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SICUREZZA

La crisi energetica morde, il carbone si prende la rivincita

Per evitare i black out elettrici i paesi europei stanno aumentando l'utilizzo di carbone per le centrali: solo la Germania registra un +13,3% rispetto al 2021 malgrado sia diminuita la domanda di energia. Ma la crisi energetica attuale non pare sufficiente a rimettere in discussione la folle politica energetica europea che, con il pretesto di una inesistente emergenza climatica, ha l'obiettivo di azzerare l'uso di combustibili fossili.

Creato 27_12_2022

«Tutti intendono mantenere gli obiettivi sul clima, ma quando ti trovi davanti alla scelta se tenere accese le luci o diminuire le emissioni di carbonio, la scelta è di tenere accese le luci». Questa constatazione di Carlos Fernandez Alvarez, responsabile del dipartimento carbone e gas all’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), citato da Bloomberg, è una implicita ammissione della gravità della crisi energetica in Europa e nei paesi sviluppati. E fa da contorno alla notizia del nuovo ricorso al carbone per tamponare la mancanza del gas ed evitare i blackout elettrici.

La Germania ha già lanciato l’allarme e nel terzo quadrimestre del 2022 fa registrare un +13,3% di consumo del carbone rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, malgrado ci sia stato una rilevante diminuzione del consumo energetico totale. Il carbone oggi provvede per oltre un terzo del fabbisogno energetico della Germania. E per quanto il governo, in nome della lotta ai cambiamenti climatici, affermi che non cambia l’obiettivo di azzerare il consumo di carbone entro il 2030 (anticipando il precedente obiettivo che fissava al 2038 la data fatidica) la realtà sembra suggerire altrimenti.

Anche perché lo “scontro” con la Russia non è la causa principale del problema, è solo una circostanza che ha peggiorato e reso immediatamente evidente una crisi che è figlia invece della transizione energetica ed ecologica. Come ha giustamente notato Fraser Myers, vice-direttore di Spiked, «i nostri leader hanno passato gli ultimi 15 anni o giù di lì convincendosi che il vero obiettivo della politica energetica sia la mitigazione dei cambiamenti climatici, la riduzione dell’impronta carbonica della nostra produzione energetica. Il risultato è che i politici di tutti i partiti non solo hanno trascurato i nostri rifornimenti energetici e le infrastrutture, le loro deliberate scelte politiche le hanno rese anche più precarie».

Il mito delle fonti rinnovabili capaci di sostituire i combustibili fossili si sta rivelando disastroso. Myers si riferisce soprattutto al Regno Unito, che questa estate ha sfiorato un drammatico black out, evitato soltanto con un acquisto urgente di elettricità dall’estero a prezzi astronomici (il 5.000% dei prezzi normali), ma il problema coinvolge tutti i paesi europei: anche in Italia negli ultimi mesi si sono registrati localmente diversi blackout. E anche l’Italia ha registrato a ottobre un record nell’utilizzo di carbone per le centrali elettriche: +56,6% rispetto allo stesso mese del 2021, malgrado i consumi elettrici siano calati del 6,6%.

Il revival del carbone comunque è un fenomeno mondiale: un rapporto dell’IEA pubblicato dieci giorni fa prevede per il 2022 un incremento globale del consumo di carbone dell’1,2%, superando per la prima volta la cifra degli 8 miliardi di tonnellate in un anno. E la previsione è che rimanga su questi livelli almeno fino al 2025.

La crisi attuale potrebbe anche essere una benedizione se servisse a bloccare questa folle transizione energetica a tappe forzate: allo stato attuale sole e vento sono fonti troppo aleatorie e comunque discontinue per poter garantire un approvvigionamento sufficiente e regolare di energia, senza contare che le giornate sono più corte e grigie proprio in inverno quando la domanda di energia raggiunge il suo picco. Ma la lezione non sembra sia stata ancora sufficiente.

È vero, tutti i paesi europei stanno cercando di correre ai ripari per fare fronte all’attuale carenza di energia: i paesi che già ce l’hanno (vedi la Germania) spostano più in là la programmazione della chiusura delle centrali nucleari, si cercano nuovi fornitori di gas, e ripartono esplorazioni e trivellazioni per trovare nuovi giacimenti. Anche l’Italia dà qualche segnale in questo senso: si riparla del gasdotto dall’Algeria all’Italia via Sardegna (che era stato accantonato dieci anni fa) e recentemente il neo-ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha anche aperto al nucleare.

Ma tutto questo non ha ancora la forza di rimettere in discussione la scelta di fondo. Anzi, l’indirizzo politico prevalente in Europa è quello di accelerare ulteriormente la transizione energetica, cosa che non potrà che aggravare la crisi. Visto che tutte le opzioni citate richiedono tempo per poter essere realizzate (e in Italia più che altrove) mentre il bisogno di energia è subito, il carbone per ora è la soluzione più rapida ed economica per tamponare l’emergenza. Il termine fissato per la fine del suo utilizzo nell’Unione Europea resta però il 2030.

Né la lezione della Russia sembra avere insegnato alcunché: la dipendenza energetica può essere molto pericolosa se non c’è almeno una diversificazione dei fornitori, addirittura pianificarla è suicida. Per liberarsi del gas russo ci si è rivolti al Qatar, paese ancora più pericoloso per la nostra sicurezza nazionale e continentale, e ai suoi ricatti: abbiamo visto proprio in questi giorni che il Qatar ha minacciato ripercussioni negative sulla trattativa per la fornitura di gas all’Europa in seguito alle polemiche seguite allo scandalo degli europarlamentari che prendevano mazzette dal governo di Doha.
E l’alternativa che si profila non è più incoraggiante: proprio ieri la Turchia ha annunciato di avere scoperto un altro importante giacimento di gas naturale nel Mar Nero, 58 miliardi di metri cubi di riserve, che portano la riserva turca nel Mar Nero a 710 miliardi di metri cubi, come ha specificato lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan. Potremmo avere disperato bisogno di quel gas, ma doversi trovare a dipendere anche dalla Turchia non sarebbe una bella prospettiva dal punto di vista politico.

Per questo la politica energetica richiede ben altro che misure tampone o di corto respiro. E soprattutto richiede che si torni ad avere come obiettivo la disponibilità massima di energia al più basso costo possibile, smettendola di pensare che si possa vivere meglio con meno energia. Tanto più che non c’è alcuna emergenza climatica.