu alla Celeste Madre che chiese soccorso in quel momento in cui già si vedeva morto. I passanti per quella strada avevano già decretato la tragedia. Cominciarono a gridare intimando al conduttore di fermarsi, ma il cavallo, imbizzarrito, proseguì la corsa. Fu in questo momento che intervenne la mano della Vergine Maria: la carrozza miracolosamente passò illesa. Quando la folla si accorse che fra le persone che erano sopra la carrozza vi era Padre Leopoldo Mandić - la cui santità già era nota a Padova - esclamò, senza alcun dubbio: “Non è successo nulla perché c’è padre Leopoldo!”. E, invece, lui stesso, ancora confuso dall’incidente: “Torniamo da Lourdes. Siamo qui due sacerdoti. È stata la Madonna a salvarci!”.
Il 30 luglio del 1942, il frate cappuccino, mentre si preparava a celebrare la Santa Messa, fu colto da uno sbocco di sangue e cadde a terra. Sarà la sua ultima celebrazione eucaristica. Trasportato a letto, gli fu subito amministrata l’estrema unzione. Il superiore gli raccomandò l'anima e gli fece recitare la Salve Regina. Morì appena alle parole: "O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria". In quel momento madre e figlio furono in un solo abbraccio.